“Stiamo inseguendo il virus e, secondo me, in questo momento questa non è la strada giusta da percorrere, perché non c’è un solo virus da inseguire, ma tantissimi altri. Ci sono, cioè, sciami infettanti che circolano e si rimescolano. Quindi, bisognerebbe radiografare il coronavirus”. Sono le parole pronunciate a “Dimartedì” (La7) dalla virologa Ilaria Capua, direttrice della One Health Center of Excellence dell’Università della Florida.
“Bisogna quindi capire dove sono questi sciami virali – spiega – e soprattutto capire come siamo messi con l’immunità di gregge. Questa “fotografia” del virus è molto importante, perché ci dice la percentuale delle persone entrate in contatto col virus negli ultimi mesi, in modo tale da poter anche graduare in maniera sostanziata il ritorno alla normalità. L’ideale sarebbe fare lo stesso campionamento 20 giorni dopo, in modo da capire come si è spostato lo sciame”.
E aggiunge:”Dobbiamo davvero lasciare il paradigma del fermare il virus correndogli dietro. Io credo che siamo molto vicini al punto di ripartenza. Abbiamo avuto un punto di rottura, quando questa infezione si è appoggiata col suo peso specifico altissimo su alcune struttura sanitarie, facendole collassare. E’ ovvio che vivere in una situazione in cui gli ospedali sono collassati e c’è un’epidemia in corso è pericoloso per tutti. Adesso che gli ospedali iniziano ad avere meno ricoveri, soprattutto in terapia intensiva, potranno riprendere i lavori normali – continua – Ricordo che ci sono tante persone che avevano interventi programmati e che non hanno potuto farli. Quindi, piano piano gli ospedali devono tornare a una normalità aumentata, in modo che, se, ad esempio, io dovessi tornare in Italia e dovessi infettarmi nella forma grave, andrei a curarmi in un ospedale che funziona”.
La scienziata chiosa: “Ripartire con gli ospedali che sono ancora in difficoltà sarebbe molto poco oculato. Nel momento in cui si riaprirà, ci saranno moltissimi casi lievi e alcuni casi gravi, ma è impensabile che il Paese possa rimanere paralizzato perché abbiamo paura di riaprire, quando abbiamo evidenze che possiamo farlo. Come italiani abbiamo imparato tante cose: abbiamo imparato nuovi comportamenti, come il distanziamento sociale e il lavaggio delle mani. Non siamo più gli stessi italiani che sono partiti per andare a sciare lo scorso 9 marzo”.