Televisione

Motherland: Fort Salem, una serie tv indaga il potere femminile al servizio dell’esercito

Come sarebbe andata la storia umana se invece di bruciare nel corso di tre secoli migliaia di donne dedite alla ricerca e alla cura delle malattie con le erbe medicinali i loro saperi fossero stati riconosciuti dallo stato? E’ la domanda da cui quale parte il racconto dell’ambizioso nuovo progetto seriale di Motherland: Fort Salem, del quale è prevista una prima stagione di 10 puntate in onda negli Stati Uniti sul canale Freeform dal 18 marzo 2020 e approdata già nel web.

Mentre non è certo nuova la serializzazione del tema della stregoneria, data la proliferazione della figura della strega, di solito giovane e bella, nel panorama seriale (gli esempi vanno dal longevo Streghe 1998-2020, a Salem, 2014-2018, o The secret circle 2011-2013 solo per citarne alcune) con Motherland: Fort Salem la temperatura narrativa esce dalla categoria del ‘teen movie’ o del soft horror con sfumature romantiche per entrare in quella della narrazione adulta, con intenti politici e sociologici.

In un mondo contemporaneo parallelo al nostro, nel quale le donne con poteri taumaturgici sono una realtà importante e non eludibile, non sorprende che il plot ispirativo della serie ipotizzi che l’istituzione più veloce ad accaparrarsi i loro talenti sia l’esercito: in molti stati nordamericani una delle prime risposte al panico da coronavirus sono state le code nei negozi di armi, e questo qualcosa dirà.

Ma c’è anche un altro dato: storicamente le persecuzioni delle streghe sul suolo americano hanno mietuto numerose vittime, e l’allusione alla cittadina di Salem, così si chiama il grande campus dove avviene l’addestramento delle reclute, non è certamente casuale.

Per questo ha colto nel segno Eliot Laurence, già autore della serie Claws, storia di cinque manicuriste della low class le cui unghie diventano in realtà artigli nel sottobosco pericoloso della delinquenza: Motherland: Fort Salem rovescia lo sguardo rispetto alla luminosità colorata dei negozi di manicure della Florida e lo punta sulle sfumature cupe e dure del rigore degli sfiancanti e competitivi allenamenti delle giovani streghe reclutate in un esercito segreto di donne contro il terrorismo della Furia.

Anche qui la scelta del nome della minaccia è interessante: Furie sono la traduzione del mondo romano delle greche Erinni, divinità del mondo sotterraneo, personificazione della maledizione e della vendetta, che, nel loro aspetto benevolo, erano dette Eumenidi. Tutte femmine, quindi, le incarnazioni delle emozioni vitali umane più significative, così come forti e determinate sono le giovani protagoniste di Motherland: Fort Salem.

Raelle, Tally e Scylla, le tre reclute interpretate rispettivamente da Taylor Hickson, Jessica Sutton e Amalia Holm, sono uno spaccato della generazione delle trentenni nordamericane: Raelle viene da una famiglia povera, è insofferente alle regole ed è orfana di madre, uccisa in un’operazione militare; Tally è, al contrario, di famiglia altoborghese, competitiva e desiderosa di regole e ordine, mentre Scylla è elettrizzata di far parte dell’esperienza, curiosa e collaborativa. Tutte e tre sono le ultime eredi di una genealogia di streghe impegnate in segreto a proteggere l’America dalle minacce mortali che nei secoli si sono susseguite. Nel presente la prima ondata di terrore evoca quella scatenata dalla natura stanca dell’inquinamento umano raccontata in E venne il giorno di Night Shymalan.

Come nel libro di Joan Slonczewski La Difesa di Shora ogni recluta deve fare i conti con i propri lati oscuri e le proprie debolezze per trovare la collocazione giusta dentro all’esercito segreto. In quel mondo femminista utopico, però, la consapevolezza e l’autocoscienza individuale era messa al servizio della collettività come dono per costruire una società equanime e collaborativa.

Fa impressione e paura che nell’assunto della serie tv si dia per scontato che l’autorevolezza e il talento femminile trovino nell’esercito l’unico luogo dove essere valorizzato e reso esplicito, ma è anche credibile che in tempi come i nostri, certo non a vocazione nonviolenta, siano le istituzioni totali a dare spazio all’intelligenza delle donne giovani e ambiziose. La seduzione delle opportunità offerte dal dominio e dal totalitarismo in ogni sua forma è potente.

A tratti l’evocazione degli scenari di Full Metal Jacket virati in un mondo tutto di donne toglie il fiato, ma vale la pena di tenere attentamente d’occhio la serie, nella quale non mancano gli spunti di riflessione, perché dei tanti scenari possibili nei quali il potere delle donne si può realizzare quello ipotizzato e raccontato in Motherland: Fort Salem è uno dei più attuali e credibili.