Arginato e controllato in ogni azione dai militari sempre più presenti all’ombra della presidenza della Repubblica e nel governo. Screditato, criticato e minacciato di dimissioni dal presidente Jair Bolsonaro per la sua posizione preoccupata di fronte ai rischi collegati alla diffusione del coronavirus nel paese. Così il ministro della Salute brasiliano, Luiz Henrique Mandetta, è diventato una delle pedine più importanti per capire gli equilibri di potere nel confuso scacchiere politico brasiliano ai tempi del coronavirus. Il rapporto complicato tra Bolsonaro e Mandetta è dovuto a due fattori principali. Il primo è legato al risvolto politico della questione sanitaria. Medico, sin dal primo momento il ministro ha inteso i rischi per la popolazione e ha adottato una posizione ragionevole, in linea con le raccomandazioni dell’Oms.

Consapevole delle difficoltà storiche e del sistema sanitario nazionale, in ogni conferenza stampa Mandetta ha spiegato i rischi collegati alla pandemia, accanto a un presidente negazionista che continuava a parlare di ‘influenzuccia’. La posizione di Mandetta è stata intesa da Bolsonaro come un’insubordinazione, una mancanza di rispetto per non volersi allineare alle parole del capo. Inoltre, col passare del tempo, la posizione di Mandetta gli è valsa elogi da parte di vari settori politici brasiliani, finendo per diventare il volto ragionevole del governo, identificato come interlocutore valido soprattutto dai governatori degli stati che, preoccupati per la pandemia, decretavano isolamento sociale e chiusura delle attività non necessarie in tutto il paese. Scatenando la reazione violenta di Bolsonaro in diretta tv.

Per settimane è circolata la notizia di una possibile sostituzione del ministro. Una decisione mai assunta da Bolsonaro che tuttavia ci ha tenuto a inviare poco velate intimidazioni. “Mandetta sa che da tempo ci stiamo punzecchiando. Io non voglio licenziarlo in mezzo a una guerra, ma ha superato il limite. Sa che c’è una gerarchia tra di noi”, ha dichiarato Bolsonaro lo scorso giovedì. Dal canto suo Mandetta, pur rimanendo fedele al presidente, non ha mai nascosto il malcontento verso Bolsonaro. Ieri, secondo quanto riporta quotidiano Folha de Sao Paolo, ancora una volta il ministro avrebbe confessato ai suoi collaboratori l’intenzione di lasciare l’incarico ma di non volersi dimettere, lasciando al presidente Jair Bolsonaro la responsabilità di “estrometterlo nel bel mezzo di una emergenza sanitaria”.

Evitando il licenziamento, Bolsonaro ha tuttavia progressivamente eroso il potere del ministro della Sanità. Prima affidando la comunicazione ufficiale sul coronavirus alla presidenza della Repubblica e spostando la sede delle conferenze stampa presso il Planalto. Poi, affidando il gabinetto di crisi sulla pandemia al potente ministro della casa Civile Walter Braga Netto, ex capo di stato maggiore dell’Esercito nominato alla guida del ministero (una sorta di centro governativo che coordina l’avanzamento delle azioni dei ministeri, il cui ministro ha funzioni paragonabili a quelle di un primo ministro in una repubblica presidenziale) appena lo scorso 13 febbraio. Il Centro di coordinamento delle operazioni del comitato di crisi del governo federale, subordinato alla presidenza del Repubblica e quindi gerarchicamente superiore al ministero della Salute, è stato creato non a caso il 24 marzo, stesso giorno in cui i governatori di Rio e San Paolo decretavano la quarantena.

Isolato, senza più il supporto di Corte suprema e parlamento. Senza partito, stizzito per le critiche di stampa e oggetto di proteste da parte dei cittadini, Bolsonaro si è appigliato alle uniche cose rimastegli. La famiglia che gestisce i social network che alimentano i sostenitori fanatici e chi lo tiene realmente in vita: i militari. Usando la tecnica del bastone e la carota con Bolsonaro, cavalcando la retorica della difesa della patria e del popolo, le forze armate hanno dilagato sempre più, anche approfittando dell’emergenza coronavirus. Su invito del presidente, incapace di governare il paese e gestire la dialettica democratica con i ministri messi sempre più da parte, i militari hanno assunto una sorta di tutela mutua nei confronti di Bolsonaro che, in difficoltà, sentendosi in guerra e circondato da nemici, si è affidato all’unica alternativa per rimanere in sella. Convinto che, forse, neanche i militari vorranno assumere una posizione più esposta in quello che sarà probabilmente il peggiore momento della storia brasiliana dal punto di vista economico e sanitario.

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