Calcio

Il vangelo (del calcio) secondo Ezio Glerean: i giocatori fanno le squadre, il tecnico va in tribuna. Unica regola: la libertà di divertirsi

L'ex tecnico di Palermo, Padova, Venezia e Cittadella dopo esser stato uno degli allenatori più innovativi degli ultimi decenni, da qualche tempo è tornato ad allenare a Marostica, dove la sua carriera era iniziata. I suoi insegnamenti sono un inno alla fantasia: libertà in campo per essere ordinati nella vita. E il metodo funziona. "L’allenatore può educare, ma se non appassioni i giocatori, non riesci ad insegnare nulla" dice a ilfattoquotidiano.it

Due ragazzini con qualche anno di differenza fanno il gioco di Pari o dispari. Poi scelgono via via i componenti delle proprie squadre. Non è l’oratorio e neanche una partita che si gioca per strada. È quello che accade tutti i giorni, prima dello stop dovuto al coronavirus, sul campo in erba sintetica di Marostica. Nel terreno verde non c’è traccia dell’allenatore, che segue tutto dalla tribuna assieme ad alcuni genitori. I calciatori vengono lasciati liberi di giocare per dare spazio alla loro fantasia e imparare attraverso questa autogestione a responsabilizzarsi. Dietro a questo progetto c’è un uomo che negli anni Novanta e Duemila è stato uno degli allenatori più innovativi del calcio italiano. Ezio Glerean ha deciso di smettere col professionismo qualche anno fa, tornando ad allenare nel vicentino tra i Dilettanti, seguendo tutto il settore giovanile della Marosticense. Proprio dove aveva iniziato il suo percorso.

Nel 1987 Glerean chiuse la carriera di calciatore col Bassano. In mente aveva già l’idea di fare l’allenatore. Nel frattempo si era innamorato di una ragazza olandese, arrivata in Italia per imparare la lingua e conoscere l’arte del nostro Paese. Quell’estate la passerà a casa dei futuri suoceri ad Amsterdam. La vera fulminazione di Glerean fu per Johan Cruijff. Quando tornò in Italia, iniziò ad allenare la Marostincense. I suoi ragazzi di allora sono i dirigenti e i genitori di oggi. Ecco perché due anni e mezzo fa è tornato qui dove era stato felice. “I due capitani che fanno le squadre – racconta Glerean – spesso si lasciano fuori dai titolari perché capiscono che sono meno bravi degli altri. In questo modo lo percepiscono anche i genitori e non fanno polemiche. È sbagliato dire fuori i genitori dal calcio giovanile, i genitori servono, devono essere presenti ma andare eventualmente educati”.

Qui il campo è aperto sette giorni su sette. Un giovane calciatore può presentarsi anche tutti i giorni per giocare, troverà sempre un tecnico che li segue e altri compagni non necessariamente della stessa categoria. Se non è casa a curare l’orto e il giardino, Glerean c’è. “I ragazzi sono tutti di Marostica, nessuno viene da fuori comune. I pulmini delle scuole calcio sono la rovina dei settori giovanili. Fanno perdere tempo e voglia ai ragazzi e soldi alle società. Qui ci sono dei giovani calciatori che si allenano cinque volte alla settimana e questo per la loro crescita fa la differenza, affrontano compagni che hanno anche quattro anni in più ma quelli più bravi emergono comunque. Come capitava una volta negli oratori”. Ma non sembra un atteggiamento fuori moda quello di Glerean. La Marosticense ha strutture all’avanguardia, il campo è in sintetico, c’è una piccola palestra, nel weekend viene attivata una telecamera che riprende tutte le gare. È in programma di creare anche una clubhouse, dove si possa studiare e fare i compiti durante il pomeriggio degli allenamenti.

“A tredici anni abbandonano questo sport troppi calciatori. Perché non si divertono, perché non fanno cose che li appassionano. A Marostica no, oppure smette chi è meno bravo. L’allenatore può educare, ma se non appassioni i giocatori, non riesci ad insegnare nulla. Scegliere vuole dire emozionare. Ecco perché sono i ragazzi che fanno la formazione anche per la partita del weekend. In panchina va da regolamento un dirigente, ma l’allenatore rimane in tribuna a guardare”. Quindi non deve esserci competizione nei vivai? “Al contrario. Tutto deve essere competizione. La partitella, le esercitazioni, gli esercizi. Bisogna trovare un modo per dare sempre un punteggio ad ogni attività. È sbagliatissimo che nelle categorie più piccole non ci sia la classifica. La sconfitta deve essere una cosa normale. I pulcini quando perdono 10-0, alla fine della partita giocano con una lattina di coca-cola in parcheggio senza farsi troppi problemi. Poi in settimana sono comunque loro a fare la classifica con carta e penna”. Questo di Glerean è un progetto innovativo, che ha poco sia delle scuole calcio e dei settori giovanili dei grossi club e altrettanto poco dei vivai delle piccole società di paese. “Quando ai ragazzi si dà libertà in campo e poche altre regole, a casa poi migliorano: sono più ordinati, precisi, disciplinati in tutte le attività”. Tra i 300 iscritti, la Marostincese ha tanti bravi giovani calciatori. Uno del 2000 e un altro del 2002 sono molto vicini a passare al Cittadella.