La prima zona rossa nella città di Roma è un edificio occupato da oltre 800 migranti, per lo più africani. Si tratta del Selam Palace, in zona La Romanina – periferia est della città – ex sede della facoltà di Lettere dell’università Tor Vergata, dal 2016 punto di riferimento per migliaia di transitanti e non, soprattutto di nazionalità eritrea, somala e sudanese. Qui la Asl Roma 2, competente per quel quadrante capitolino, ha diagnosticato il Covid-19 per il momento a solo due persone, una coppia di coniugi sudanesi: la donna ha manifestato prima alcuni lievi sintomi, poi l’allarme quando l’uomo ha avuto problemi respiratori ed è stato ricoverato al vicino Policlinico Tor Vergata. Al momento, ci sarebbe un terzo caso sospetto, un ragazzo somalo con pregressi problemi cardiaci. Nelle prossime ore sarà inviato il camper con l’equipe medica per svolgere i test sanguigni e i tamponi, così da prevenire la formazione di un focolaio.

La Regione Lazio, di concerto con la Prefettura, ha preferito chiedere l’isolamento della struttura attraverso l’azione dell’Esercito, che ha cintato il perimetro dello stabile. Da giorni, infatti, i volontari delle associazioni che seguono l’occupazione provano a spiegare in tutti i modi quali sono i comportamenti da applicare, ma in tanti casi il messaggio non è stato recepito. “Hanno fatto bene, tanti fanno come gli pare, purtroppo c’è molta ignoranza”, racconta Ibrahim, un ragazzo somalo che vive in un’ala limitrofa a quella dove abita la coppia di sudanesi. Sabato scorso, si era recato nel palazzo occupato per distribuire mascherine anche il cardinale Konrad Krajewski, l’elemosiniere del Papa noto per essere molto sensibile alla tematica dei migranti e dell’emergenza abitativa.

Dall’interlocuzione fra i sanitari e le istituzioni locali emerge, comunque, che “la situazione è sotto controllo”, confidando che l’azione preventiva limiti il contagio. La presidente del Municipio VII, Monica Lozzi, sta coordinando la fornitura di provviste alimentari per le persone che resteranno bloccate nello stabile, grazie alla raccolta di beni primari effettuata dalle associazioni sul territorio. “Sono giorni che solleviamo il tema, ma tutti fin qui hanno chiuso gli occhi”, dice a ilfattoquotidiano.it il mediatore culturale Tareke Bhrane. “Ci sono persone – afferma – uscite dai centri d’accoglienza che finiscono nei palazzi occupati, oppure sono in giro, che non rientrano nel circuito degli aiuti”. A Roma, attualmente, ci sono 78 palazzi occupati abitati da circa 3mila persone, anche se quella del Selam Palace è fra le più popolose.

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