Dalla leggerezza incosciente all’autocensura inconscia: “Così non si fa: si parla troppo. I miei colleghi, come altri protagonisti di questa crisi, sono troppo in tv, troppo a rispondere a domande che spesso sono tranelli. Questo è il momento dei fatti più che delle parole”. Nel profluvio d’interviste, dichiarazioni e interventi sui social media che il sindaco di Milano Giuseppe “Beppe” Sala sta alimentando per far dimenticare come (non) ha affrontato l’inizio dell’emergenza, si nota persino questa perla di sabato 4 aprile, forse partita come stoccata al quasi-sfidante e onni-tele-presente Giulio Gallera.

Tra le parole-parole-parole riversate da Sala in questi giorni c’è tutto e il contrario di tutto, o quasi, soprattutto sul piano delle buone intenzioni relative alla tanto invocata fase 2. Con particolare curiosità, per esempio, il mondo intero sta attendendo l’esito dell’annunciata grande campagna di comunicazione, per cui Sala ha assicurato il coinvolgimento delle migliori menti locali, “da Armani ai rapper”, sic! Il sindaco sogna così di riportare presto a Milano i 10 milioni di turisti del record del 2019, e intanto pensa a tutti i dettagli del caso, compreso come riaprire i teatri e i cinema evitando gli assembramenti e le code per l’ingresso e l’uscita, vedi la prima grande intervista a la Repubblica sul dopo Covid-19.

Già che ha tante idee e tanta buona volontà, Sala potrebbe dedicarsi anche al problema chiave della mobilità urbana, del traffico e dell’inquinamento che mai come in queste ore di emergenza si pone davanti a tutti con l’evidenza brutale del nesso sanitario. Quello che si è fatto finora non basta, anche se la città di Milano era arrivata formalmente vicino all’obiettivo 500/1000 nel rapporto tra auto e popolazione, ovvero un proprietario di auto ogni due residenti. E poi la congestione del traffico automobilistico è destinata casomai a degenerare proprio per l’evidente difficoltà di riorganizzazione del trasporto pubblico in fase di ‘distanziamento sociale’ permanente.

Non ci vuole un genio per capire che la ripresa rischia di alimentare le malattie respiratorie. Si può – anzi si dovrebbe – cogliere l’occasione di questo stop per preparare una città più a misura di pedone e più sensibile alla mobilità dolce. Se guardiamo in parallelo l’Alto Adige, un mondo distante eppure vicino, dove le autorità locali fremono come e ancor più di Sala per essere tra i primi a ripartire, possiamo notare una certa attenzione ad approfittare del momento per insistere sul cosiddetto “modal split” della mobilità, in particolare urbana, con un’ulteriore pianificazione di piste ciclabili e di altre iniziative per incentivare la popolazione a usare le due ruote ecologiche.

Ho colto molto spesso le occasioni per criticare l’eccesso ‘distrut-turistico’ dell’Alto Adige, anche di recente, perciò ora fa piacere segnalare invece come un esempio questa volontà positiva di addolcire la mobilità cogliendo proprio l’opportunità dell’emergenza Covid-19. Nella speranza che possa interessare ovviamente anche ai Sala e ai Gallera, che magari una telefonata a Bolzano la possono pure fare facilmente (tra l’altro l’assessore alla mobilità Daniel Alfreider è un ladino dell’Alta Badia e quindi ha una certa dimestichezza anche con la nostra lingua).

Sì, è vero: adesso più che mai servono fatti, non parole. Ma per la tanto sospirata “Fase 2” ci sarà tanto da pedalare. Tutti, di più, per davvero.

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