Come è gestita nelle vostre città l’emergenza Coronavirus? Come si comportano le autorità e i cittadini? E nelle vostre vite, c’è qualche aspetto positivo o inatteso nell’isolamento forzato? Abbiamo chiesto ai nostri Sostenitori di raccontarcelo, inviando testimonianze, osservazioni e spunti per la redazione al Blog Sostenitore. Mai come stavolta il contributo della nostra comunità è fondamentale: con il Paese in zona rossa, ogni segnalazione è importante. Abbiamo bisogno di voi. Sosteneteci: se non siete ancora iscritti, ecco come potete farlo.
di Andrea Taffi
In questo momento, a più di un mese dall’entrata in vigore delle misure restrittive alla nostra libertà di movimento, attenuatosi l’orgoglio generato da una comune solidarietà, un orgoglio che ci faceva cantare dai balconi e che ci portava a sventolare il tricolore, è arrivato il tempo delle domande, tante, legittime, anche disperate, se vogliamo. Quando inizierà la fase due? Quando potremmo uscire di nuovo? Quando ripartirà il paese? Quando ci sarà il vaccino contro il coronavirus?
Ma c’è un’altra domanda che, pur essendo meno stringente di altre, ha (secondo me) una valenza persino maggiore, più profonda, più significativa. Saremo, dopo, migliori di prima? Avremo capito che l’essere umano, col suo comportamento scriteriato nei confronti dell’ambiente, con l’inquinamento prodotto impunemente, ha fortemente contribuito alla nascita e alla diffusione di questo ultimo virus, di questa terribile pandemia?
È questa una domanda che, nell’immediato, non ci risolve i problemi di natura sanitaria ed economica. È, però, una domanda di principio, perché, quando tutto, prima o poi, sarà passato il necessario rispetto dell’essere umano verso il pianeta non potrà più essere ignorato. E tuttavia, la risposta alla domanda se, dopo il coronavirus, saremo migliori o no, io credo debba essere ricercata già adesso, in costanza di Covid-19, perché, in linea di massima, la solidarietà, la comunanza di sorte che dovranno guidarci in futuro dovrebbero essere già qui, adesso.
Ebbene, gli indizi in tal senso non sono (almeno dal mio punto di vista) per nulla confortanti. Mi sembra, infatti, di percepire nell’aria, nel quasi silenzio di città quasi vuote, un astio di alcuni nei confronti di altri. Un atteggiamento non di odio, ma di qualcosa che potrebbe in futuro diventarlo, un modo di pensare che rischia di rompere quella splendida solidarietà dei primi tempi di forzosa permanenza in casa e che rischia di trasformarsi in una sorta di resa dei conti, dopo.
Un atteggiamento (di accusa, di difesa e contrattacco) che non ci renderà migliori e più consapevoli, ma solo impegnati a capire se noi siamo stati, se gli altri sono stati, rispettosi dei divieti, se noi se gli altri non abbiamo, non hanno, commesso quello che qualcuno ha efficacemente definito un reato morale, ossia l’uscita di casa in dispregio dei divieti alla circolazione ingiustificata. Mi viene in mente una splendida commedia di Eduardo De Filippo: Napoli milionaria!.
Qualunque sia l’emergenza che dobbiamo fronteggiare (guerra, come nella commedia o pandemia, come oggi) solo stando uniti, solo dimostrandosi solidali, solo non accusandoci a vicenda, si possono superare le vicissitudini, anche terribili, che ci colpiscono. Ha da passà ‘a nuttata, diceva Gennaro Jovine. E poi potremmo capire davvero se saremo migliori o no.