In questo periodo all’indirizzo mail di chi si occupa di giornalismo di viaggi arrivano perlopiù due tipi di comunicazioni, così riassumibili: “Come visitare il mondo dal divano” e “I numeri dicono che il nostro mondo rischia una crisi senza precedenti”.

Lasciando stare la prima – sì, due settimane fa era carina come proposta ma ora anche basta – vorrei concentrarmi sullo stillicidio di dati e sulle recenti, funeste previsioni elaborate, in tempi di Coronavirus, dalle principali organizzazioni di settore. Vi riporto le principali:

1. Confturismo-Confcommercio: “Dal 1 marzo al 31 maggio è previsto un vero e proprio picco: 31,625 milioni di turisti in meno in Italia per una perdita stimata di 7,4 miliardi di euro”.

2. Astoi Confindustria viaggi (associazione che rappresenta i tour operator italiani): “Per tour operator e agenzie di viaggio si prevede una ripresa parziale delle attività tra fine estate/autunno e un ritorno progressivo alla normalità solo nel 2021, con una perdita di fatturato che va dal 35 al 70% circa”.

Anche le organizzazioni locali sono, per usare un eufemismo, allarmate. Federalberghi Genova è tranchant: “Il 2020 è completamente perduto. La previsione del calo del 50% dei nostri fatturati era ottimistica. Ogni giorno che passa la situazione peggiora”.

Inoltre, secondo un fresco studio elaborato da Cerved, società italiana che si occupa di informazioni commerciali e analisi di mercato, “le imprese italiane potrebbero perdere tra i 270 e i 650 miliardi di fatturato nel biennio 2020-21 a causa del Covid-19”.

Non va molto meglio se si dà un occhio fuori dal proprio recinto. L’Untwo, l’Organizzazione mondiale del turismo, teme un crollo del 20-30% tra gli arrivi di turisti internazionali nel 2020 rispetto allo scorso anno. Un calo che potrebbe tradursi in una debacle delle entrate turistiche internazionali tra i 300 e i 450 miliardi di dollari, equivalenti a sette anni di crescita del comparto.

Ora: è ancora presto per dire quanto siano realistiche queste previsioni. Una cosa però è certa: in Italia la fetta internazionale del turismo è molto ampia. Nel 2018 (dati Istat) nel Belpaese si è registrato il record storico di 429 milioni di presenze, +2% rispetto al 2017, generate per almeno un quarto da turisti provenienti da Germania (58,6 milioni), Francia (14,2 milioni), Regno Unito (14,0 milioni), USA (14,5 milioni) e Cina (5,3 milioni).

Quella che sarebbe stata una bella notizia in tempi non pandemici, fa oggi tremare le gambe agli operatori del settore perché tutti questi paesi, Cina a parte, sono ancora all’inizio della diffusione del Covid-19.

Che fare dunque? Dovremmo aspettare che la morsa del virus si allenti? Dare ascolto alle dichiarazioni di Matteo Renzi (qualcuno gli dice che ogni volta che parla quel già miserrimo 3% cala?) e sperare in una vicina, graduale riapertura delle attività?

Intanto cominciamo a dire le cose come stanno, penso sia inutile girare intorno al fuoco e raccontarci storielle per scacciare i mostri: a livello turistico il 2020 è perduto. Non sarà neanche ricordato come annus horribilis, ma come annus “inclassificabilis”: l’anomalia è talmente grande, talmente esogena al sistema che ogni serie storica di raffronto rischia di non avere senso alcuno. Se poi nel 2021 ci sarà un rimbalzone in stile borsistico, solo il tempo ce lo dirà.

Qualunque cosa accada, possiamo oggi mettere in carreggiata una speranza e una promessa. La prima: in un momento così difficile quello che noi italiani dovremmo fare – se e quando ci sarà permesso di tornare su una spiaggia o in montagna, o solo di andare al parco – è scegliere destinazioni italiane. Matteo Salvini (lungi da me) non c’entra nulla: fermo restando che difficilmente torneremo all’estero per piacere prima di settembre, abbiamo il dovere di contribuire a far ripartire la nostra economia turistica; e chissà che non sia la volta buona per dare un calcio all’overtourism e “spalmarci” meglio su tutto il territorio nazionale, scoprendo luoghi poco conosciuti.

La promessa. Sarebbe meraviglioso che tutti noi, quando tornerà la normalità, boicottassimo turisticamente l’Olanda e contribuissimo con i nostri soldi e le nostre capacità comunicative a rendere l’Albania un paese ancora più bello.

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