Thierry Fremaux mette la parola fine a qualunque congettura su un’edizione della kermesse in versione streaming: "I registi dei film sono guidati dall’idea di mostrare le loro opere su un grande schermo e condividerli con altri in eventi come un festival, non per far finire i loro lavori su un iPhone"
Cannes non sarà mai un festival virtuale. Thierry Fremaux mette la parola fine a qualunque congettura su un’edizione del Festival di Cannes in versione streaming. E lo fa in un’intervista a Variety dove ricorda che questa modalità poco fruibile fisicamente con sala, code, poltroncine, braccioli e schermo gigantesco, “per Cannes, la sua anima, la sua storia, la sua efficienza, è un modello che non funzionerebbe”. Nonostante diverse realtà festivaliere minori stiano comunque ricorrendo alla formula streaming Fremaux si chiede: “Che cos’è un festival digitale? Una competizione digitale? Dovremmo iniziare chiedendo ai titolari dei diritti se sono d’accordo”. Insomma c’è la ricerca di una sponda in un momento complicatissimo dove sembra ulteriormente complicato prendere decisioni definitive senza tirare in ballo soggetti e colleghi a dare supporto. Fremaux continua riflettendo su come potrebbe essere vedere su uno schermo del pc i film di Wes Anderson, Paul Verhoeven, Top Gun 2 o Soul della Pixar “altrove invece che in sala”. “Questi film – spiega – sono stati posticipati nelle loro uscite per essere proiettati su un grande schermo; perché dovremmo mostrarli prima su un dispositivo digitale?”. Chiaro insomma che in piena emergenza Coronavirus il direttore artistico di Cannes sveli una fetta consistente di line-up che, rifacendosi alle ultime affermazioni ufficiali avute tramite nota stampa del festival, si dovrà vedere tra fine giugno/inizio luglio.
“I registi dei film sono guidati dall’idea di mostrare le loro opere su un grande schermo e condividerli con altri in eventi come un festival, non per far finire i loro lavori su un iPhone”, ha continuato Fremaux non nuovo a polemizzare con la tendenza dell’affermarsi di produzioni nate direttamente con investimenti di Netflix, Amazon e compagnia pronti direttamente per lo streaming. Una polemica che ha visto Cannes da diversi anni “resistere” alle nuove sirene del digitale (“non selezioniamo film che non verranno mostrati in sala”), mentre Venezia “capitolare” lasciando addirittura che un film come Roma di Alfonso Cuaron vincesse il Leone d’oro senza avere una distribuzione classica nelle sale. “Se tutti i festival vengono cancellati – sembra come mettere le mani avanti modello muoia Sansone con tutti i filistei – dovremo pensare a un modo per mostrare i film, per evitare di perdere un anno, ma non penso che un’alternativa precaria e improvvisata di Cannes o Venezia sarebbe la soluzione”.
Il fraseggio impostato da Fremaux è diretto ad Alberto Barbera che alcuni giorni fa ha dichiarato all’Ansa che ad oggi il lavoro di selezione per la prossima mostra del cinema di Venezia (settembre 2020) rimane inalterato. “Da parte nostra continuiamo a lavorare esattamente come gli anni scorsi. Mancano ancora due mesi e davanti ci sono tre scenari possibili” – ha affermato Barbera -, “quello più pessimistico con la pandemia ancora attiva, che ci costringe a prendere un bell’anno sabbatico e mettere questa edizione 2020 tra parentesi. C’è poi lo scenario più ottimista, la pandemia si arresta e tutto torna come prima, e infine quello intermedio, che prevede dei vincoli che ora non possiamo prevedere e con i quali ci dovremo confrontare. Insomma entrambe sono variabili non da poco che richiederanno decisioni condivise, ma di fronte a dati certi. E questo prima di fine maggio”. Tempo in cui, sia detto per inciso, su Cannes 2020 spostata fine giugno si avrà già un verdetto definitivo.