Il Covid-19 da un lato ha creato numerose problematiche anche agli esports, ma dall’altro ha aperto nuovi scenari di opportunità. Gli sport tradizionali, ad esempio, scelgono di sfruttarli per mantenere coinvolte le proprie tifoserie
Lo sport tradizionale ha subito diversi stop in tutto il mondo a causa dell’emergenza coronavirus: dai campionati di calcio delle varie nazioni agli Europei, dal rinvio del Roland Garros e di Wimbledon, fino alla sospensione di Formula 1, Moto GP e, ancor più eclatante, lo spostamento delle Olimpiadi di Tokyo al 2021. Gli esports, ovvero i videogiochi competitivi, potrebbero apparentemente non riscontrare problemi, trattandosi di competizioni che si disputano online. Un’affermazione vera solo in parte.
Gli esports di alto livello infatti si svolgono attraverso Pc, monitor e console ma in eventi dal vivo che creano un indotto economico particolarmente significativo per tutti gli attori: tournament organizer, squadre e giocatori ma anche sponsor e partner tecnici. Basti pensare alla perdita derivante dall’impossibilità di presentare e vendere il proprio merchandising agli eventi, o la mancata esposizione mediatica di un evento dal vivo che accoglie migliaia di spettatori. Un esempio su tutti, e probabilmente il primo che ha colpito l’Europa, è rappresentato dalle finali mondiali dell’Intel Extreme Masters che ogni anno si disputano nella cittadina polacca di Katowice.
Il 27 febbraio, a meno di 16 ore dall’apertura al pubblico, l’organizzatore ESL era stato costretto dalle autorità polacche a svolgere l’evento a porte chiuse. Un dato su tutti è sufficiente per comprendere la portata di un tale evento non solo sull’ecosistema esports ma sulla stessa città ospitante: nel 2018 il valore pubblicitario associato al torneo di cui ha beneficiato Katowice è stato stimato in 22 milioni di euro derivante sia dall’arrivo di 173mila visitatori in tre giorni che dalla diretta dei match in tutto il mondo.
Il fermo generale dei tornei esports ha sostanzialmente seguito geograficamente la diffusione del virus. Le prime a subire lo stop sono state le competizioni cinesi con la prima e seconda divisone del campionato nazionale di League of Legends, sospese ad appena una settimana dall’inizio. Poi gli Homestand, eventi dal vivo della Overwatch League, insieme alla cancellazione delle finali dei World Electronic Cyber Games di Counter-Strike a Macao. Poi è arrivato il turno del campionato sudcoreano di LoL: prima partito semplicemente a porte chiuse e poi sospeso per due settimane, prima di essere realizzato interamente online.
Via via che la diffusione del virus avanza, con anche i primi casi di contagio tra i giocatori o gli addetti ai lavori, tra cui l’ex storico support dei Cloud9 Daerek “LemonNation” Hart, l’Europa, il Nord America e poi il mondo intero hanno dovuto reinventare il modo di fare esports. Rinviando gli eventi, come fatto con l’ESL One di Rio de Janeiro, Major di Counter-Strike rinviato da maggio a novembre, o modificando radicalmente il modo di trasmettere gli eventi.
La fortuna dei videogiochi competitivi è indubbiamente la possibilità di competere online ma quando si ha la necessità di trasmettere tali partite non sempre è semplice. Sia l’LEC che l’LCS, le competizioni europea e nordamericana di League of Legends, hanno dovuto concludere la stagione con partite online. In questi casi non significa solamente che i player giocano da casa ma che tutto è gestito da remoto: commentatori, analyst, presentatori, regia. E, da non dimenticare, anche i giudici di gara, passati dal ritrovarsi in studio dietro le sedie dei giocatori a casa propria ma in ascolto nelle varie chat vocali delle squadre in modo da verificare in tempo reale l’integrità del campionato e che nessuno sfrutti in modo illecito la modalità online.
Anche in Italia gli esport hanno sofferto problematiche legate all’emergenza da Covid-19. Il PG Nationals di League of Legends, giunto al suo terzo anno, ha dovuto rinunciare a disputare le semifinali e la finale dal vivo al Cartoomics, evento quest’ultimo rinviato al prossimo autunno in concomitanza con la Milan Games Week. Ciò non ha tuttavia impedito all’organizzatore, PG Esports, di proporre uno show di altissima qualità, nonostante le potenziali difficoltà di trasformare un evento ideato per un pubblico dal vivo in uno spettacolo online: spettacolo a cui hanno indubbiamente contribuito anche le due squadre finaliste, YDN Gamers e Racoon, con i primi che si sono aggiudicati il titolo da neopromossi, insieme al titolo di miglior giocatore del torneo e miglior coach del torneo, rispettivamente per Gabriel “Gabbo” Olivieri e Marcello “Ferakton” Passuti.
Lo stop italiano forse più eclatante, in termini di importanza mediatica, è quello della eSerie A Tim, il campionato digitale parallelo a quello reale della nostra classica Serie A. La competizione era pronta a partire sia su FIFA20, pubblicato da Electronics Sports, che su PES2020, targato Konami, con quasi tutti i club ufficiali a eccezione di Napoli e Brescia (con la Juventus che in virtù di accordi commerciali di esclusiva avrebbe partecipato solo a quello di PES2020). Tutto bloccato, quindi: o quasi. Perché lo stop alla partenza del campionato esports, slittata a data da destinarsi, è stata comunque l’occasione per i club, fermi anche sui campi reali, di far conoscere questa loro nuova avventura ai loro tifosi abituali attraverso partite amichevoli online disputate dai rispettivi videogiocatori ufficiali. Come il quadrangolare “Everybody plays home – Waiting for eSerie A” tra Genoa, Fiorentina, Roma e Inter, quest’ultima in collaborazione con Qlash, commentato su Youtube da Ivan “RampageInTheBox” Grieco e Nicolò “Insa” Mirra.
Gli highlights del quadrangolare amichevole tra Genoa, Fiorentina, Roma e Inter
La eSerie A è solo un esempio locale ma possiamo affermare che per l’intero movimento esports la situazione attuale ha rappresentato l’occasione di mostrarsi a un pubblico più vasto e intercettare quegli spettatori che difficilmente avrebbero potuto mostrare interesse. Un’opportunità che anche altri sport hanno seguito, sia quelli tradizionali che quelli moderni come Formula 1 e Moto GP. Entrambi i circus sono al momento fermi, con l’esordio stagionale rinviato a data da destinarsi nell’attesa che la diffusione del virus scemi in tutto il mondo. Ma sia le moto che le auto si sono lanciate in diverse iniziative online, abbracciando ancora di più il fenomeno esports. La Formula 1 ha organizzato, nella data in cui si sarebbe dovuto disputare il Gran Premio del Bahrein, lo stesso GP ma in formato digitale con la presenza sia di piloti esports che di pilito delle scuderie reali tra cui Lando Norris, pilota McLaren, e Nico Hulkenberg, pilota Racing Point. Iniziativa simile per la MotoGP Esports a cui hanno però partecipato solo i piloti ufficiali delle varie scuderie: sul circuito digitale del Mugello davanti a Francesco Bagnaia e Maverick Vinales ha vinto Alex Marquez, fratello del pluricampione Marc Marquez e suo compagno di squadra nella Honda proprio a partire da quest’anno.