di Stefano Ditella
L’emergenza coronavirus impone a tutti noi un periodo di semi-isolamento. Come nel caso della crisi climatica siamo convinti dell’importanza di ascoltare le indicazioni che arrivano dal mondo scientifico, ma siamo anche coscienti di quanto per molti possa risultare difficile restare giorni e giorni chiusi nella propria abitazione. Per questo da oggi e per il mese a venire noi di Fridays For Future Italia aggiorneremo con cadenza settimanale – la massima concessa dalla piattaforma – il nostro blog sul FattoQuotidiano.it, e per le stesse ragioni abbiamo attivato #QuarantenaForFuture, il nostro contenitore virtuale zeppo di film, serie, libri, documentari, articoli, podcast, app a tema clima! Potete raggiungerlo seguendo questo link. E’ un piccolo gesto, lo sappiamo, ma speriamo possa essere d’aiuto nel superare tutti uniti questa drammatica situazione!
Dopo aver riempito le piazze di tutto il continente con folle oceaniche, Fridays For Future Europa ha deciso di mettere pressione sugli organismi dell’Unione europea tramite una raccolta firme, il meccanismo di democrazia più diretta.
Negli scorsi mesi abbiamo assistito alla presentazione del famigerato Green New Deal, il piano di investimenti presentato come il pilastro della “rivoluzione verde” in Europa, ma che invece rischia di fallire miseramente, oltre a non essere neanche lontanamente adatto.
Riteniamo dunque che siano necessari obiettivi più stringenti per fronteggiare la crisi climatica in atto. E per perseguire e raggiungere tali obiettivi sono essenziali precise leggi. È per questo che Fridays For Future Europa porta avanti questa proposta.
L’Eci, Iniziativa dei Cittadini Europei, espressione delle richieste dei cittadini del vecchio continente, chiama in causa anche l’Italia, che ha una grande responsabilità in merito. Una volta arrivati a un milione di firme a livello comunitario, la Commissione europea sarà formalmente obbligata a discutere questa proposta di legge. Ma quali sono esattamente le richieste di questa iniziativa?
Questa petizione ha come obiettivi quattro punti principali, che chiedono di rafforzare in maniera significativa l’azione dell’Ue sull’emergenza climatica in linea con il limite di 1,5°C di aumento della temperatura terrestre. Ciò implica obiettivi climatici più ambiziosi e maggiore sostegno finanziario alla tutela del clima.
Per prima cosa, il limite di azzeramento delle emissioni climalteranti entro il 2050 che il Green New Deal si pone come obiettivo è di per sé insufficiente e incoerente con lo stato di emergenza climatica, deliberato dal Parlamento Europeo stesso il 28 novembre scorso. Azzerare le emissioni in un lasso di tempo inferiore è una questione di vita o di morte.
E non solo il 2050 è troppo tardi, ma i piani dell’Ue e degli stati membri sono comunque insufficienti anche per raggiungere quel target, quando l’intero pianeta dovrà necessariamente avere raggiunto la soglia di zero emissioni per scongiurare effetti irreversibili sul clima terrestre.
Ma come è pensabile che tutte le nazioni raggiungano la neutralità climatica allo stesso tempo? Evidentemente è un’utopia, ed è per questo che i paesi sviluppati devono fare da traino per quelli in via di sviluppo. Chiediamo quindi all’Ue di adeguare i suoi obiettivi climatici andando oltre l’Accordo di Parigi, riducendo dell’80% le emissioni di gas climalteranti entro il 2030, per azzerare le emissioni nette entro il 2035, e adeguare di conseguenza la legislazione europea in materia di clima.
Sorge però spontanea una domanda: come evitare una paralisi dell’intero sistema economico? Affinché il taglio delle emissioni non vada ad impattare negativamente sull’economia, c’è bisogno che l’industria resti competitiva durante la transizione ecologica e l’inserimento di un meccanismo di adeguamento delle emissioni di gas serra alle frontiere dell’Ue potrebbe garantire ciò. Con un Border Carbon Adjustment i prodotti importati verrebbero quindi tassati in base alla quantità di gas climalteranti emessa per la loro produzione e in tal modo si favorirebbe l’acquisto di prodotti con un impatto ambientale inferiore.
Allo stesso tempo, nelle industrie non possono essere i semplici lavoratori a pagare il costo della transizione ecologica, perché questa deve avvenire secondo il principio di giustizia climatica, per cui deve essere tassato soprattutto chi fino ad oggi ha causato i maggiori danni ambientali.
Inoltre, in ambito economico, nessun trattato di libero scambio dovrebbe essere più firmato con paesi partner che non perseguono un percorso compatibile per preservare l’aumento della temperatura media globale sotto gli 1,5°C rispetto all’era preindustriale, in conformità con il Climate Action Tracker. Non possiamo accettare di rischiare la catastrofe climatica a causa di governi irresponsabili come quelli di Usa, Australia e Brasile, che non intendono minimamente rispettare gli Accordi di Parigi, investendo ancora su carbone e fonti fossili.
Questi limiti sul libero scambio implicano anche lo stop di pericolosi trattati commerciali, come l’emblematico Ttip, sul quale il governo italiano e l’Europa stanno accelerando all’oscuro dei cittadini, o quello fra Ue e Mercosur, con il quale viene favorita l’importazione di immense quantità di carne bovina dall’Amazzonia, in cambio dell’esportazione di inquinanti Suv tedeschi. Un altro inquietante trattato di cui pochi sono purtroppo a conoscenza.
Se vogliamo ridurre le emissioni di CO2 dobbiamo automaticamente diminuire il traffico di merci che circolano da uno stato all’altro, a partire da quelle nazioni che, in nome della crescita, stanno condannando l’umanità all’estinzione.
Infine, non meno importante, l’Unione europea deve svolgere un ruolo fondamentale anche nel campo dell’educazione, producendo materiale didattico gratuito sull’emergenza climatica e ambientale per tutti i programmi di studio degli stati membri. Tale materiale dovrà spiegare cause, effetti e soluzioni della crisi climatica. Questa è la più grande sfida del nostro tempo e dobbiamo essere tutti e tutte pronti e istruiti per affrontarla.
L’Europa ha tutte le potenzialità per diventare il continente trainante verso la transizione ecologica, opponendosi ai tossici interessi delle lobby, e noi cittadini abbiamo il diritto di esigerlo. Facciamo valere la nostra voce e dettiamo la linea della politica europea dei prossimi decenni, che saranno decisivi. Basta una semplice firma qui.