Caro Presidente del Consiglio e caro lettore,

dobbiamo prendere atto che in queste settimane se ne sono raccontate di tutti i colori, dal virus alla situazione del paese, e che però questo ha messo in secondo piano la situazione lavorativa italiana: da un’analisi che ormai continua da tempo si dovrebbe passare ai fatti. Ecco alcuni aspetti fondamentali che, secondo me, andrebbero presi in considerazione:

– Le misure del decreto Cura Italia sono necessarie, ma non sono sufficienti per risolvere i problemi occupazionali del paese, che colpiscono in particolare le generazioni dei trentenni appesi al vuoto lavorativo e previdenziale;

– Quando si parla di sburocratizzazione si dovrebbe iniziare a parlare di società attiva e cooperativa e questo non può essere legato soltanto all’emergenza, ma si deve ri-partire nel dar senso all’istituzione. Questo può essere fatto con azioni concrete, che vadano a interessare le periferie cercando di abbattere le distanze per far fronte alle necessità (gli slogan infatti non servono più e la sanità ne è un esempio);

– L’emergenza ha dettato una regola, una pratica che l’intero paese ha dovuto seguire, dimostrando a tutto il mondo un’azione di prevenzione necessaria ma anche, è bene evidenziarlo, di senso civico. Ma il senso civico non può essere legato all’eccezionale, alla contingente situazione di emergenza, ma dovrebbe diventare il motore fondamentale di un paese.

La tragedia di queste settimane infatti rischia di mettere in secondo piano aspetti che forse da questa emergenza risultano ancora più rilevanti e fondamentali per iniziare a ri-costruire.

Con stima,
Un libero professionista presto disoccupato

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