Non si può dire che non se lo aspettassero. Rimasi perplesso quando, in pieno picco da Coronavirus in Lombardia, i miei amici medici dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo mi parlarono di una loro visione del futuro: “Ora siamo idolatrati a livello nazionale, dalla gente, dai mass media, dalle autorità. Ci mostrano come gli eroi del giorno, anche se tante altre categorie, meno in vista della nostra, sono ugualmente generose e a rischio. Siamo stanchi, preoccupati, più che altro di poter essere, noi stessi, il motivo di contagio verso figli, genitori e nonni, ma non potremmo mai ‘disertare il fronte’, i pazienti sono la nostra forza, sono meravigliosi, hanno capito la situazione e cercano di non dare problemi, nonostante siano soli, senza parenti vicino, in questo momento siamo noi i loro parenti più cari, chiedono lo stretto necessario sia a noi che al resto del personale. Certo lavoriamo in modo inusuale, si cerca di continuare a considerare ogni singolo paziente come una entità specifica, ma ormai le consegne e le cartelle sembrano fatte con lo stampino, la gente è una sorta di fiume in piena che scorre e a volte non ce la facciamo a stare tutto il tempo che vorremmo con ognuno di loro”.

Fin qui mi era tutto chiaro, ma l’affermazione successiva mi colpì: “Vedrai che dopo questa fase in cui siamo gli eroi nazionali diventeremo il capro espiatorio del dolore, della rabbia e della disperazione della gente”.

Ieri improvvisamente queste parole mi sono tornate in mente leggendo uno dei tanti giornali che mi raggiungono on line, DottNet del 30 marzo 2020. Il titolo a grandi lettere era Covid-19: business cause ai medici, appello al Governo. La tesi dell’articolo prefigura scenari peggiori di quelli che si possano immaginare, perché ipotizza che la comprensibile esasperazione individuale per il dramma familiare possa essere strumentalizzata da: “Studi legali che promuovono campagne pubblicitarie per indurre i cittadini a presentare azioni di risarcimento contro medici e strutture per presunti episodi di malasanità legati all’epidemia di Covid-19. E’ scattato il ‘business’ delle cause ai medici. Un fenomeno che ha suscitato l’immediata indignazione di tutte le categorie professionali dei camici bianchi, mentre il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, chiede al governo di varare una norma a protezione dei medici impegnati a far fronte all’emergenza epidemica.”

Dunque, se tutto questo fosse vero, la profezia dei miei amici si sarebbe avverata nella modalità più fosca, in un paese che sa essere eroico, empatico, solidale, generoso ma che ha anche una parte nascosta che a volte emerge in maniera mafiosa e che bisogna controllare sia sul piano individuale che sul quello normativo.

Tutti i traumi, da quelli familiari a quelli sociali, generano negli esseri umani sentimenti forti che li inducono a stare più vicino fra loro o, viceversa, ad allontanarsi. Alcune persone, per far fronte ai sentimenti depressivi possono reagire condividendo il problema, come se un grosso peso possa essere spartito e diventare così più lieve, altre tendono a proiettare la colpa sull’altro, immaginando magicamente di potersene liberare. Così vanno le cose nella storia ed è frequente la parabola che innalza e fa cadere, idealizza per demonizzare poco dopo.

Oggi la sanità è giustamente sulla cresta dell’onda per i sacrifici e tributi che i suoi lavoratori pagano alla malattia. Ci auguriamo che questo non debba essere ripagato con processi pretestuosi. La rabbia e l’esasperazione di chi soffre sono comprensibili, anche la necessità di non dare tutto per scontato, ma con giustizia e considerando il contesto in cui i fatti sono avvenuti. Insomma, non giustizia sommaria a vantaggio di qualcuno!

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