44 medici di famiglia, 10 odontoiatri, 55 tra specialisti, ospedalieri, medici di guardia medica e pensionati, pensionati richiamati in servizio: sono i 107 camici bianchi vittime del Covid-19, morti mentre svolgevano la loro attività, in prima linea. Il triste elenco viene puntualmente aggiornato dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici.
Gli ultimi quattro, nel giro di una sola giornata, sono Gianfranco D’Ambrosio, ginecologo e medico di medicina generale, il chirurgo Gaetano Portale, ex primario di Chirurgia Generale a Maniago, in Friuli-Venezia Giulia. 81 anni, siciliano d’origine, i colleghi lo ricordano come “un innovatore”. Poi il ginecologo romano Edoardo Valli, dirigente medico della casa di cura Santa Famiglia e Nabil Chrabie, medico di famiglia ad Alessandria, che lavorava in una clinica riconvertita a Covid hospital. Libanese d’origine, 61 anni, da oltre vent’anni in servizio: “Qui arrivano i malati più gravi – dice Giancarlo Perla, direttore generale della clinica dove il dottore lavorava – Chrabie è stato in prima linea dall’inizio. La sua scomparsa influisce sullo stato d’animo di tutti”.
Agli oltre cento medici deceduti vanno aggiunti anche 28 infermieri, morti per aver contratto il coronavirus sul luogo di lavoro, 6 farmacisti, cinque autisti-soccorritori ed un infermiere del sistema 118. “Al dolore si aggiunge la rabbia: molte di queste morti potevano essere evitate, come pure molti degli oltre 13 mila contagi fra gli operatori sanitari”. commenta Carlo Palermo, segretario nazionale del sindacato di medici e dirigenti sanitari Anaao Assomed. “Cento colleghi, molti in prima fila contro il virus, altri pensionati che però continuavano ad essere un riferimento per amici e familiari, perché non smetti mai di essere un medico, anche dopo la pensione”.