Il governo pensa di aver fatto il muscolare con le banche attraverso l’inserimento nel “decreto liquidità” di misure di contenimento di potenziali manovre subdole che avrebbero potuto inficiare l’utilizzo dei soldi messi a disposizione della economia reale e della emergenza. Ma cosi non sarà. Perché ci sono dei precedenti. Ci sono, infatti, due misure all’interno del decreto liquidità che, all’apparenza, potrebbero sembrare ostili al sistema bancario. Solo “all’apparenza” però.

Seguitemi:

1. La prima misura riguarda il divieto per le banche di utilizzare i finanziamenti concessi per effetto del provvedimento per estinguere prestiti preesistenti;

2. La seconda invece prevede che non possano accedere alle misure previste dal decreto liquidità le imprese che alla data del 31 gennaio 2020 avevano una posizione già classificata a:

– sofferenza;
– partite incagliate;
– esposizioni scadute e/o sconfinanti;
inadempienze probabili.

Tali provvedimenti sono stati pensati e giustamente deliberati per non consentire alle banche di approfittare della garanzia statale (tra il 80% e il 100%) per trasferire il pregresso rischio insolvenza dai loro conti economici alle nostre tasche di contribuenti.

Ma forse i “tecnici e gli esperti” che hanno preparato il decreto non sanno o hanno dimenticato che nei bilanci delle banche ci sono milioni di crediti che, sebbene formalmente regolari (“in bonis”) per non pagare gli accantonamenti prudenziali previsti dalla disciplina degli accordi interbancari di Basilea, sono di fatto “crediti deteriorati”.

Ecco, proprio su questi crediti e nei confronti di questi imprenditori si abbatterà la scure del terrorismo psicologico dei manager e consulenti finanziari che si manifesterà con una subdola formula (tra poco la leggerete) attraverso la quale i funzionari di banca minacceranno di catalogare quel credito come “sofferenza” nel caso non venga estinto (o comunque ridotto) immediatamente con parte del nuovo finanziamento.

Ma tutto ciò, come già anticipato, non è una novità. Le banche, da sempre, nonostante la conferma anche da parte della Corte di Cassazione (ordinanza 26770/2019), hanno continuato ad erogare finanziamenti sotto forma camuffata di mutuo di scopo”, un contratto ritenuto appunto nullo anche dalla Corte suprema e stipulato per consentire al mutuatario di ripianare la propria esposizione debitoria nei confronti della banca mutuante o di altri istituti di credito. E se lo hanno fatto finora perché non dovrebbero continuare a farlo?

Come? Ve lo spiego con un esempio recuperato dal cassetto della memoria di un ex bancario che ha scritto “Io so e ho le prove”. La banca concede il finanziamento di 25.000 euro a un imprenditore che è solo formalmente “in bonis” ma che la banca vorrebbe cacciare a calci perché non riesce a rimborsare un precedente prestito di 10.000 euro. E gli dice: “Caro imprenditore, a fronte dei 25.000 euro che hai ottenuto, io nel frattempo ti sbocco solo 10.000 euro che tu, però, canalizzi su un conto corrente di una altra banca e solo tra 15 giorni, quando farai ritornare qui quei soldi per estinguere il tuo prestito mal condotto, io ti metterò a disposizione gli altri 15.000 euro”.

Una manovra surrettizia e scorretta che aggirerà il divieto senza che nessuno se ne possa accorgere. Buona Pasqua a tutti.

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