Se un medico muore curando un paziente affetto da Covid19 diventa un eroe. Ma se non gli accade nulla e a perdere la vita è il paziente, allora quel medico può diventare qualcuno a cui dare la colpa. Anche se nelle ultime settimane ha fatto qualcosa che, se non fossimo in ‘guerra’, non avrebbe mai dovuto fare. Se ha prestato il suo aiuto in un reparto che non è il suo o ha assistito malati senza mascherine. Se la famiglia della vittima fa causa, per qualcuno quel medico può diventare un affare. È così che sono spuntate online, sui social, ma anche sulle bacheche di alcuni reparti ospedalieri, degli spot pubblicitari di studi di avvocati e associazioni che, offrendo anche consulenze legali gratuite o altri possibili incentivi, invitano i cittadini a intentare cause nei confronti dei medici.
Gli stessi che lottano ‘a mani nude’ negli ospedali, si contagiano e rischiano di morire. Finora oltre seimila medici sono risultati infetti e quasi settanta hanno perso la vita cercando di curare i malati. Ogni giorno la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri aggiorna l’elenco sul suo sito. Proprio il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, anche su impulso di alcuni Ordini provinciali dei medici, ha inviato una lettera ad Andrea Mascherin, presidente del Consiglio nazionale forense per chiedere vigilanza sui comportamenti scorretti. E mentre si lavora per introdurre un emendamento al decreto Cura Italia, che prevede forme di immunità penale per i sanitari in prima linea, in corsia qualcosa è già cambiato: la tensione è sempre più alta e i medici reclamano maggiori tutele anche dal punto di vista legale. In alcuni ospedali, secondo alcune indiscrezioni, sarebbero stati già modificati i moduli dei consensi informati da far firmare ai pazienti con ‘liberatorie più ampie’.
L’APPELLO DELLA FEDERAZIONE – Un clima insostenibile che ha costretto il presidente della Fnomceo a spiegare cosa stesse accadendo. Alle quotidiane difficoltà, ha denunciato Anelli “si aggiungono le comunicazioni pubblicitarie promosse da iscritti agli albi degli avvocati che, di fatto, pubblicizzano la propria attività, evidenziando presunti errori commessi da quegli stessi medici che, spesso a mani nude, provano ad arginare l’emergenza pandemica e pagano questo impegno contando i propri morti”. Tra i primi a intervenire è stato, con una delibera, l’Ordine degli Avvocati di Napoli che aveva già avuto modo di rilevare “sparuti e isolati casi di sedicenti studi legali”. “Sin d’ora – ha scritto l’ordine – e ferma la valutazione dei singoli casi, si ritiene che tali condotte e tali improvvide campagne pubblicitarie sono del tutto inappropriate e denigratorie della serietà, della correttezza e dello spirito solidale e umanitario che storicamente connotano la classe forense”.
Hanno preso posizione anche altri Ordini, come quelli di Roma e Palermo. Quello di Bari, in particolare, ha segnalato all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato e ai competenti organi disciplinari la società ‘Ap Risarcimento e consulenza’ di Scafati (Salerno). “Adotta come slogan promozionale la dicitura consulenza gratuita – è scritto in una delibera dell’ordine – ed evidenzia le infezioni ospedaliere come le complicanze più frequenti in ambito sanitario e che darebbero diritto a risarcimento ai familiari delle vittime”. Per l’Ordine non c’è dubbio: “Si tratta di messaggi fuorvianti e ingannevoli che inducono i cittadini ad aspettative risarcitorie rispetto ai danni da Covid”.
IL CASO DELLA SOCIETÀ DI SCAFATI – Come raccontato da fanpage.it, la stessa società è stata segnalata per un annuncio sui social “oggetto di decine di commenti negativi” anche dall’avvocato napoletano Salvatore Del Giudice, che si era rivolto al Consiglio forense partenopeo, poi intervenuto con la delibera e con un’istruttoria interna. Nel frattempo, dalla pagina Facebook di ‘Risarcimento e consulenza’ il post in questione è stato rimosso e, tre giorni prima della firma della delibera in questione, ne è stato pubblicato un altro: “Apprendiamo con stupore e vivo rammarico le accuse a noi rivolte da alcuni medici di speculare in questo delicatissimo momento storico”. La società spiega di avere da mesi intrapreso una campagna “contro le infezioni nosocomiali, per mezzo della quale – si aggiunge – proponiamo la nostra consulenza volta alla tutela dei diritti dei pazienti che, all’esito di accertamenti medico-legali, abbiano i requisiti per avanzare eventuali richieste risarcitorie contro le strutture sanitarie”. D’altro canto, ancora l’azienda, “l’emergenza di questi giorni ha mostrato la fragilità delle nostre strutture sanitarie, che non forniscono ai propri dipendenti i necessari DPI”. “Ci dispiace – è la conclusione – che il nostro intento sia stato frainteso”.
GLI ORDINI DELLA LOMBARDIA CONTRO GLI SCIACALLI – L’Unione delle Camere penali italiane, nel frattempo, ha dato mandato al suo Osservatorio Deontologia di individuare le pubblicità ritenute ‘scorrette’ allo scopo di aprire un procedimento disciplinare. Sul tema hanno preso posizione anche i presidenti di tutti gli Ordini degli Avvocati della Lombardia, la regione più colpita dall’emergenza, che parlano di “squallido tentativo di recuperare clientela e cercare visibilità attraverso i social media” da parte di “sigle ingannevoli” e aziende “anche importanti”, che offrono assistenza legale gratuita, “attraverso i propri legali interni o fiduciari, per ogni evenienza derivante dall’emergenza epidemiologica, pur avendo un oggetto sociale diverso dalla tutela legale”. E avvertono: “Nessuna condotta illecita resterà priva di denuncia”. E ancora: “Saranno valutati i casi passibili di denuncia nei confronti dell’Autorità Garante della concorrenza”.
LA TUTELA PER I MEDICI – E proprio all’Autorità Garante intende rivolgersi l’Enpam, la cassa previdenziale dei medici. Il presidente Alberto Oliveti ha dato mandato “di presentare prima possibile un esposto urgente” per pubblicità scorretta contro le organizzazioni “che intendono speculare sulla pelle dei malati e contro la categoria dei sanitari”, arrivando a definirli “avvoltoi e iene che pensano di sfruttare il dolore delle vittime”. Ma i medici si muovono su diversi fronti. Ha superato le 27mila firme la petizione lanciata nei giorni scorsi sulla piattaforma change.org e rivolta al governo e alla presidenza del Consiglio dei ministri, per chiedere la depenalizzazione della colpa medica.
L’EMENDAMENTO IN SENATO – Ma si attende un correttivo al decreto legge 18 ‘Cura Italia’ del 17 marzo 2020, in Senato per la conversione in legge, che prevede di limitare alle sole condotte dolose “la responsabilità degli esercenti la professione sanitaria e delle strutture sanitarie, pubbliche e private”, per tutta la durata dello stato d’emergenza epidemiologica da Covid19. Per tutelare i medici sono stati depositati emendamenti da maggioranza e opposizione. Il Movimento 5 Stelle, ad esempio, chiede di concedere patrocinio gratuito dello Stato ai medici accusati di presunti errori, Leu di ridurre i casi di responsabilità penale alle condotte “volontariamente finalizzate alla lesione” o a casi di “macroscopica, intenzionale ed ingiustificata violazione dei principi basilari che regolano la professione manageriale, sanitaria, amministrativa e tecnica”. Per il Pd bisogna tenere conto del “carattere eterogeneo delle prestazioni svolte in emergenza, rispetto al livello di esperienza e specializzazione del singolo operatore”. Uno scudo legale chiesto al ministro della Salute, Roberto Speranza, dal segretario generale della Fismu (Federazione italiana sindacale medici uniti) Francesco Esposito. “Bisogna essere coscienti – ha detto – che quelli che oggi sono considerati eroi, domani purtroppo potrebbero diventare i capri espiatori di ipotetici errori, magari organizzativi o amministrativi”.
IL CLIMA DI TENSIONE – Richieste inoltrate anche da Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani) e Anaao Assomed. Se, intervistato da Il Fatto Quotidiano, il segretario Carlo Palermo parla di una tutela necessaria (“Abbiamo medici che lavorano anche ottanta ore alla settimana e ortopedici chiamati in pneumologia”) proprio in queste ore la Commissione Emergenza-Urgenza Anaao Assomed ha definito “inaccettabile” che l’Istituto Superiore di Sanità “con un atteggiamento ambivalente, pubblicizzi ancora come valido nelle ultime linee guida del 28 marzo l’impiego di mascherine chirurgiche per l’assistenza a casi Covid 19 confermati”. La Commissione chiede “l’immediata rettifica delle linee guida dell’ISS prevedendo nella stanza dei pazienti Covid solo l’utilizzo di maschere filtranti FFP2 per ogni turno di lavoro e non di mascherine chirurgiche, e l’utilizzo di FFP3 per le procedure invasive. Un tema strettamente legato a quello della sicurezza e, quindi, della responsabilità di medici che continuano a lavorare in condizioni rischiose. La polemica la dice lunga sullo stato di tensione che ormai regna negli ospedali, alimentata anche dalla spada di Damocle sui risarcimenti.