Il Covid-19 ci ha imposto una riduzione delle attività che mai avremmo potuto pensare di realizzare. Soprattutto quando ciò ci veniva suggerito dai soliti “ambientalisti catastrofisti”. Come in tutte le attività umane non pianificate, si stanno evidenziando impatti e conseguenze molto rilevanti. Una cosa è chiara, questo virus è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso e messo a nudo l’incapacità umana di prevedere e anticipare quelle che sono nient’altro che le conseguenze di un determinato modello di sviluppo e di organizzazione sociale.

Sarebbe un grave errore comportarci adesso come abbiamo sempre fatto, cioè denunciare ma poi non agire per eliminare le cause che hanno originato il virus o l’hanno aiutato a diffondersi. Per sconfiggere piaghe sociali, a volte più devastanti dell’attuale, è necessario mettere in atto azioni che certamente avranno un impatto sull’economia. L’importante è capire che è proprio l’attuale modello di sviluppo economico che deve essere cambiato.

Prendiamo ad esempio il bene materiale al quale noi italiani siamo più affezionati. A fronte dei 3.334 morti e circa 243.000 feriti nel 2018 per incidenti stradali, l’Istat ha certificato che essi derivano soprattutto da comportamenti errati (il 40,7% dei casi), tra i quali la velocità troppo elevata. E allora, perché si continuano a produrre bolidi da oltre 200 km/h sapendo che non potranno mai sfrecciare a tali velocità?

Si dirà che le auto sono fabbricate per il mercato mondiale e che in alcuni paesi non ci sono limiti di velocità in autostrada: mi imbarazzo solo a scriverla, questa oscenità. Come se tutti i possessori di auto sentissero il desiderio, prima o poi, di percorrere un’autostrada tedesca ove, in generale (75% dell’estensione autostradale), non ci sono limiti di velocità. Come se fossimo tutti imbecilli e non sapessimo che si può provare l’ebbrezza della velocità affittando l’auto giusta direttamente nei circuiti adibiti a tale attività sportiva.

E’ così complicato, tecnicamente, costruire un’auto che non possa andare oltre i limiti stabiliti dalla legge? Oppure, ancor più semplicemente, applicare ad essa un dispositivo che si adatti alle regole consentite dal codice della strada? Per alcune categorie commerciali, i limitatori di velocità sono già la regola. Così come dotare le auto di meccanismi che registrano le velocità raggiunte in modo che in occasione di controlli casuali, o programmati come la revisione, le autorità competenti possano sanzionare chi ha superato i limiti? Non servirebbero più autovelox con agenti sulle strade a vigilare.

No, non è complicato. E’ una scelta dettata dal mercato che vuole bolidi velocissimi alla portata di tutti. Il mercato che ci fa illudere di essere tutti Tazio Nuvolari con un’alta probabilità di farla franca nel non rispettare le regole. Esempi di incongruenza se ne possono fare tanti. Per quale motivo, ad esempio, l’Italia non ha una rete infrastrutturale a servizio del trasporto pubblico (e privato) in linea con le proprie caratteristiche di paese che non possiede fonti di energia fossile? Siamo nel nuovo secolo, per non dire nuovo millennio, da vent’anni ormai, ma ancora non si vede l’ombra di scelte politiche serie finalizzate alla rivoluzione energetica di cui tanto si parla.

La crisi attuale è l’occasione per fermarci (di fatto ci siamo già fermati, chi più, chi meno) e ri-programmare il tutto. Su basi diverse però, ossia con una visione diversa. Con politici coraggiosi che, oltre a gestire l’emergenza, facciano capire che la strada da percorrere è un’altra, soprattutto in campo sociale, ambientale ed energetico. Politici che non si facciano spaventare dai ricatti (fasulli) sui posti di lavoro che si perderebbero nel cambiare modello di sviluppo e che credano veramente che se non si agisce presto con azioni shock continueremo a pensare che nel lungo periodo le cose si aggiusteranno.

Ma già Keynes 100 anni fa, ironicamente, affermava che “nel lungo periodo saremo tutti morti”… Servono politici che ancora riescano ad indignarsi leggendo i dati Oxfam ove risulta che, a livello mondiale, l’1% della popolazione più ricca detiene più del doppio della ricchezza posseduta da 6,9 miliardi di persone. E 2.153 miliardari detengono più ricchezza di 4,6 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione mondiale.

In Italia, il 10% della popolazione detiene oltre 6 volte la ricchezza posseduta dal 50% più povero e la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco degli italiani supera quanto detenuto dal 70% più povero. Inoltre, il 10% della popolazione mondiale consuma il 90% dei beni prodotti dal mercato con la conseguente crisi ambientale che già uccide 8 milioni di persone all’anno, di cui, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, 75mila in Italia a causa dell’inquinamento atmosferico.

Perché ci spaventa tanto solo il Covid-19, quando il modello di sviluppo in atto, di cui il virus è solo un’espressione, ne uccide ben di più e già da diverso tempo ormai, senza che questo scuota le coscienze di noi ricchi consumatori? Illuminante la descrizione della situazione che fa padre Zanotelli, che ci ricorda che l’Italia ha speso 27 miliardi di dollari nel 2019 per spese militari e che continuiamo a perseguire la vecchia politica basata sulla deterrenza che non serve a nulla se non ad arricchire le solite aziende. E, nostro malgrado, il Covid-19 sta lì a ricordarcelo.

Sapremo cogliere, almeno questa volta, l’avvertimento?

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