La notizia di oggi in termini di privacy è il grave data breach che ha colpito l’Inps, preso d’assalto dagli utenti che volevano inoltrare la domanda per ottenere i 600 euro promessi dal governo.

Allo stato attuale delle conoscenze non si sa se la compromissione dei dati sia avvenuta in ragione di un attacco hacker, come sostenuto dal premier Giuseppe Conte e dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico, oppure per falle del sistema raggiunto da milioni di accessi contemporaneamente, come sospettato dal resto del mondo.

C’è chi ha fatto notare che il noto sito hard Pornhub, con 400 milioni di accessi, a fronte della platea dell’Inps, di soli 40 milioni, funzioni perfettamente e soprattutto più a lungo.

Fatto sta che l’accusa di hackeraggio ha mandato su tutte le furie Anonymous che, in un post sul proprio profilo Twitter, diretto in modo esplicito a Inps, ha negato il proprio coinvolgimento e rivolto frasi non proprio gentili all’indirizzo del governo e dell’istituto.

La conseguenza della violazione è stata che diversi utenti hanno potuto accedere la posizione di altri utenti e verificarne i dati personali. Il che potrebbe anche indurre scenari interessanti dal punto di vista sociologico: la condivisione dei dati potrebbe far ipotizzare uno scambio di contributi previdenziali del tipo “tu dai i contributi a me, io li do a te”, con connesso scambio di prestazioni in regime di economia circolare, cavallo di battaglia del professor Tridico, fino a quando l’ultimo contribuente che non sa più con chi scambiare rimane con il cerino in mano.

Un po’ come alle feste delle medie quanto finita la musica bisognava trovare una sedia altrimenti si rimaneva in piedi e fare una penitenza. Il principio dell’”ultimo che arriva si attacca” che sembrava essere stato adottato anche per i liberi professionisti per l’accesso al bonus, salvo essere poi smentito dallo stesso Tridico.

Nel frattempo però i liberi professionisti, non così convinti della smentita e devastati dalla crisi, si erano messi in fila telematica nottetempo per avere accesso al bonus, con panini e birre e caffè per rimanere svegli, come Fantozzi davanti alla partita dell’Italia.

Sia come sia, la vicenda appare sintomatica di un paese che, dimenticati gli insegnamenti di Stefano Rodotà, intende tracciare i dati dei cittadini alla coreana o alla cinese senza considerare che quei due paesi hanno sistemi di sicurezza tali da meritare l’appellativo (quantomeno la Cina) di “grande muraglia digitale”, mentre i nostri sistemi pubblici (non l’Inps, ovviamente) al massimo possono meritare l’appellativo della “grande bellezza”, nel senso del film di Sorrentino.

Un tema, quello della cyberscurity dei sistemi pubblici, che sarà senz’altro stato preso in considerazione dal governo nel decreto ministeriale di nomina dei 74 esperti multidisciplinari che dovranno affiancare, prima dopo e durante la crisi Covid-19, la ministra per l’Innovazione Paola Pisano.

Nell’attesa delle “magnifiche sorti e progressive” dell’Italia che va alla guerra della privacy, i cittadini potranno consolarsi accedendo ai siti per adulti di cui sopra sicuri che, almeno in quel caso, (e fino a prova contraria) i dati di accesso non verranno scambiati con il vicino, che naturalmente ha sempre sostenuto di non averli mai visitati.

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