I tre Stati sono ora tenuti a conformarsi alla sentenza. In caso contrario, la Commissione potrà proporre un altro ricorso chiedendo delle sanzioni pecuniarie. Un portavoce dell'esecutivo a Bruxelles: "Decisione che fa chiarezza sulla responsabilità degli Stati membri"
La Corte di giustizia Ue ha condannato Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca per aver rifiutato di conformarsi al meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti asilo creato nel 2015. Secondo i giudici, i tre Stati membri sono venuti meno agli obblighi definiti dal diritto dell’Unione. Sono stati così accolti i ricorsi per inadempimento presentati dalla Commissione europea contro i tre Stati membri. I tre Stati sono ora tenuti a conformarsi alla sentenza. In caso contrario, la Commissione potrà proporre un altro ricorso chiedendo delle sanzioni pecuniarie. Tra i primi commentatre c’è stato anche un portavoce dell’esecutivo Ue: “La decisione”, ha detto all’agenzia Ansa, “è importante perché fa chiarezza sulla responsabilità degli Stati membri, e guiderà il lavoro” della commissione “per il futuro”. E, ha concluso, “chiarisce che il principio di solidarietà e di giusta condivisione della responsabilità tra gli Stati membri, secondo i Trattati, governa la politica di asilo dell’Ue”.
Da un lato, la Corte ha riscontrato l’esistenza di un inadempimento da parte dei tre Stati membri di una decisione che il Consiglio aveva adottato il 22 settembre 2015 per ricollocare su base obbligatoria, dalla Grecia e dall’Italia, 120mila richiedenti protezione internazionale verso gli altri Stati membri dell’Unione.
Dall’altro, i giudici hanno constatato che la Polonia e la Repubblica Ceca erano venute meno anche agli obblighi derivanti da una decisione anteriore (14 settembre 2015) che il Consiglio Ue aveva adottato per il ricollocamento, su base volontaria, di 40mila richiedenti asilo dalla Grecia e dall’Italia. L’Ungheria, invece, non era vincolata dalle misure previste da quest’ultima decisione.
Dopo l’adozione delle decisioni del Consiglio per alleviare la pressione esercitata dai flussi migratori su Italia e Grecia, la Polonia aveva indicato di essere in grado di ricollocare rapidamente nel suo territorio 100 persone, senza però mai dare seguito a tale annuncio. L’Ungheria, invece, non aveva in alcun momento indicato un numero di persone che avrebbe accolto. Nel febbraio e nel maggio 2016, la Repubblica Ceca aveva dichiarato di poter ricollocare sul proprio territorio 50 persone. Di queste, solo 12 erano state effettivamente ricollocate dalla Grecia, senza che Praga assumesse nessun altro impegno.
La Corte ha stabilito che i tre Stati non possono invocare né le loro responsabilità in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna, né il presunto malfunzionamento del meccanismo di ricollocamento per sottrarsi all’applicazione del meccanismo stesso.