Le “banche devono rischiare e prestare soldi, altrimenti arrivano le mafie“. C’è un altro virus che sfrutta l’emergenza della pandemia e punta infettare il Paese: sono le associazioni criminali. Che continuano a essere forti visto che l’unico settore dell’economia non influenzato dall’emergenza è quello del traffico di cocaina. Dopo i dossier dell’Anticrimine, le allerte lanciata da magistrati autorevoli come Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia, e quelli di ex investigatori di rango passati in politica, come Pietro Grasso, a rilanciare l’allarme è Nicola Gratteri. “Le mafie sono presenti dove c’è da gestire denaro e potere. E le elite delle mafie fanno molte operazioni non per arricchirsi, ma per avere consenso, potere“, ha detto il procuratore di Catanzaro a Circo Massimo di Radio Capital.
Il ragionamento del magistrato anti ‘ndrangheta è semplice. “Pensate in che frustrazione si trovano gli operai che, al sud ma anche al nord, lavorano in nero nell’agricoltura e nell’edilizia, guadagnando 30 euro al giorno. Questi soldi per loro sono oro, e se gli arrivano dal capomafia se ne ricorderanno quando sarà ora di votare. Così le mafie prenderanno pacchetti di voti senza problemi“. Ma non è solo sulle fasce più deboli della popolazione che hanno messo gli occhi i clan. “Pensate alla situazione in cui sono imprenditori che hanno costruito ristrutturato un ristorante, una pizzeria o un albergo pensando che dalla primavera avrebbero cominciato a guadagnare. A loro le banche non daranno soldi. E allora chi glieli darà?”. La risposta è scontata, ed è stata già denunciata da alcune associazioni. “C’è l’usura normale, e quella delle mafie, della ndrangheta. La differenza è che l’usuraio ‘ndranghetista vuole meno garanzie, perché sa che la garanzia è la vita del commerciante. Inizialmente il commerciante sarà invogliato e incentivato da interessi più bassi, sotto la soglia delle banche, poi pian piano, in uno-due anni, comincerà la lenta agonia, perché l’obiettivo del mafioso non è guadagnare sull’usura ma rilevare l’attività commerciale, e usarla per riciclare denaro”.
Secondo Gratteri, dunque, serve che “il governo parli direttamente con le banche, che devono rischiare un pò di più, e capire che devono prestare soldi anche se il rischio di insolvenza è più alto“. Sul fronte dei lavoratori in nero, per Gratteri “bisogna intervenire e dare i soldi attraverso i comuni. Ma al contempo la guardia di finanza e i carabinieri dovrebbero controllare gli elenchi di poveri e piccoli imprenditori che ricevono aiuti. È bene far fare questa cosa ai sindaci perché si risparmiano passaggi, ma se il sindaco è un mafioso o un faccendiere si fa figli e figliastri, si danno benefici ai soliti clienti elettorali e chi ha votato contro non li avrà“.
L’universo dei clan, al tempo del coronavirus, non racconta solo come Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra si stiano preparando a sfruttare l’emergenza per guadagnare consenso e potere economico. Anzi, a sentire Gratteri, si può dire che la pandemia ha influito su tutti settori dell’economia tranne uno: quello legato al traffico di droga. “La cocaina non ha crisi. Per capirlo basta vedere il prezzo, che è rimasto invariato”, dice il procuratore di Catanzaro. “In Colombia, Bolivia e Perù – continua – c’è difficoltà a reperire precursori chimici, che vengono dalla Cina, per lavorare la pasta di coca. La produzione quindi è rallentata, ma sono tanti i depositi di tonnellate di cocaina… pensate alla Spagna, dove ci sono colonie di colombiani che hanno stoccato anche dieci tonnellate, e all’Afghanistan, dove ci sono tonnellate di eroina pronte ad arrivare in Europa. Il problema non c’è. La riprova che non c’è crisi è il prezzo, che è rimasto invariato”.