La pandemia Covid-19 ha travolto le nostre vite. Distrutto il nostro quotidiano. Mietuto migliaia e migliaia di vittime. Una vera e propria emergenza nazionale (e non solo) dopo tante false o presunte tali.
Le terribili immagini che da settimane ci tengono incollati alla televisione tolgono il fiato. Quelle che giungono dalla cosiddetta prima linea di uno evocato scenario di guerra tolgono il sonno. Fin dai primi giorni dell’esplosione dell’epidemia è stato invocato da più parti, soprattutto istituzionali, un sentimento forte di unità e solidarietà nazionali. Non era il momento delle polemiche politiche. Soprattutto non era quello delle divisioni. Era quello di reazione al dolore e alla paura di fronte a un futuro che si andava profilando drammaticamente sempre più buio e incerto.
Chi non conserva nel cuore le testimonianze raccolte da bravissimi e coraggiosi cronisti all’interno degli ospedali di Bergamo, Brescia, Cremona e Piacenza? Per ricordarne soltanto alcuni. Quelli di medici e sanitari allo stremo delle forze, distrutti dalla fatica e dal dolore, costretti a far fronte a un qualcosa di mai visto in tempo di pace, quanto meno da noi? Gli eroi di oggi. Sì, per una volta concordo. Si tratta di veri eroi.
Mentre gli scienziati si sono impadroniti dei palinsesti televisivi spesso rubando la scena ai politici, gli eroi (sanitari) continuavano senza sosta a combattere insieme ai loro pazienti la battaglia contro il maledetto virus. Insieme ad altri eroi invisibili: i medici di famiglia. Di loro si è saputo quando hanno iniziato a morire insieme a qualche collega della prima linea. Avrebbe dovuto essere vietata ogni polemica politica, impedita qualsiasi critica giornalistica; ma così non è stato.
Mentre in televisione andava in onda la folle e talvolta grottesca rincorsa alla conferenza stampa da parte di qualche governatore che tentava di anticipare quella della Protezione Civile fissata ogni sera per le 18, hanno iniziato a levarsi urla di protesta e dolore proprio da coloro ai quali nulla poteva esser detto o rimproverato: i medici e sanitari. La Repubblica del 27 marzo 2020: Coronavirus in Lombardia, i medici di famiglia dicono no alla mobilitazione di Gallera: noi mandati allo sbaraglio. Potrei andare avanti citandone tanti altri.
Tutto questo accade mentre sfilano le immagini devastanti delle file di bare di cittadini bergamaschi che non riescono più a trovar pace nella loro città. Il volto della sofferenza e della dignità dei primari anestesisti, del sindaco di Bergamo. Unico politico che mi piace ricordare.
Al dolore segue la rabbia della frustrazione degli eroi. Coloro che sono i primi, all’inizio in modo sommesso ma poi sempre più vibrante, a chiedere conto di come e perché si siano dovuti trovare in quelle situazioni. Qualcuno non risparmia critiche nemmeno a qualche collega. Non tutti sono eroi in fin dei conti.
Mentre prendono corpo le polemiche sui test, sui camici, sui tamponi, sulle mascherine e così via, compaiono nell’iter di approvazione del prossimo dl “Cura Italia” due emendamenti. Uno da FdI e uno del Pd. Si tratta di “Disposizioni per la definizione e equilibrata limitazione delle responsabilità degli operatori del servizio sanitario durante l’emergenza epidemiologica da Covid-19”.
FdI è più chiara, va riconosciuto: “Fatte salve le ordinarie fattispecie di reato, vengono esentati dalle responsabilità professionali i medici e gli operatori sanitari prestanti opera nelle aziende sanitarie coinvolte nell’emergenza Covid-19. È altresì esentato dalle responsabilità amministrative e contabili il personale delle stesse aziende sanitarie impegnato nelle procedure straordinarie di carattere amministrativo (acquisti, reclutamento del personale)”.
Ora, prescindendo da qualsiasi valutazione tecnico-giuridica, non credo proprio che i medici di cui ho parlato abbiano necessità di un ombrello che li protegga da giudici e avvocati. Mi sbaglierò, ma chi mai se la sentirebbe di puntare il dito contro di loro? Magari nei confronti di altri forse sì. Siamo tutti umani.
Quell’analogo ombrello viene più macchinosamente offerto anche dall’emendamento del Pd. Ma ciò che mi chiedo è perché poi lo si sia voluto estendere anche al personale amministrativo e persino a quello gestionale! Sì, perché in questo va dato atto che è la volta del Pd a esser più esplicito: protegge da responsabilità civili o per danno erariale le strutture sanitarie e socio sanitarie pubbliche e private e gli esercenti le professioni sanitarie, professionali, tecniche e amministrative del Servizio Sanitario, riducendone gli ambiti soltanto per condotte “intenzionalmente finalizzate alla lesione della persona” (sic!) o per “colpa grave consistente nella macroscopica e ingiustificata violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria o dei protocolli o programmi emergenziali predisposti per fronteggiare la situazione in essere”. Cioè mai.
Ora, se per medici e infermieri ho già detto, quel che non capisco è il perché questa “immunità” civilistica ed erariale venga estesa anche alle “condotte gestionali e amministrative”. Qualcuno direbbe ora: ”ma che c’azzecca?”. Forse c’entrano proprio le vibrate lamentele degli eroi (e lo dico sul serio) delle nostre prime linee nella guerra al virus?
Ultima chicca: l’emendamento del Pd si spinge anche in ambito penalistico, delineando un’ipotesi di responsabilità soltanto quando la ”colpa consista nella macroscopica e ingiustificata violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria…”. Ribadisco, sono norme che a mio avviso non tangono minimamente medici e sanitari che vediamo oggi impegnati nelle aree di emergenza dell’Italia del Nord. Rimane da chiedersi a chi servano.