Un giovane paziente mi scrive: “Se questa è la fine del mondo, fa proprio schifo”. In effetti quando avevamo immaginato la fine della razza umana apparivano nei film o nei libri scenari apocalittici con una terra desolata post nucleare o post asteroide.

La natura intorno a noi invece sembra, in questo inizio di primavera, bellissima. Il clima è dolce, i prati sono in fiore. Senza tanto inquinamento, traffico e intervento umano, il paesaggio pare idilliaco. Capiamo che la terra potrebbe fare a meno della nostra razza e che molte specie, sia vegetali che animali, ne trarrebbero vantaggio. Da un punto di vista psicologico per noi anziani è quasi dolce naufragare in questo mare di malinconia, mentre per i giovani si determina un’esuberanza, per ora tenuta a freno che, però, potrebbe ben presto sfociare in ribellione e rabbia.

Per quanto riguarda la chiusura sociale e produttiva, non ritengo utile trattare allo stesso modo l’anziano, come me, e il giovane. L’anziano ha molti rischi per la salute dal contagio da coronavirus, ha solitamente un’indole più pacata, può trarre piacere da una vita casalinga e maggiormente ritirata. Il giovane, per sua natura, è esuberante, morde il freno e avverte la necessità di esprimere le sue potenzialità, oltre ad avere scarsi rischi legati all’infezione. Ho timore che, se imponiamo in modo indiscriminato la chiusura di ogni attività, i giovani comincino a soffrirne molto e siano facile preda della loro voglia di fuggire o trasgredire agli ordini.

Non vorrei che dopo la fase di allarme, in cui tutti ci siamo uniformati alle direttive, inizi fra i giovani una sorta di rivolta contro le restrizioni. Il rischio che cominci a trapelare insofferenza sociale contro limitazioni uguali per tutti, unita alle difficoltà economiche, pesanti per i ragazzi che, mediamente, non hanno il gruzzoletto da parte, può condurre alla rabbia che rischia di incanalarsi in atteggiamenti di rivolta.

Ritengo sia utile cominciare a pensare a bandi rivolti a fasce di età, per riaprire servizi e attività importanti per la società e poter dare ai giovani sfogo alla loro esuberanza e alla loro giusta necessità di autorealizzazione. Il rischio che fra loro si determini un aumento dei contagi indubbiamente esiste, ma è più bassa la probabilità di complicazioni gravi.

Inoltre potrebbe essere utile, anche sul versante sanitario, che si costituisse una fascia di età che ha contratto il virus e ormai è parzialmente immune. Per evitare che i giovani infettino i loro genitori, fino a che non hanno passato la malattia e risultano immuni, si dovrebbe garantire a coloro che vivono ancora in casa un alloggio negli alberghi, ora desolatamente vuoti. Quindi ad esempio istituire un bando nazionale per giovani che vogliano andare a raccogliere la frutta o la verdura, con la possibilità di alloggiare negli alberghi della zona.

Il suggerimento è quello di permettere ai ragazzi di svolgere lavori in fabbriche, officine, uffici, luoghi di assistenza e altro, a patto che vadano lontano dai genitori in albergo o in case in affitto. Insomma dare la possibilità, su base volontaria a una fascia di età, inizialmente compresa fra i 20 e i 40 anni, di risultare utile e produttiva, in anticipo rispetto ai severi tempi della quarantena.

Questa apertura, che potrebbe essere programmata a breve, farebbe sbollire la rabbia emergente e l’insofferenza che rischia di prendere piede nella nostra gioventù.

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