Davanti a Kissinger, sotto gli occhi dell’Avvocato, le velleità di scudetto della Juve che cadono, il Toro che vince il derby. E se sono poche le vittorie granata, cinque negli ultimi trent’anni, solo cinque su trentasette partite giocate sotto la Mole, quella del 5 aprile 1992, ventotto anni fa, è sicuramente una delle più belle.

Era il Toro giovane e rampante di Mondonico, quello che di lì a poco avrebbe eliminato il Real Madrid in semifinale di Coppa Uefa e perso immeritatamente una finale contro l’Ajax. E in Europa c’era arrivata da neopromossa in A: l’anno prima sempre con Mondonico alla guida i granata avevano disputato una bellissima stagione, grazie ai gol di Bresciani, alle belle giocate dello spagnolo Martin Vasquez arrivato dal Real Madrid, e soprattutto alla difesa rocciosa che non si faceva troppi scrupoli a usare le maniere forti composta da Policano, Annoni, Bruno e Cravero. Tra Tarzan, O’Animalo e Rambo già i soprannomi suggerivano di andarci cauti, e nel dubbio gli avversari preferivano girare a largo.

Partecipazione all’Uefa acquisita, per rinforzare la squadra arrivano l’attaccante brasiliano Walter Casagrande, eroe dell’Ascoli di Rozzi, una vecchia conoscenza interista, Enzino Scifo dall’Auxerre e torna Venturin dal Napoli.

È un bel Toro, in Europa va fortissimo, e anche in campionato la squadra del Mondo fa bene: la difesa subisce pochi gol per i motivi di cui sopra e perché in porta c’è uno dei migliori portieri emergenti, Luca Marchegiani. Non c’è un bomber vero però: Casagrande gioca molto per i compagni e non è un goleador, in compenso segnano tutti: Policano e Mussi che sono terzini, Scifo e gli altri centrocampisti, Gigi Lentini tra una finta e l’altra. I granata ambiscono al podio stavolta e la chiave per scalzare il Napoli dal terzo posto è battere la Juve del Trap nel derby.

I bianconeri dal canto loro ambiscono ancora allo scudetto, ma solo per una questione aritmetica e di speranza: il Milan di Capello è tutt’altra cosa. Ad aprile dunque la sfida al Delle Alpi è cruciale per entrambe. Sugli spalti c’è il miglior amico di Gianni Agnelli, l’ex segretario di Stato americano e Nobel per la pace Henry Kissinger, grande appassionato di calcio. In campo il tridente con Baggio, l’eroe delle notti magiche Schillaci e Gigi Casiraghi.

Derby che fu anche accompagnato dai veleni della vigilia: il presidente granata Borsano aveva accusato i rivali di volergli soffiare Lentini, smentito dal calciatore, ignorato dai dirigenti bianconeri. Alla fine, com’è noto, alla Juve Lentini non ci andrà. E si temeva anche una vendetta di Bruno su Casiraghi, che all’andata aveva causato l’espulsione del granata e il conseguente accesso d’ira che gli era costato ben 8 giornate di squalifica.

Ma Casiraghi e gli attaccanti bianconeri dalle parti di Bruno ci passeranno poco. Il Toro ha una marcia in più: è più veloce, più grintoso, messo meglio in campo. La Juve del Trap si affida alla difesa e alle giocate di Baggio che però non arrivano. E allora ci pensa Martin Vasquez a deliziare la platea, o almeno quella granata. Dopo aver costretto Tacconi agli straordinari alcuni istanti prima, lo spagnolo sulla destra fa secco Carrera, va sul fondo e con uno cucchiaio delizioso scavalca il portiere bianconero: Casagrande deve alzare di poco il suo metro e novanta per segnare di testa a porta vuota.

Poco dopo stesso copione: Martin Vasquez scatenato salta Marocchi, la mette bassa e Casagrande stavolta deve metterci il piedone per segnare il due a zero. La reazione bianconera non arriva e la sconfitta è un sipario che cala sulle ambizioni di scudetto. Il Toro invece galvanizzato da quella vittoria nel derby, una settimana dopo riesce a ribaltare il Real Madrid dopo la sconfitta del Bernabeu, qualificandosi per la finale di Coppa Uefa, e centra l’obiettivo anche in campionato, con altre quattro vittorie e tre pareggi, riuscendo a classificarsi terzo alle spalle di Milan e Juve.

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