Ho due figli in Svizzera ai quali ho imposto da tre settimane la quarantena. Il paradosso della Svizzera, paese contraddittorio, di grande civiltà ma anche di immense ipocrisie, mi spinge a una riflessione e a un calcolo. Hanno 290 malati ogni 100mila abitanti, uno dei peggiori indici di contagio in Europa per densità di popolazione (sono circa 8 milioni e mezzo), ad oggi 24.900 contagiati, più di 800 morti. Ma ci tengono talmente a mantenere la loro immagine di paese idilliaco, che il lockdown gli sembrerebbe una bestemmia in un paese per lo più calvinista. Ormai anche i bambini lo sanno che la vera miccia della pandemia sono gli asintomatici, che farebbe salirebbe mostruosamente la cifra ufficiale.

In Svizzera hanno chiuso le attività non essenziali, scuole e luoghi pubblici (non tutti) per il resto la vita procede come da cartolina. Vedo su Instagram fotografie da normale routine vacanziera: passeggiate nel bosco, skate-board trainati dai cani, paraglinding che oscillano in cielo, barbecue.

Due volte al giorno faccio uno screenshot della statistica di Worldometer, aggiornatissimo sui dati di 210 paesi nel mondo colpiti dal coronavirus (mi rifiuto di scriverlo a lettere capitali, non merita il rispetto di una maiuscola) e lo invio ai miei figli, con accompagnamento perentorio: state a casa.

E’ il mio Spoon river quotidiano, controllo delle statistiche e inoltro. Mi sento una portasecce, termine dialettale sdoganato da De Luca per indicare i tipi porta/sfiga.

Intanto, loro si fanno un lockdown fai da te. Uno mi dice: oggi vado in palestra. Ma come non dovrebbe essere chiusa! La ragazza è un po’ più disciplinata. Erano già in Svizzera appena scattata la serrata in Lombardia. Anche io ero con loro, ma non ci ho pensato due volte e sono ritornata a Milano, ho voluto guardare in faccia il mostro e non nascondermi tra i monti.

Al telefono mia figlia mi rassicura: forse, forse, dopo Pasqua la Svizzera potrebbe adeguarsi alle norme di restrizioni come nel resto del mondo. Sarebbe ora che anche loro lo prendessero a picconate, metaforicamente, s’intende.

Mi tranquillizza, dice che per la strada vede più polizia e camion dell’esercito. Forse, la neutrale Svizzera si sta attrezzando per scendere in guerra contro il nemico subdolo e invisibile e adottare strategie di resistenza come altrove?

Nel momento in cui scrivo, sempre connessa con Worldometer, sono registrati due casi anche nella remotissima Papuasia e 46 nuovi contagi e 3 morti in Cina ( ieri era uno solo) da farci tremare i polsi per eventuale seconda ondata di ritorno della bestiaccia. Ma in Svizzera si continua a giocare a Heidi con le caprette che le fanno ciao.

Ho adattato una battuta, 2019: stare lontani dalle persone negative. 2020: stare lontani dalle persone positive. E dagli svizzeri che non hanno fatto la quarantena.

Buon casa-tiello a tutti! (parola da leggere sdoppiata, ndr)

pagina Facebook di Januaria Piromallo

vignetta di Guido Ciompi

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