Società

Coronavirus, la quarantena fa impennare il cyberbullismo: alla Fondazione Carolina segnalazioni 6 volte tanto la media

Il segretario generale dell'ente, Ivano Zoppi: “I ragazzi sono più connessi pertanto c’è un’esposizione maggiore. Da un certo punto di vista l’aumento della noia, della ricerca di visibilità può spingere qualcuno ad abbassare il livello di guardia. È più facile fare i propri attacchi. Ma non solo"

Con la didattica a distanza aumenta il tempo trascorso in rete da parte di bambini e ragazzi e crescono anche gli episodi di cyberbullismo. A lanciare l’allarme è la Fondazione Carolina che raccoglie il messaggio di Carolina Picchio, la ragazza che nel 2013 si suicidò a 14 anni dopo la diffusione in rete di alcune sue immagini intime. Solo a marzo sono giunte all’organizzazione 278 segnalazioni di episodi legati all’uso distorto delle rete a fronte di una media di 50 mensili. Si tratta di casi che riguardano atti di cyberbullismo tra i ragazzi, ma anche nei confronti degli insegnanti.

In particolare alla Fondazione sono arrivati 145 (52%) segnalazioni in cui le vittime sono gli studenti: si tratta di condivisioni di foto personali, insulti sui gruppi WhtasApp. Altre 74 (27%) telefonate sono arrivate per fatti che riguardano i docenti: stiamo parlando di condivisioni di foto modificate, insulti durante le video lezioni, intrusioni da parte di estranei nella didattica a distanza. Ma si parla anche di sexting (23 casi), di revenge porn (11 casi) e di 25 segnalazioni di gruppi Telegram in cui vengono diffuse immagini di minori.

A dare una spiegazione di quanto sta accadendo ci pensa il segretario generale della Fondazione Carolina, Ivano Zoppi: “I ragazzi sono più connessi pertanto c’è un’esposizione maggiore. Da un certo punto di vista l’aumento della noia, della ricerca di visibilità può spingere qualcuno ad abbassare il livello di guardia. È più facile fare i propri attacchi. Ma non solo. A volte si tratta di atteggiamenti inadeguati. Se prima della quarantena un fidanzato e una fidanzata si incontravano de visu ora la rete diventa un veicolo di intimità a rischio di esagerazioni”.

Fatta la diagnosi, Zoppi prova anche a proporre una cura: “La nostra grande richiesta ai genitori è quella di farsi comunità educante, una presenza responsabile, un accompagnamento. Il fatto di essere una presenza fisica in casa non significa essere anche una presenza educativa: non significa insegnare a usare Zoom, ma spiegare che in quell’ambiente ci sono delle regole da rispettare. Non esiste che i genitori dei ragazzi delle medie non sappiano il codice di accesso al telefono dei propri figli”.

La Fondazione ha realizzato una Guida ai genitori: uno strumento utile per una comprensione generale dei principali social, dell’età minima per l’iscrizione e delle loro policy, con i relativi rischi ed opportunità. Una panoramica sui principali videogame, ormai quasi tutti online, che tanto mettono a rischio i ragazzi e sulle chat di gruppo che stanno spopolando, ma anche gli elementi normativi e giuridici della vita online.

Zoppi pensa anche al ruolo dei docenti: “Vanno formati e accompagnati a usare le tecnologie. Il docente deve in primis chiedere rispetto: ci sono casi di ragazzini che si presentano in pigiama alle lezioni e questo non può essere accettato”.