Licenziato con una lettera arrivata il Venerdì di Pasqua, in piena emergenza coronavirus, una settimana dopo aver saputo che la moglie era incinta del loro secondo figlio. Con motivazioni che, secondo i sindacati, sono “banali” e “pretestuose”, e comprendono anche un colpo di tosse a volto scoperto nei confronti di un collega che gli avrebbe negato una mascherina protettiva, nel tentativo di contagiarlo. È quanto accaduto a un dipendente della PreGel, storica azienda di prodotti per la gelateria di Reggio Emilia, che ha deciso di troncare il rapporto di lavoro con un operaio che solo pochi mesi fa, nell’ottobre 2019, era stato nominato rappresentante sindacale, il primo in 52 anni di attività. “Era un lavoratore modello, lo hanno fatto fuori perché dava fastidio”, attacca Giovanni Velotti della Flai Cgil. “Il licenziamento in tronco di un delegato che pone delle domande equivale a dire che nessuno deve mettere in discussione quello che si fa all’interno dell’azienda”.

L’operaio lavorava alla PreGel da cinque anni: “Era stato stabilizzato dopo un periodo in somministrazione e recentemente gli erano stati riconosciuti due aumenti di stipendio”. Trattamenti riservati a un buon lavoratore che però, secondo i sindacati, aveva iniziato a infastidire l’azienda con le sue rivendicazioni. L’ultima, in ordine di tempo, legata all’emergenza sanitaria: “Nel corso di un incontro per la creazione del comitato di sicurezza, aveva esposto le criticità che lui e i suoi colleghi avevano rilevato in materia di prevenzione, ma nel verbale finale dell’azienda non c’era traccia di quelle osservazioni”, racconta Velotti.

Siamo a metà marzo. L’operaio scrive ai vertici aziendali per avere dei chiarimenti, ma non ottiene risposta. Poi, totalmente inaspettata, arriva la prima lettera di contestazione: “L’azienda ha insinuato un tentativo di contagio tramite un colpo di tosse a volto scoperto verso un collega, ma in realtà in quel momento non poteva coprirsi la bocca perché stava trasportando due sacchi di materiale con le mani”, spiega Velotti. Passano pochi giorni e arriva una seconda lettera: “L’azienda parla di spionaggio industriale e rivelazione di caratteristiche segrete dei suoi prodotti”. In realtà, sostiene Velotti, questa constatazione “deriva da un’incursione di una responsabile del personale su Linkedin, dove l’operaio descrive le sue mansioni con particolari che si possono trovare anche sul sito dell’azienda”.

La PreGel, tramite una nota, ha spiegato che all’operaio sono stati contestati “comportamenti con rilievo disciplinare per aver messo a repentaglio importantissimi segreti industriali con grave rischio per l’azienda e, di conseguenza, per i posti di lavoro dei colleghi, che fanno rientrare pienamente i motivi della scelta adottata nell’ambito del licenziamento per giusta causa, così come normato dall’Articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori”. L’azienda ha anche spiegato che l’attività di rappresentanza sindacale “non ha nulla a che vedere con le contestazioni aziendali intervenute” e si oppone “al collegamento tra il licenziamento ed eventuali comportamenti tenuti dal dipendente di mancata attenzione alla possibile diffusione del virus”, dicendosi disponibile “a confrontarsi con il sindacato per chiarire le ragioni del proprio operato”.

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