Cronaca

Coronavirus, nelle carceri la paura degli agenti di polizia penitenziaria: “Ci hanno dato le mascherine di carta rifiutate dalle Regioni”

La denuncia arriva dalla Uil, sindacato degli agenti di polizia penitenziaria che in questi giorni sta raccogliendo segnalazioni dall'intera penisola. Dopo le proteste dei detenuti di alcune settimane fa le tensioni sembrano rientrate. Ma adesso gli agenti temono di trasformarsi in untori che potrebbero condurre il virus all'interno dei penitenziari

“Ci hanno spedito le mascherine di carta che avevano rifiutato le Regioni, così equipaggiati rischiamo di esporre i detenuti al contagio”. La denuncia arriva dalla Uil, sindacato degli agenti di polizia penitenziaria che in questi giorni sta raccogliendo segnalazioni dall’intera penisola. Dopo le proteste dei detenuti di alcune settimane fa le tensioni sembrano rientrate. Ma adesso gli agenti temono di trasformarsi in untori che potrebbero condurre il virus all’interno delle carceri. “Le procedure adottate dal Ministero garantiscono l’accertamento su ogni singolo detenuto, ma noi restiamo la variabile imprevista – dicono – che potrebbe dar vita a un piccolo focolaio”. E il timore rimbalza da nord a sud, anche in virtù dell’esecuzione delle scarcerazioni previste dal Cura Italia per i detenuti con pene inferiori ai diciotto mesi.

“Da alcune settimane stiamo operando con soluzioni di fortuna, anche il sindacato stesso ha messo a disposizione alcune mascherine da donare a tutti i colleghi, ma ieri abbiamo ricevuto 5000 di queste mascherine che alcuni governatori hanno definito ‘quelle dei cartoni animati'”, dice Gioacchino Veneziano, segretario della Uil in Sicilia. “Ci stanno mandando in trincea senza nessuna arma – continua – è inutile che il Ministro Bonafede e il capo di dipartimento Basentini dice di tutelarci, non è così e lo smentiamo con i fatti”. Condizione analoga in Puglia, dove “sono arrivate le stesse mascherine di carta”, dice Stefano Caporizzi, responsabile regionale del sindacato. “Abbiamo preferito rivolgerci ad alcune aziende locali per averle con un piccolo contributo – dice – e poter evitare di contagiare la popolazione detenuta, che ci chiede di indossarla perchè vorrebbero sentirsi piu sicuri”.

“Noi le mascherine di carta le abbiamo ricevute la settimana scorsa, adesso ci hanno spedito un lotto di mascherine rigide (due a testa) che dobbiamo lavare ogni sera”, racconta Domenico Maldarizzi, segretario Uil in Emilia Romagna. “Riteniamo che il numero di dispositivi sia assolutamente non idoneo – continua – basti pensare che a Bologna ci sono stati dei casi tra i sanitari e gli infermieri e l’amministrazione non ci ha mai fornito dei dati ufficiali e anche un detenuto è risultato positivo“. Il carcere del capoluogo emiliano alcune settimane fa è stato al centro di una delle proteste più pericolose. “Adesso lavoriamo tra mura nere e piene di fuliggine, all’inizio sono stati trasferiti 40 detenuti, poi nessun altro trasferimento – aggiunge – tra l’altro stiamo avendo difficoltà anche a trovare qualcuno che possa riparare i danni”.

“Senza un vettore esterno – continua Caporizzi – nessun detenuto prenderà mai il coronavirus, sono soltanto i fattori esterni a poter portare il contagio all’interno e qualora dovesse avvenire almeno un contagio, si scatenerebbe un focolaio molto preoccupante“. La procedura infatti prevede che, anche chi viene arrestato in questi giorni venga sottoposto a una visita pre-triage prima di accedere in carcere. “Molti colleghi sono in quarantena senza tampone“, aggiunge. Ed è singolare il caso di Lecce, dove sei agenti sono in quarantena da dieci giorni, in attesa degli esiti del tampone, dopo essere stati a contatto con una detenuta risultata positiva. Alcuni giorni è morto un agente pugliese in servizio al carcere milanese di Opera e i sindacati sono tornati a chiedere i “tamponi per tutti i poliziotti”.

“Il rischio più grosso è proprio nelle procedure che dobbiamo eseguire in occasione delle scarcerazioni previste dal Cura Italia: dobbiamo entrare in abitazioni a noi sconosciute a tutti gli effetti, rischiando anche di trovare persone che non hanno denunciato di essere in quarantena o che sono affette da coronavirus senza neppure saperlo”, dice Gioacchino Veneziano. “A Firenze alcuni colleghi hanno sollevato questa problematica – aggiunge Eleuterio Greco segretario Uil in Toscana – e in questi giorni eseguiremo almeno 60 provvedimenti”. “Ampliare le pene alternative non è un segnale di resa – conclude Caporizzi – ma in questa maniera si rischia di esporci ulteriormente. Speriamo tutti il meglio, ma se dovesse scapparci il morto, riprenderebbero le rivolte, ne siamo certi”.