Il 14 settembre del 1968 un gruppo di studenti cattolici occuparono per protesta il Duomo di Parma. Vennero caricati dalla polizia e rimproverati poi dal Papa, Paolo VI. A esprimere loro solidarietà la comunità cristiana del quartiere popolare del capoluogo toscano
A mezzo secolo dalla contestazione dell’Isolotto contro l’allora arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit – il primo caso di dissenso ecclesiale in Italia – è morto, dopo don Enzo Mazzi (2011), anche il suo collaboratore più stretto, don Sergio Gomiti: tutti e due ridotti allo stato laicale e da anni non più iscritti nell’annuario diocesano. Cancellati.
La loro comunità è ancora viva e si riunisce ogni domenica alle ex Baracche verdi, in via degli Aceri 1, all’Isolotto, quartiere popolare di Firenze, sorto nel 1954 per volere dell’allora sindaco Giorgio La Pira. E Gomiti, anche se da anni in dialisi, partecipava sempre. Ma per una sopraggiunta crisi polmonare (ma non causata dal coronavirus), se ne è andato per Pasqua, a 88 anni. La comunità dell’Isolotto lo ricorda come “un fratello che, imparando con noi, ci ha aiutati a coltivare con pazienza e anche nei momenti più difficili un’idea di ‘ecclesia’ nell’unica accezione per noi possibile e cioè di comunità di servizio e di prossimità verso gli altri e soprattutto verso gli ultimi e gli emarginati, secondo l’invito fatto da Gesù nella sua ultima cena”.
Tutto scoppiò il 14 settembre del 1968 quando un gruppo di studenti cattolici occuparono per protesta il Duomo di Parma. Nel mirino, l’autoritarismo della Chiesa, nonostante il vento innovatore del Concilio Vaticano II, e la sua collusione con il potere politico e economico. Gli studenti in preghiera furono caricati dalla polizia e il Papa, Paolo VI, espresse riprovazione per l’occupazione. Agli occupanti arrivò, però, la solidarietà della comunità cristiana dell’Isolotto di don Mazzi.
Lui e don Gomiti furono rimossi dalla parrocchia e si ritrovarono a celebrare la messa in piazza. Al sole e alla pioggia. Gomiti andò a lavorare alla Biblioteca Nazionale, “dove è stato restauratore dei libri danneggiati dall’alluvione e ha dedicato attenzione e cura alla dimensione della ‘memoria’ arrivando a costituire l’Archivio Storico della Comunità dell’Isolotto, considerato dal Mibact di particolare interesse storico”, come ricorda la comunità.
Due anni fa, in ricordo della contestazione dell’autunno del 1968, si è tenuto nella sede della comunità un convegno dal titolo Eppure il vento soffia ancora. All’Isolottto sono convinti che quel vento continuerà a soffiare anche dopo la morte di Gomiti. Un vento che porta con sé i valori del cattolicesimo fiorentino degli anni Sessanta. Da La Pira a don Milani. Da Balducci a don Mazzi e Gomiti, appunto. Un pezzo di storia della Chiesa italiana del dopoguerra.