“E’ l’approccio abituale quando si negozia. Prendo le parole che si pronunciano un po’ in tutta Europa come parte di un negoziato“. Mário Centeno, presidente dell’Eurogruppo, in un’intervista al Corriere della Sera dice di interpretare così le dichiarazioni del premier italiano Giuseppe Conte quando esclude che l’Italia possa utilizzare il Mes anche se fosse senza condizionalità. Strategia negoziale in vista del Consiglio europeo del 23 aprile, durante il quale i leader saranno chiamati a dare il via libera politico alle proposte dei ministri delle Finanze, dunque. Anche se nel frattempo l’ipotesi di ricorso al Mes è anche tornata al centro del dibattito interno alla maggioranza di governo. Centeno parte dall’idea che occorre “assicurare un piano di gioco equilibrato per tutti. Se uno vede le misure della Germania in risposta alla crisi e le confronta a quelle dell’Italia, capisce quello che voglio dire”. E ammonisce: negli migliore dei casi “serviranno poi due anni per tornare ai livelli di reddito del 2019″.
Sul ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra, il “falco” che spingeva per mantenere rigide condizionalità per l’accesso ai prestiti del fondo salva Stati, Centeno spiega: “Si è negoziato per far sì che anche lui avesse le rassicurazioni che chiedeva”. “Serviva un accordo che garantisse una rete di sicurezza per i governi con il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), un sostegno ai lavoratori e liquidità per le imprese. Il Mes lo vedo come un’assicurazione: la compri per non usarla, ma ti dà una copertura in più”. Oltre a consentire alla Bce di attivare le Outright Monetary Transactions, cioè acquisti illimitati di titoli sul mercato. Ma “è una decisione che spetta alla Bce – puntualizza Centeno – Noi abbiamo voluto rendere disponibile una rete di sicurezza in più per i governi”.
Quanto al Recovery fund, quarto elemento del pacchetto di risposta all’emergenza fortemente voluto da Francia e Italia, “è un modo per assicurare la solidarietà europea agli Stati più colpiti”. Ma sulla possibilità di finanziarlo con strumenti di debito comuni il politico portoghese è cauto: “Non escludo” gli eurobond, dice, ma non sono “necessariamente” la risposta. “C’è una proposta di usare il Quadro finanziario pluriannuale, cioè il bilancio europeo, e un’altra di emettere debito comune. Le due non si escludono necessariamente – afferma – L’importante, lo ripeto, è spalmare nel tempo il costo della risposta”. E insiste sull’importanza di “cercare di assicurare un piano di gioco equilibrato per tutti. Se uno vede le misure della Germania in risposta alla crisi e le confronta a quelle dell’Italia, capisce quello che voglio dire. Dobbiamo far sì che gli strumenti usati siano il più simili possibile in tutta Europa. Anche per evitare che poi la ripresa sia troppo lenta”.
Quali somme servono? “Qualche istituzione ha stimato una risposta da 700-1.000 miliardi di euro, forse 1.500. Cifre a dodici zeri. Non siamo abituati a pensare a questo tipo di cifre, ma non dobbiamo definirle nelle prossime settimane. Prima ci sarà da capire come e quando si torna indietro dal lockdown. Siamo economie aperte, non ha molto senso per un Paese aprire se gli altri in Europa o nel mondo restano chiusi. Ci vorrà moltissimo coordinamento”.
“L’economia europea – ricorda il presidente dell’Eurogruppo – sta subendo uno choc, senza precedenti. Tutti i nostri Paesi in questo trimestre sono vicini a una recessione del 20% in ritmo annuale e questa non è una crisi indotta da problemi dell’economia. Ora ci sarà un enorme accumulo di debito e, come ha detto l’Eurogruppo, ora dobbiamo decidere come distribuire nel tempo i costi di questa crisi. Non un solo Paese può sentirsi fuori. Del resto la solidarietà è un’idea di base dell’Unione. E questa non è una crisi da affrontare con manuali vecchi, qui non è una questione di problemi strutturali dei singoli Paesi. Dobbiamo giocarcela come un solo giocatore”.
Ma quali sono i tempi per attivare questi strumenti? “Un piano per la ripresa deve scattare non appena usciamo dai lockdown. Parte del denaro dev’essere disponibile all’inizio dell’estate o a tarda primavera. All’inizio il piano sarà più lento, ma prevediamo un rimbalzo nel 2021. Se decidessimo di usare il bilancio Ue, come sappiamo inizia solo nel 2021, se troviamo l’accordo. Ma abbiamo degli strumenti per soluzioni-ponte nel frattempo e le somme più significative possono essere raccolte nel 2020″.