La lettera delle centinaia di genitori fiorentini circa l’ora d’aria quotidiana per i bimbi ha dato il via ad une delle iniziative popolari più efficaci degli ultimi mesi e innescato un processo che nessuno potrà arginare. Tanto che anche la stessa ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia, Elena Bonetti, è intervenuta su Facebook, scrivendo che “occorre trovare il modo per far uscire i bambini”.
Finalmente, ci voleva, dopo tante difficoltà e pochi pronunciamenti, genitori di diversi credo politico che si domandano se camminare per mano con il proprio piccolo “terribile untore”, a distanza “regolare”, si possa fare o no, hanno avuto una risposta. Non sul come avverrà, ma sul fatto che sia importante pensarlo. Che sia corretto trovare una soluzione al problema.
Finalmente, ci voleva, perché in questi giorni, dalla partenza dell’iniziativa dell’ora d’aria, le più tenaci nemiche sono state le donne.
Com’è possibile vi chiederete? Vi posso assicurare che alle organizzatrici delle raccolte firme, che come potete immaginare già si facevano mille domande sulla “macchina” che stavano mettendo in moto, e sulle modalità di questa “accensione motori”, ne sono state dette di cotte e di crude. Non solo critiche, non solo giudizi: anche vere e proprie offese, se non insulti. Giusto qualche esempio, facilmente rintracciabile sui social media: “mamme inferocite”, “mamme con la fregola di uscire”, “mamme con la foga di esporre i propri figli ai contagi”, “mamme che vanificano gli sforzi fatti da altre”. Frasi evidentemente irragionevoli, visto che le mamme possono uscire, ed è proprio ai bambini che non è dato di trovare spazi per loro.
Ciononostante, la fiorentina Costanza Margiotta, la milanese Maddalena Frangnito ma anche la napoletana Diana Palomba, la torinese Valentina Parenti, la cagliaritana Camilla Soru e io stessa, siamo andate avanti.
Nonostante poi, proprio a Firenze, il giorno dopo la lettera, un padre con figlio in bici, a 150 metri da casa, sia stato sanzionato per ben 400 euro. Troppo chirurgica, la multa, per essere casuale. Anche perché il sindaco Dario Nardella, dopo questa missiva collettiva, aveva chiesto chiarezza al governo circa concedere una passeggiata quotidiana ai bimbi. Certo, non aveva preso una posizione personale chiarissima. Ma tant’è.
Più attiva in questo senso è stata la consigliera del Pd Milano, Diana De Marchi, che ha fatto propria l’istanza fiorentina e l’ha indirizzata non al sindaco della sua città, ma al governo. Questione di scelte. Tanto a Beppe Sala ha pensato Maddalena Fragnito e un gruppo di attiviste milanesi che, nel giro di poche ore, sono arrivate a migliaia di firme raccolte. Lo stesso Beppe Sala, senza sbilanciarsi sulla questione sposava invece altre istanze forse più semplici, di mamme e papà e chiedevano invece – sempre al governo – che pennarelli, matite e quaderni potessero essere venduti in quei pochi supermercati che hanno licenza di distribuirli.
Nel mentre, di nuovo in Toscana, la Garante per l’infanzia Camilla Bianchi domandava al premier Giuseppe Conte chiarimenti circa la possibilità di potersi spostare per ricondurre a casa i propri figli lontani, in Sardegna la consigliera comunale cagliaritana Camilla Soru indirizzava al primo cittadino una serie di richieste puntuali, circa i diritti dei bambini. Valentina Parenti, presidente dell’Associazione Gamma Donna, apriva una petizione per la città di Torino indirizzata alla sindaca Chiara Appendino.
Quasi inutile dirlo, nessuna risposta.
Le associazioni di genitori, psicologi, femminili, del mondo sociale in tutto il territorio italiano che hanno aderito e che credono in questa iniziativa non si contano. Tra pochi giorni non saranno più migliaia, ma decine di migliaia di genitori che chiederanno alle autorità la grazia di un’uscita quotidiana. E la risposta del Premier arriverà, dovrà arrivare. I nostri bambini sono il nostro futuro – ho scritto personalmente anch’io, in una petizione con l’associazione Le Contemporanee – non possiamo rinunciare a loro e al loro equilibrio.