In molti Stati dell'Unione sono stati decisi nuovi programmi per affrontare la pandemia, escludendo però le persone con disabilità intellettive dalle sale operatorie e dalle terapie intensive. La posizione del Disability rights education and defense fund al Fatto.it. La deputata Noja: “In Italia un approccio del genere non avviene e non avverrà mai”
Negli Stati Uniti niente cure anti-coronavirus per determinate categorie di persone come le donne e gli uomini con disturbi psichici, con malattie polmonari o con patologie neurologiche come l’Atrofia muscolare spinale (Sma). Lo hanno stabilito molti Stati dell’Unione e risulta la prima volta a livello mondiale che all’interno di un Paese vengano prese queste misure discriminatorie. Ad esempio in Minnesota, Colorado, Tennessee e Utah sono stati decisi nuovi programmi per affrontare la pandemia di Covid-19 escludendo però le persone con disabilità intellettive dalle sale operatorie.
In altri casi ancora, invece, gli anziani non autosufficienti o i pazienti che hanno bisogno di dialisi o con gravi patologie cardiovascolari sono rifiutati dai ricoveri di pronto soccorso e non vengono messi a loro disposizione i ventilatori, dispositivi sanitari fondamentali nei casi più gravi. Ci sono inoltre delle direttive che esplicitamente escludono dalle cure salva-vita specifiche fasce di popolazione, peraltro tra le più deboli, come ad esempio succede in Alabama dove un documento dal titolo “Scarce Resource Management” indica nero su bianco che le “persone con disabilità sono candidati improbabili per il supporto alla respirazione”.
Decine di Stati in questo modo hanno proceduto con nuove disposizioni locali assai restrittive e, in moltissimi casi, solo a danno delle persone disabili. “Le normative e i vari criteri possono portare a una palese discriminazione” denunciano le organizzazioni Usa che tutelano i diritti delle persone con disabilità. Tra le varie associazioni ad esprimere contrarietà c’è il Disability rights education and defense fund, centro nazionale per le leggi e le politiche a sostegno di questi soggetti più fragili. Il 26 marzo ha esortato il governo centrale a prendere una posizione netta a favore delle persone disabili, riconoscendo anche per loro il rispetto dei diritti civili e umani. “Stabilire le persone da curare e quelle invece da escludere dalle terapie intensive, ma non farlo sulla base della loro situazione clinica reale ma invece per determinate categorie prestabilite è un atto discriminatorio” afferma l’organizzazione a ilfattoquotidiano.it. Di fatto viene così decretato per legge quali sono i cittadini di serie A e quelli out. Questa amarissima consuetudine di ingiustizie subite dalle persone disabili si ripete anche oggi con l’esplosione di contagi di coronavirus e succede negli Usa diventato il primo Paese al mondo per numero di casi accertati della malattia respiratoria acuta da Sars-COV-2 superando Cina e Italia.
Le reazioni delle organizzazioni americane in difesa delle persone disabili – Alcune associazioni, come Self Advocates in Leadership (SAIL) e The Arc of the United States (The Arc), allarmate dalle scelte di alcuni Stati come quello di Washington (il primo a essere colpito dal coronavirus), così come gli altri di New York, Oregon, Maryland e Pennsylvania, hanno deciso di presentare una denuncia. E l’hanno indirizzata all’Ufficio dei diritti civili del Dipartimento della salute e dei diritti umani (OCR) riguardo alle loro preoccupazioni visto che i piani in atto discriminano in particolare le persone disabili in violazione di alcune leggi federali sui diritti di questi soggetti, tra cui l’Americans with Disabilities Act (ADA), la Sezione 504 del Rehabilitation Act e la Sezione 1557 dell’Affordable Care Act (ACA). “Chiediamo all’OCR di agire immediatamente per affrontare questa discriminazione e aiutare gli ospedali e le amministrazioni locali a sviluppare approcci non discriminatori prima che ci siano conseguenze letali sull’applicazione di queste politiche illegali” dicono le organizzazioni.
La deputata Noja: “In Italia un approccio del genere non avviene e non avverrà mai” – Contattata dal Fatto.it Lisa Noja, deputata con Atrofia muscolare spinale e che ha fatto anche un master in Giurisprudenza negli Usa, spiega la sua esperienza di vita in quel paese e chiarisce le differenze con l’Italia. “Per chi, come me, ha vissuto per oltre un anno negli Stati Uniti, la differenza tra la loro concezione di salute e la nostra è molto chiara” dice Noja. “Per loro non è un diritto individuale che lo Stato deve garantire a tutti, per noi sì. Accanto a questa differenza culturale profonda, ve ne è un’altra. Gli Usa hanno un approccio pragmatico e utilitaristico alle cose del mondo. Questo approccio – continua la deputata di Italia Viva -, che per molti versi ha una sua efficacia (ad esempio, se sei una persona disabile molto capace, l’università ti metterà a disposizione il mondo per consentirti di raggiungere il tuo massimo potenziale), ha una faccia della medaglia terribile: quella che emerge dalle linee guida per la gestione dell’emergenza sanitaria Covid-19 adottate da alcuni Stati americani”.
Il suo commento è netto: “In questo caso più che di pragmatismo si può parlare di vero e proprio utilitarismo discriminatorio e inumano. Non siamo di fronte a un triage ma a una vera e propria selezione dei pazienti in base alla loro appartenenza a determinate categorie. Sancire a priori che una persona con disabilità, fisica o intellettiva, sia esclusa dall’accesso al supporto respiratorio, a prescindere dalla situazione sanitaria individuale che il medico si trova a dover affrontare nel caso concreto, significa affermare che una vita è “meno utile” di un’altra. E quindi vale meno”. Secondo Lisa Noja la situazione italiana è molto diversa. “Legittimamente ci lamentiamo spesso di tante mancanze del nostro sistema sanitario nazionale, ma dobbiamo tutti sapere che in Italia un approccio del genere non avviene e non avverrà. Quando entriamo nei nostri ospedali, abbiamo tutti lo stesso diritto alle cure. Questa è una grande differenza con gli Stati Uniti di cui dobbiamo essere consapevoli e molto orgogliosi perché ci rende, da questo punto di vista, un paese assai più civile di altri”.
Famiglie SMA: “Il sistema sanitario italiano si prende cura delle persone e non delle categorie” – Secondo Daniela Lauro, presidentessa dell’associazione Famiglie SMA, “le notizie che arrivano da Oltreoceano ci hanno colpito molto, la salute è un diritto fondamentale di ogni essere umano indipendentemente dalla sua condizione di partenza” commenta al Fatto.it. “Questo momento che stiamo vivendo non ha precedenti e lo sforzo di tutti dev’essere quello di preservare e tutelare la salute di chi è potenzialmente più a rischio” aggiunge la numero uno dell’associazione di persone con Atrofia muscolare spinale che se fossero negli Usa non riceverebbero le cure adeguate. “Siamo grati e orgogliosi dei medici in prima linea in questa battaglia. Ci auguriamo che la situazione americana si evolva seguendo l’etica dei diritti umani” conclude Lauro.