6) Vasco Brondi. Canzoni da spiaggia deturpata (2008).

Mentre molti cantautori vengono percepiti tali solo per l’impostazione engagé o per particolari giochi di parole e infiorettature testuali, in Vasco Brondi le immagini sono accatastate come rottami di uno sfasciacarrozze di una periferia metropolitana (e ne hanno anche lo stesso sapore di metallo): è inutile andare ad analizzare le carcasse, l’impressione che danno da lontano basta e avanza.

Perché? Perché in un’epoca tanto sbandata è impedito il canto, come succedeva a certi poeti (per esempio Quasimodo: “E come potevamo noi cantare…”) durante il fascismo o nel secondo Dopoguerra. Canzoni da spiaggia deturpata (Targa Tenco per l’opera prima) è tutto questo, ma ovviamente non solo. È una pietra miliare, un riferimento imprescindibile. È tutto quello che il cosiddetto “indie” provava e non riusciva a fare, in maniera tanto cruda.

La canzone migliore è La lotta armata al bar; proprio nel punto in cui il canto è inibito, c’è spazio solo per l’urlo, e l’unico racconto possibile è il paradosso: “E cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni Zero?!”.

INDIETRO

Canzoni per tempi più lenti /2 – Da Vasco Brondi a Rondelli, i dischi della ‘crisi’ possono aiutarci

AVANTI
Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Arena di Verona, rinviati i concerti a maggio di Emma, Modà, Marracash e Benji&Fede, spostati anche i Music Awards

next
Articolo Successivo

I manager di Tiziano Ferro, Marracash, Il Volo e altri: “Per i live ormai guardiamo al 2021 aspettando il vaccino. Però il governo ci deve risposte: per gli artisti, i fan, i lavoratori”

next