La short list è davvero short: sono due i progetti scelti dalla task force nominata dal ministero dell’Innovazione per identificare le applicazioni migliori da utilizzare per il contact tracing digitale dei cittadini, che dovrebbe aiutare a tornare alla normalità e a individuare rapidamente eventuali nuovi focolai. Le due proposte sono contenute nel rapporto stilato dal tavolo sulle tecnologie per il governo dell’emergenza, nei giorni scorsi consegnato al premier Conte dopo la scrematura di centinaia di idee arrivate al ministero. Un report che indica due soluzioni: una principale che, oltretutto, sposa quasi totalmente il framework paneuropeo consigliato dalla Commissione Ue, l’altra di riserva, da testare e verificare, indicata come piano B.
Come spiegato da Wired, la prima applicazione è proposta dalla società di sviluppatori Bending Spoons insieme alla rete di poliambulatori Centro medico Santagostino, la seconda è la Covid Community Alert che è stata proposta con il supporto dell’Associazione Copernicani, con l’ex parlamentare di Scelta Civica, Stefano Quintarelli, come “mentore” .
Entrambe, come aveva anticipato il Fatto, si basano sulla tecnologia bluetooth e mirano a nascondere gli identificativi degli smartphone. Niente geolocalizzazione, insomma, a meno che non sia espressamente autorizzata. Semplificando molto, il funzionamento è questo: per sapere se si è stati in contatto con un positivo, il sistema verificherà se due segnali bluetooth si siano mai agganciati nei quindici giorni precedenti (o nel periodo di riferimento che si stabilirà come congruo), utilizzando tecniche di crittografia end to end per anonimizzare il segnale e nascondere le identità. Non importerà quindi dove questo sia avvenuto.
Le caratteristiche della app erano state indicate anche in audizione in Commissione Trasporti dalla ministra dell’Innovazione, Paola Pisano: gli identificativi dei telefoni dovranno essere anonimizzati, il codice aperto e i dati dovranno essere custoditi solo per la durata dell’emergenza o comunque con una indicazione chiara dei tempi, come suggerirà il 15 aprile la Commissione Ue, da un soggetto pubblico che, però, per ammissione della stessa Pisano non è ancora stato identificato (una delle due proposte, così come presente online, prevede ad esempio l’utilizzo dei server di Amazon). Inoltre, l’adozione della app dovrà essere su base volontaria.
Sono tutte indicazioni in linea con gli indirizzi della Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing Initiative (di cui Banding Spoons fa parte) e mentre sulla prima applicazione non si hanno informazioni dettagliate – se non articoli superati dalle successive implementazioni che rispondono a quanto chiesto da Bruxelles – della seconda, le descrizioni tecniche individuano due tipi di funzione: una applicazione destinata al tracciamento dei contatti degli utenti e un’altra per le comunicazioni sulla positività o meno al coronavirus. Prevede inoltre il tracciamento sia di contatti di primo grado (come fanno normalmente le app bluetooth), ma anche quelli di secondo grado nonché il contatto comune tra diversi soggetti che dovessero risultare positivi.
Ora, identificati gli strumenti, come dove e quando utilizzarli (e anche se implementarli) è una scelta politica che toccherà al Governo. “Dalla scelta dell’app al suo utilizzo molto è ancora da fare – ha detto la ministra Pisano mercoledì – Si dovrà infatti definire quali siano i soggetti che partecipano al piano di start up e poi a quello di mantenimento dell’applicazione, si dovranno definire i parametri medici e attraversare una fase di test prima dell’utilizzo massivo dell’app. Infine, dovrà essere previsto un sistema di supporto al cittadino e all’utilizzo dell’applicazione nonché un potente piano di comunicazione per convincere i cittadini a scaricarla. Altrimenti non sarà efficace”.