Aiuto, arriva la patrimoniale! Un urlo sofferente si alza nell’opinione dei più. Possiamo noi italiani contribuire in ragione delle nostre possibilità al sostegno di un Paese in ginocchio? Dovremmo noi, secondo la ricchezza di ciascuno sostenere le enormi spese a cui il sistema pubblico è chiamato a far fronte? La logica direbbe di sì. Se c’è una situazione eccezionale si prevede una risposta eccezionale. Se le casse pubbliche avranno meno entrate fiscali (in tanti non pagheranno o verseranno assai meno perché il loro reddito sarà ridotto o azzerato) e molte uscite straordinarie cosa si fa? Gli eurobond, sui quali pure il governo si mostra fermissimo a richiederli, non dobbiamo scambiarli per la porta del paradiso. Sono titoli di debito. Soldi che chiederemo in prestito agli investitori di tutto il mondo. Il disaccordo in Europa è sulla condivisione del prestito, sul fatto cioè che non tanti Paesi europei vogliono, come noi chiediamo, farsene garanti: uno per tutti e tutti per uno, qualora il debito non fosse onorato. Ma in ogni caso quei soldi saremo tenuti a restituirli. Ciascuno si paga il suo debito. Non c’è mica il mago a farlo al nostro posto? E il debito dell’Italia lo dovranno pagare gli italiani versando le tasse che – immagino – nel prossimo futuro di certo non diminuiranno.

Dal momento che storicamente la virtù di essere in regola col fisco è divenuto un vizio di pochi, una parte dell’Italia le paga e un’altra Italia no, il carico fiscale futuro sarà prevedibilmente altrettanto diseguale.

Dunque chiedere, come timidamente propone il Pd e contro cui già si è levato lo sdegno dei più, ai ceti abbienti (coloro che dichiarano un reddito superiore agli ottantamila euro l’anno) di contribuire in misura straordinaria e progressiva alla “una tantum” mi parrebbe una misura giusta, tollerabile, logica. Tassare il patrimonio, invece che il reddito, farebbe venire alla luce i furbi del 740: coloro che dichiarano poco o nulla ma posseggono molto o moltissimo.

Chi più ha più dà. O no?

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