Dopo aver lanciato a fine marzo una gara d’appalto per l’identificazione delle tecnologie atte a tracciare e monitorare i contagi da Coronavirus, il Ministro per l’Innovazione Paola Pisano ha da poco relazionato sul tema, indicando le sette condizioni fondamentali stabilite per lo sviluppo dell’app, con un forte accento su sicurezza e, soprattutto, anonimità dei dati. L’argomento infatti è assai delicato perché è necessario contemperare il diritto alla privacy dei cittadini con la necessità di dotarsi di uno strumento efficace per comprendere meglio l’andamento dei contagi, in modo da prevenirne le cause.

Una commissione di 74 esperti ha esaminato le proposte pervenute per il bando e, dopo aver effettuato una prima selezione, ha stilato due relazioni, rispettivamente su privacy e aspetti tecnico-realizzativi. Dalla prima in particolare, emergono sette linee guida che tratteggiano con precisione le caratteristiche che l’app dovrà avere. L’obiettivo principale comunque non è quello di localizzare i cittadini, come avvenuto altrove, ma più che altro di poter tracciare una mappa degli spostamenti e dei contatti, per evidenziare le dinamiche mantenendo al contempo l’anonimato per gli utenti.

Ecco dunque che al contact tracing basato sui dati GPS degli smartphone, utilizzato ad esempio in Corea del Sud, si è sostituito un più accettabile proximity tracing che, tramite connessione bluetooth, consentirebbe di ricostruire una mappa di prossimità fra cittadini, ovviamente tra quelli che hanno l’app installata e il modulo Bluetooth attivo, così da capire chi eventualmente entra in contatto, a che distanza e per quanto tempo, con una persona positiva, per poterla eventualmente avvisare del potenziale pericolo per se stessa e per gli altri.

Il Ministro per l’Innovazione, Paola Pisano

La prima caratteristica, dunque, è quella della volontarietà dell’adesione: solo chi vorrà infatti installerà l’app e attiverà il modulo Bluetooth. Il Ministro Pisani ha comunque sottolineato che sarà necessario che almeno il 60% della popolazione italiana installi l’app, o i dati raccolti saranno statisticamente irrilevanti. Volontarietà sì quindi, ma anche disponibilità a collaborare per contenere il contagio.

La trasparenza sarà poi un’altra caratteristica fondamentale, per assicurare ai cittadini che i dati raccolti saranno utilizzati effettivamente solo per scopi sanitari. Per questo il Ministro ha già chiarito che i dati saranno gestiti da uno o più soggetti pubblici, in una formula ancora da stabilire, ma che sia garanzia di assenza di secondi fini commerciali. Il codice dell’app inoltre dovrà essere di tipo open source e disponibile pubblicamente, in modo che ciascuno possa analizzarlo e studiarlo nel dettaglio.

L’anonimato dei dati raccolti è poi un altro nodo cruciale per la realizzazione dell’app, visto che sul tema in Europa c’è una sensibilità assai diversa rispetto alla Cina o anche solo alla Corea del Sud. L’app dovrà quindi utilizzare i metodi e le soluzioni tecnologiche più adatte a rendere i dati raccolti completamente anonimi e non associabili ai singoli utenti, adottando anche soluzioni che prevengano eventuali re-identificazioni a posteriori, ad esempio variando il codice che l’applicazione assegna a ogni utente anonimo. Inoltre, raggiunti gli scopi prefissati inizialmente, tutti i dati dovranno essere cancellati a titolo definitivo da qualsiasi database, ad eccezione ovviamente di quelli in forma aggregata e anonima, che potranno essere utili a fini di studio.

Infine, è ovvio che, dopo aver garantito tutto ciò, l’app debba risultare effettivamente efficace nel fornire dati affidabili, in modo da giustificare anche la minima compressione delle libertà civili e individuali garantite dalla Costituzione a tutti i cittadini italiani, un po’ come avviene già attualmente con i DCPM che hanno imposto delle restrizioni alle libertà personali, in vista di un obiettivo superiore, ovvero garantire sicurezza e salute all’intera popolazione italiana.

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