Per ora lo “stato di crisi”, in futuro le riforme strutturali. Come a dire: prima il pane per arrivare a fine mese, poi pure i regali. Per il momento scommesse, stadi o diritti tv sono rinviati: il pallone si concentra su richieste più ragionevoli e sulle necessità primarie, cioè garantire la tenuta finanziaria dei club. Con una proposta senza precedenti: in tempi di Coronavirus, anche i calciatori potranno finire in cassa integrazione, come dipendenti qualsiasi. Ecco il piano “salva-calcio” della Figc.
(MEZZO) PASSO INDIETRO DOPO LE POLEMICHE – Sarà che le polemiche erano già cominciate, con le dure dichiarazioni dei parlamentari M5S sul possibile ritorno degli sponsor da betting. Sarà che il presidente Gabriele Gravina, che si è preso l’onere di raccogliere le istanze e fare da sintesi, ha capito che non era il caso di fare il passo più lungo della gamba. Così il documento di 32 punti che il pallone italiano presenterà al governo privilegia le richieste urgenti e le proposte a medio termine per fronteggiare ciò che più di tutto spaventa i presidenti, grandi e piccoli, ricchi e poveri: la crisi di liquidità, l’eventualità neanche troppo remota di ritrovarsi senza soldi in tasca per pagare bollette e stipendi che continuano a correre. Ciò non vuol dire, però, che fra le pieghe del testo non si nascondano trappole e brutte sorprese.
OGNI SPORT HA LA SUA LISTA DELLA SPESA – Tutto il testo potrebbe essere in realtà fonte di polemica e scontro istituzionale. Ieri si è tenuta la giunta del Coni, e nonostante il proposito di “massima condivisione” espresso da Malagò e l’auspicio (ribadito anche dal ministro Spadafora) di procedere con interventi di sistema che riguardino l’intero movimento, si sta affermando il modello esattamente opposto: ogni Federazione, dal basket al nuoto, si muove in autonomia, a svolte quasi scavalcando il Coni, presentando al governo la propria lista della spesa. Evidente che così non potranno esserci soldi per tutti.
IL PIANO DEL CALCIO: STATO DI CRISI E CIG – La lista del pallone è senza dubbio la più lunga e costosa di tutte. Come anticipato, la Figc non chiede soldi, ma provvedimenti legislativi che possano facilitare il recupero. Il primo, basilare, è il riconoscimento dello stato di crisi del settore calcistico per cause di forza maggiore, da cui potrebbero derivare tutta una serie di aiuti e possibilità. La prima, che per il pallone sarebbe una rivoluzione, è la cassa integrazione anche per i giocatori. Ovviamente non per tutti (ve lo immaginate Cristiano Ronaldo in cassa integrazione?), solo per i calciatori di Serie B e C, il cui stipendio non supera i 50mila euro l’anno. Bisogna vedere cosa ne penserà il governo, visto che anche così l’impatto sui conti pubblici potrebbe essere notevole. Per gli altri, invece, lo stato di crisi comunque permetterebbe ai club di negoziare con più libertà un eventuale taglio degli stipendi (specie se i campionati non dovessero più riprendere). Inoltre si parla di proroga delle concessioni degli impianti, sospensione del pagamento dei canoni, differimento delle scadenze fiscali, contributive e assicurative. Insomma, tutto ciò che può servire nell’immediato per evitare il fallimento.
I “REGALI” NASCOSTI – Finisse qui, il documento Figc sarebbe ragionevole. In realtà le proposte più insidiose, quelle avanzate dai patron a vario titolo, sono solo state “nascoste”, spostate in una seconda parte del piano, da affrontare successivamente (ma sempre entro il mese di aprile). Si parla di una creazione di un “Fondo salva Calcio” per sostenere la tenuta del sistema. Una bella idea, anche se ancora non è chiaro chi lo finanzierà: solo la Figc e altri protagonisti del mondo del pallone, o anche il pubblico? E poi i presidenti non sembrano aver rinunciato al ritorno delle sponsorizzazioni da scommesse (ufficialmente solo per un anno o due, ma l’appetito vien mangiando…), a una legge sugli stadi più permissiva e alla riforma della Melandri sui diritti tv. L’assalto alla diligenza è solo rinviato.