C’è un punto, nell’accordo per il contrasto del coronavirus negli ambienti di lavoro firmato lo scorso 14 marzo da governo e sindacati, che recita così: “Sono sospese e annullate tutte le trasferte e i viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate”. Questo, da protocollo, dovrebbe valere anche per i settori essenziali, come la grande distribuzione alimentare, ma non è sempre così. Lunedì 23 marzo, all’Esselunga di Carrara, come in diversi altri punti vendita d’Italia, i lavoratori hanno scioperato. All’origine della protesta c’era la richiesta di maggiori tutele per la sicurezza, ma la reazione dell’azienda ha spiazzato i lavoratori: “Sono stati sostituiti con i dipendenti dei negozi limitrofi, che lunedì si sono spostati per venire a Carrara”, racconta Sebastiano Savaro, della Filcams Cgil. Una chiara violazione dell’articolo 8 del protocollo, secondo i sindacati. E proprio il giorno dopo è arrivata la notizia che un lavoratore del punto vendita di La Spezia, in servizio a Carrara per due giorni durante la settimana precedente al tampone, è risultato positivo al test.
“Tra i due punti vendita c’è una stretta connessione – spiega Luca Comiti della Cgil di La Spezia – tanti lavoratori abitano a Carrara ma sono assunti a La Spezia e quando c’è la possibilità vengono spostati in Toscana”. In questo periodo di emergenza sanitaria, però, le conseguenze degli spostamenti sono difficili da prevedere, e a dimostrarlo è la ricostruzione dell’attività del lavoratore positivo fatta dai sindacati. “Nell’ultima settimana ha lavorato a Carrara per due giorni, mercoledì e venerdì, dalle 14 alle 20, mentre gli altri tre giorni è rimasto a casa in permesso retribuito”, racconta Savaro. Dopo la comunicazione da parte dell’ufficio di igiene pubblica, Esselunga ha seguito il protocollo, procedendo con la disinfezione del punto vendita di Carrara, mentre le autorità sanitarie hanno deciso di mettere in quarantena, oltre alla persona positiva, sette colleghi che hanno avuto stretti contatti con lui. Ma il periodo di incubazione del Covid-19 può arrivare fino a 14 giorni: “Sabato 14 marzo, quindi una settimana prima del tampone, il dipendente poi risultato positivo ha svolto l’ultimo turno di lavoro a La Spezia, mentre l’azienda in un primo momento aveva escluso questa possibilità”, dice Comiti. “Ad oggi non si è fatto nulla per tracciare i suoi contatti durante quella settimana. Noi chiediamo almeno che venga sanificato il punto vendita“.
Quello di lunedì, all’Esselunga di Carrara, non è stato il primo sciopero: “Abbiamo iniziato il 6 marzo, quando due nostri delegati si sono presentati in negozio con la mascherina“, racconta Savaro. “L’azienda non li voleva far lavorare e ha minacciato una denuncia per procurato allarme”. Ora la situazione è migliorata: Esselunga, oltre a fornire i dispositivi di protezione individuale, ha montato dei plexiglass protettivi alle casse e si sta attivando per misurare la febbre a chiunque entri nei negozi. Ma per i lavoratori non basta: “Chiediamo un vero contingentamento degli ingressi. Sappiamo che è complicato, ma i supermercati sono diventati dei luoghi di assembramento e all’interno la distanza di sicurezza di un metro è difficile da mantenere, anche perché non sempre i clienti fanno la spesa con attenzione. Se l’azienda non farà rispettare i protocolli, noi usciremo dai negozi e smetteremo di lavorare“.