Un contributo di solidarietà per il 2020 e il 2021 a carico dei cittadini con redditi superiori a 80mila euro che dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 1,3 miliardi annui da porte utilizzare per combattere la povertà generata dall’emergenza coronavirus. È la proposta contenuta in un emendamento annunciato dal Pd alla Camera come proposta di modifica al decreto Cura Italia, “in piena sintonia con il partito”, scrivono in una nota i deputati democratici Graziano Delrio e Fabio Melilli. Ma dopo le critiche dell’opposizione e della stessa maggioranza, a partire dal M5s, è lo stesso Nazareno a prendere le distanze, parlando di una proposta “autonoma del gruppo parlamentare”. Il partito “era a conoscenza del fatto che c’era una discussione all’interno del gruppo su questo tema”, spiegano sempre dalla sede del Partito democratico, sottolineando in generale il fatto che “non è certo uno scandalo” che in un momento come questo si pensi “a chi è più in difficoltà“. A mettere la parola fine su ogni velleità della proposta sono arrivate poi le parole del premier Giuseppe Conte durante la conferenza stampa in cui ha annunciato la proroga delle misure restrittive fino al 3 maggio: “Il governo non ha fatto propria nessuna proposta di patrimoniale, né è all’orizzonte. Ne ho sentito per la prima volta oggi”.

M5s: “Mai una patrimoniale” – Oltre alle proteste dell’opposizione, a prendere le distanze sono anche le altre componenti della maggioranza. “È una loro iniziativa”, chiarisce all’Ansa il capo politico M5s Vito Crimi. “Noi con garbo e spirito unitario abbiamo proposto ai parlamentari di tagliarsi lo stipendio, cosa che il M5s già fa senza ricevere risposta. Ora non è il momento di chiedere ulteriori sacrifici agli italiani, rimaniamo contrari a qualunque forma di patrimoniale”, aggiunge Crimi. “Le risorse – dice – le dobbiamo trovare dentro il Paese, ridiscutendo interventi non necessari come la Tav e attraverso l’Europa, con strumenti nuovi e realmente efficaci”. Sono subito arrivati anche i veti dei renziani, a partire da Luciano Nobili e Silvia Fregolent: “In una vera e propria emergenza liquidità chiedere soldi agli italiani è una follia“.

L’emendamento Pd al Cura Italia – Nel dettaglio la proposta dem prevede un contributo dal 4% all’8%, per cinque fasce di reddito, dagli 80mila euro a oltre un milione di imponibile Irpef, per un totale di 800mila contribuenti. Il contributo, deducibile dal reddito complessivo, sarebbe del 4% oltre 80.000 euro, del 5% oltre 100.000 euro, del 6% oltre 300.000 euro, del 7% oltre 500.000 euro, dell’8% oltre un milione di euro. In base alla tabella che accompagna il testo, sarebbero 110 euro l’anno per 200mila contribuenti che guadagnano sopra gli 80mila euro (200 euro lordi, ma con la possibilità di dedurre 90 euro). Per chi ha redditi tra 90mila e 100mila euro il contributo sarebbe di 331 euro al netto della deducibilità. Fino ai 54mila euro annui che verrebbero chiesti ai 796 contribuenti che dichiarano più di un milione.

Famiglie “senza risorse sufficienti” – “La crisi economica, determinata dalla pandemia, ha fatto emergere e accentuato situazioni di povertà“, scrivono in una nota il capogruppo democratico alla Camera Delrio e il capogruppo in Commissione Bilancio Melilli. “Ci sono famiglie che in questi giorni non hanno risorse sufficienti per provvedere all’acquisto nemmeno dei beni di prima necessità: c’è un rischio povertà per un ulteriore milione di bambini. Un primo intervento è stato messo in campo dal Governo che ha stanziato 400 milioni di euro perché i Comuni possano cominciare a dare risposte. Tutti i Sindaci, di ogni appartenenza politica, segnalano la grande quantità di richieste che vengono presentate da famiglie in difficoltà”. Per questo il Pd “ritiene opportuno che venga introdotto nel provvedimento che arriva ora alla Camera un contributo di solidarietà a carico dei redditi più elevati, da destinare a tutti coloro che versano in situazioni di povertà a causa della crisi o in situazioni di grave difficoltà per la perdita completa del reddito come i giovani lavoratori autonomi“.

Italia Viva: “Una follia” – Oltre al no secco arrivato dai Cinquestelle direttamente per bocca del capo politico Crimi, all’interno della maggioranza c’è già il veto di Italia Viva. “Nel momento in cui il Paese versa non solo in uno stato di emergenza sanitaria, ma in una vera e propria emergenza liquidità chiedere soldi agli italiani è una follia“, dice il renziano Luciano Nobili. “Nel momento in cui le misure che abbiamo previsto dai 600 euro alla cassa integrazione ancora non sono arrivati agli italiani gli chiediamo soldi?”. “Questo è il momento in cui bisognerebbe ridurre la pressione fiscale. Almeno durante l’emergenza sanitaria e la crisi economica giù le mani dalle tasche degli italiani”, conclude.

Le critiche dell’opposizione – Mentre dall’opposizione il primo a reagire il deputato di Forza Italia Giorgio Mulé: “Ecco servita l’anticamera della patrimoniale“, replica. “Incapaci di mettere soldi nelle tasche degli italiani per fronteggiare l’emergenza, ecco che il Partito democratico getta la maschera e si prepara a fare quel che meglio gli riesce: mettere le mani nelle tasche degli italiani”, scrive in una nota il deputato di Forza Italia. “Il Pd dichiara che ci vuole una tassa patrimoniale sugli Italiani: questi sono matti! Li fermeremo, promesso”, scrive su Facebook il leader della Lega Matteo Salvini. Il capogruppo di Fdi alla Camera, Francesco Lollobrigida, parla di “una sorta di ‘Covid-Tax‘ sulla pelle dei cittadini per coprire la mancanza di disponibilità alla solidarietà dei partner europei e il completo fallimento della trattativa Eurobond”.

Melilli (Pd): “Chiesta solidarietà a ricchi, non tassa a italiani” – “Credo non ci sia nulla di più strumentale che scambiare la opportuna e necessaria solidarietà che si chiede alle classi dirigenti e in primis alla politica e a chi ha redditi molto elevati, con chissà quale volontà perversa di tassare gli italiani“, replica Fabio Melilli, capogruppo Pd in commissione Bilancio alla Camera. “Non crediamo ci sia nulla di straordinariamente scandaloso se viene chiesta qualche decina di migliaia di euro a chi guadagna due o tre milioni di euro l’anno”, aggiunge Melilli. “Alle opposizioni credo vada ricordato che il ministro Tremonti introdusse una misura simile nel 2008, di fronte a una crisi certamente grave ma non immediatamente drammatica per intere categorie di famiglie italiane come è la crisi che stiamo vivendo. Totalmente d’accordo naturalmente nel non comprendere i medici tra coloro che sarebbero chiamati a contribuire”, conclude Melilli.

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