Scienza

Nella culla dell’umanità hanno vissuto tutti insieme i nostri antenati. E l’Homo erectus è più antico del previsto

Lo dimostra uno studio internazionale pubblicato su Science che si deve alla collaborazione fra l’università sudafricana di Johannesburg, quella australiana La Trobe e quelle italiane di Pisa e Firenze

Due milioni di anni fa in Sudafrica, nella cosiddetta culla dell’umanità, hanno vissuto contemporaneamente tutti quelli che sono considerati i nostri antenati l’Australopithecus, il Paranthropus robustus e l’Homo erectus. Lo dimostra uno studio internazionale pubblicato su Science che si deve alla collaborazione fra l’università sudafricana di Johannesburg, con il gruppo di Andy Herries, e l’università australiana La Trobe. Alla ricerca hanno partecipato le università italiane di Pisa, con Giovanni Boschin docente del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, e Jacopo Moggi-Cecchi, antropologo dell’Università di Firenze, membro storico del gruppo. Un altro aspetto dello studio è che il più diretto antenato dell’uomo, l’Homo erectus, è vissuto due milioni di anni fa, ed è quindi 200.000 anni più antico del previsto.

Nel corso degli scavi condotti a Drimolen, un sito paleoantropologico situato presso Johannesburg, ricercatori e studenti di varie nazionalità hanno riportato alla luce due nuovi fossili importanti, entrambi databili tra 2.04 e 1.95 milioni di anni fa, lo stesso periodo in cui è attestata la presenza in Sudafrica dell’Australopithecus. I nuovi fossili sono Dnh 152, chiamato ‘Khethi’ in riconoscimento al proprietario del terreno, è un neurocranio di Paranthropus robustus, incompleto ma che mostra bene la parte superiore della calotta.

“La datazione più antica per le specie Paranthropus robustus e Homo erectus – chiarisce Jacopo Moggi Cecchi – implica quindi la contemporaneità di queste con specie del genere ustralopithecus ed in particolare con Australopithecus sediba. Si viene così a delineare un complesso quadro di elevata biodiversità di ominidi in un’area geografica limitata, con possibili conseguenze sulle interazioni tra queste: l’implicazione è che questa condizione potrebbe avere contribuito all’estinzione delle forme del genere Australopithecus“. Ma la rilevanza dello studio riguarda anche l’aspetto stratigrafico. L’attività di ricerca sui reperti fossili rinvenuti in questi anni è ancora in corso, con la promessa che nuove scoperte potranno contribuire a modificare le nostre conoscenze relative alla biologia e alla storia evolutiva delle più antiche specie della linea evolutiva umana.

“Ci sono alcuni aspetti importanti che, a mio avviso, emergono da questo studio – spiega il professor Giovanni Boschian – Il primo è che, poiché i fossili provengono dal medesimo strato, si dimostra che le due specie sono coesistite, non solo in Sudafrica ma anche nello stesso sito e molto probabilmente anche contemporaneamente. Non sappiamo se vi siano stati contatti tra le due specie e, se vi sono stati, di quale natura fossero. Un altro aspetto riguarda la presenza di un cranio affine a Homo erectus che diviene così il più antico in Africa e indebolisce, senza però escluderla del tutto, l’ipotesi che Homo erectus abbia avuto origine fuori dall’Africa. Infine Dnh 152 potrebbe essere forse il più antico Paranthropus robustus in Sudafrica, ma su questo è difficile pronunciarsi con precisione”.

Lo studio su Science