di Dario Immordino*
In uno dei momenti più difficili della storia recente i poteri pubblici hanno generato un incessante e disordinato accavallarsi di provvedimenti che hanno modificato, integrato abrogato quelli precedenti, attraverso una fitta trama di disposizioni caratterizzate da linguaggio prettamente burocratico, da numerosi richiami e rimandi ad altre norme e da ermetiche locuzioni come “sono abrogate le norme precedenti qualora incompatibili con la presente”.
Decreti del presidente del Consiglio dei ministri, decreti ministeriali, ordinanze della Protezione civile e dei Ministeri competenti a gestire specifici aspetti dell’emergenza (sanità, ordine pubblico ecc), ordinanze regionali e comunali hanno prodotto un intreccio inestricabile di norme scarsamente intelligibili e non coordinate, e un disordinato sovrapporsi di adempimenti, eccezioni e limitazioni.
Quattro modelli diversi di autocertificazione in neanche 20 giorni oltre a quelli specifici di singole regioni (Sicilia ad esempio), una disciplina ramificata ed eterogenea delle attività consentite e delle relative limitazioni e l’intricata matassa di disposizioni che ha disciplinato ogni aspetto della quotidianità hanno generato una babele normativa difficile da dipanare, che ha dato vita ad una disciplina disomogenea nei diversi ambiti territoriali.
Cittadini ed imprese sono costretti ad una proibitiva attività di decodificazione del linguaggio burocratico e di coordinamento delle numerose “disposizioni antivirus” statali e regionali per comprendere il perimetro entro il quale è consentito allontanarsi dall’abitazione ed il limite della “prossimità” per l’attività fisica e l’uscita con il cane, per coordinare il reticolo di divieti, limitazioni ed eccezioni ed individuare le norme applicabili nel proprio territorio e quelle che devono ritenersi abrogate perché incompatibili con le nuove disposizioni.
La normativa nazionale ha consentito ad avvocati, commercialisti ed altri professionisti di continuare la loro attività, alcune ordinanze regionali (Piemonte e Lombardia) l’hanno limitata agli appuntamenti “indifferibili” dettati dalle scadenze; le ordinanze locali autorizzano la raccolta dei rifiuti a Milano senza limitazioni mentre il decreto della presidenza del Consiglio la assoggetta a consistenti limitazioni (legate ai codici Ateco), le disposizioni statali consentono l’apertura di supermercati per tutta le settimana, alcune ordinanze regionali (Sicilia, Emilia Romagna ecc) impongono la chiusura domenicale, Sicilia e Campania prescrivono l’isolamento fiduciario per chi entra nei rispettivi territori, la Sicilia ha preteso stringenti controlli sugli accessi e introdotto divieti e limitazioni alle attività motorie, con relative eccezioni.
Il complesso puzzle di regole contrastanti, deroghe ed eccezioni ha determinato prassi applicative differenziate e disordinate (attività commerciali aperte di domenica in ottemperanza alla normativa statale ed altre chiuse in forza di quella regionale), penalizzando alcuni dei destinatari dei divieti e favorendo quelli che hanno utilizzato l’incertezza come scudo contro possibili sanzioni.
Questa difficile situazione è determinata da una pluralità di cause: la spiccata attitudine per la complicazione burocratica che da sempre contraddistingue i poteri pubblici italiani, la concezione di autonomia come libertà di derogare alle regole “degli altri” e di imporre la propria visione politica e filosofia di governo, la persistente incertezza delle competenze di Stato e Regioni ed il proliferare dei conflitti in materia particolarmente sensibili e strategiche: ordine pubblico e sicurezza, professioni, tutela della salute, protezione civile, grandi reti di trasporti e di navigazione, produzione, trasporto e distribuzione dell’energia.
La Costituzione, per prevenire simili situazioni, enuncia i principi di buon andamento dei poteri pubblici, imparzialità, legalità, unità della Repubblica ed uniformità sull’intero territorio nazionale dei livelli essenziali dei diritti civili e sociali: principi e valori che costituirebbero il vaccino e l’antidoto contro il virus della burocrazia e della conflittualità tra le istituzioni pubbliche.
Tuttavia i principi di legalità, trasparenza e semplificazione, quotidianamente proclamati da vertici politici e burocratici delle istituzioni, hanno dovuto cedere il passo alla propensione a conseguire gli obiettivi delle politiche pubbliche attraverso la moltiplicazione di norme, apparati burocratici, adempimenti, controlli.
I principi di unità della Repubblica e uguaglianza sono stati drasticamente ridimensionati a causa del protagonismo di governatori e sindaci e della distrazione ed arrendevolezza del governo nazionale che, per risolvere ogni possibile conflitto con le Regioni, anziché coinvolgerle nell’elaborazione delle soluzioni più adeguate tenendo conto delle specifiche esigenze, ha autorizzato espressamente le misure regionali più rigorose di quelle nazionali, attraverso un generale “liberi tutti” che ha consentito ad ogni governatore di strutturare il proprio autonomo sistema di gestione dell’emergenza sanitaria, economica, sociale e di ordine pubblico, anche a prescindere da effettive esigenze di differenziazione rispetto al regime comune.
Una simile situazione suscita fondati timori per la gestione delle misure anti-recessione indispensabili per salvaguardare l’occupazione, stimolare il sistema produttivo, garantire le prestazioni sociali fondamentali, tutelare gli ampi strati di popolazione danneggiati dall’emergenza.
Il dl Cura Italia necessita di oltre 30 decreti per la sua attuazione e di una serie innumerevole di adempimenti e passaggi burocratici di competenza di amministrazioni statali, regionali e locali, per l’erogazione dei 100 milioni di euro garantiti dal governo per l’accesso alimentare alle famiglie bisognose, dei vari bonus e voucher e per l’attivazione della cassa integrazione ecc.
Inoltre per evitare una massiccia perdita di posti di lavoro e di capacità produttiva delle imprese è indispensabile programmare la fase post emergenziale del lento ritorno alla normalità creando le premesse per l’attivazione di un solido processo di ripresa economica.
La recessione che minaccia drammatiche riduzioni del Pil e dei fatturati delle attività produttive può essere affrontata solo adottando una nuova formula di autonomia fondata su una responsabile capacità di autogoverno in una prospettiva di leale collaborazione con lo Stato, indispensabile per strutturare efficaci politiche economico sociali, recuperare le risorse necessarie a finanziare le prestazioni essenziali e colmare il gap strutturale ed infrastrutturale regionale, rimuovere gli ostacoli burocratici alle attività economiche garantire l’efficienza dell’intervento pubblico nei settori fondamentali dell’economia e della società, dalla sanità alla scuola, dall’Università alle infrastrutture al governo locale.
* dottore di ricerca in Diritto comunitario ed interno