È ora di ricambiare. Così si è rivolto il Presidente del Portogallo Marcelo Rebelo de Sousa alle banche lusitane, che negli ultimi 13 anni hanno beneficiato di 25 miliardi di euro di aiuti pubblici, circa il 10% del Pil, dopo la profonda crisi economico-finanziaria e il terremoto del settore del credito che ha colpito il Paese. Una proposta che, nonostante le prime aperture degli istituti bancari, non sarà così semplice da portare a compimento. Le banche temono di ricadere nel domino dei crediti inesigibili che ha portato buona parte del comparto a fallimenti e ristrutturazioni, e chiedono invece aiuto al governo e all’Unione Europea per stimolare l’economia e rendere solvibili i loro debitori.
Con l’economia di fatto congelata, il Presidente della Repubblica ha chiesto alle banche di “rendere indietro ai portoghesi” il supporto che hanno avuto durante il passato decennio. “Ciascun portoghese ha contribuito a rendere sostenibili le banche. Sapendo che le banche si sono stabilizzate, questa è un’occasione per restituire ai portoghesi quello che è stato fatto”. Dopo un appello iniziale nell’ultimo fine settimana, lunedì Marcelo Rebelo de Sousa ha incontrato in conferenza i presidenti delle cinque banche maggiori: Caixa Geral de Depósitos, Millennium/Banco Comercial Português, Novo Banco, Santander e Banco Português de Investimento.
Al termine delle consultazioni il Presidente si è detto fiducioso della collaborazione, convinto che “il settore bancario stia seguendo la realtà del Paese da molto vicino”. Quanto hanno ricevuto le banche portoghesi negli ultimi anni? I dati della Banca centrale mostrano che tra il 2007 e il 2018 gli istituti lusitani hanno ricevuto 23,8 miliardi di euro, una cifra che si aggira attorno al 10% del Prodotto interno lordo. A questi valori vanno aggiunti 1,15 miliardi che nel 2019 il Fondo di Risoluzione ha concesso a Novo Banco, per un totale di 24,95 miliardi di euro. Nel 2020 Novo Banco ha chiesto ulteriori 1,037 miliardi al Fondo di Risoluzione, che se dovessero essere trasferiti porterebbe l’ammontare delle risorse pubbliche ricevuto dalle banche portoghesi a 25,98 miliardi di euro.
In alcuni casi questi capitali sono rientrati. Nel 2012 Millennium/BCP aveva ricevuto un aiuto di 3 miliardi di euro, poi restituito insieme a 1 miliardo di interessi. Oppure gli 1,5 miliardi ricevuti dal Banco Português de Investimento, rientrati con un guadagno dello Stato di 100 milioni di euro. Per la maggior parte, però, sono stati utilizzati per far fronte a una crisi sistemica molto profonda, in alcuni casi riuscendo a permettere il salvataggio, in altri costringendo a fallimenti e ristrutturazioni. Caixa Geral de Depósitos, la seconda banca portoghese e la maggiore banca pubblica – paga dunque i dividendi allo Stato – è l’istituto ad aver ricevuto i maggiori aiuti, con una serie di ricapitalizzazioni per un totale di 6,25 miliardi di euro. Al Banco Português de Negócios andarono invece 5 miliardi, ma non sopravvisse alle accertate irregolarità e ai perversi legami politici che coinvolsero finanche l’allora presidente del Paese, Cavaco Silva.
La banca, nazionalizzata, fu poi venduta al Banco BIC dell’Angola per 40 milioni di euro. Destini difficili anche quelli di Banco Espirito Santo (BES) e Banco Internacional do Funchal (Banif), entrambi passati per le forche caudine della nazionalizzazione prima della creazione di banche-ponte e “bad bank” in cui far confluire le perdite. Nel caso del BES le attività salvate furono trasformate in quello che oggi è Novo Banco che, al di là degli aiuti richiesti negli ultimi 15 mesi, vide il coinvolgimento dello Stato per 4,33 miliardi di euro. Banif, invece, beneficiò di 3,355 miliardi di euro, ma a dicembre 2015 vide vendere i propri attivi a Banco Santander per 150 milioni di euro.
Dal canto loro, le banche hanno promosso un comunicato congiunto in cui hanno espresso un “impegno inequivocabile nel supportare l’economia portoghese”, tuttavia senza pregiudicare “il necessario rigore” e “mettere a repentaglio gli interessi e la sicurezza dei depositanti”. Una serie di condizionalità che rendono l’obiettivo del Presidente di non semplice realizzazione. E infatti non deve essere stato agevole l’incontro con il presidente dell’associazione bancaria, l’Abi portoghese, in programma martedì, insieme a una consultazione con la Banca centrale. Nonostante le assicurazioni offerte al capo dello Stato, il settore bancario è ancora scottato dall’esperienza dell’ultimo decennio e potrebbe non mollare facilmente la presa.
Prima del confronto con Marcelo Rebelo de Sousa, il presidente dell’Associação Portuguesa de Bancos, Fernando Faria de Oliveira, ha chiesto a gran voce al governo e all’Unione Europea di stimolare l’economia per evitare un nuovo effetto domino sui prestiti in pancia agli istituti. Il comparto ha portato, secondo le ultime stime di dicembre, il totale dei propri non-performing-loans a 17,2 miliardi di euro, dopo un picco di 50 miliardi del giugno 2016. Quattro anni fa i crediti inesigibili rappresentavano il 17,9% del totale, oggi sono al 6,1%, il doppio della media europea. “È cruciale adottare misure per mitigare gli effetti di questa situazione sanitaria sulla capacità delle aziende e delle famiglie di continuare a poter garantire i pagamenti delle loro responsabilità creditizie”, ha detto Fernando Faria de Oliveira.