Lo psichiatra del Consiglio superiore di sanità (Css) e membro della squadra di Vittorio Colao ritiene che credo quanto accaduto "debba indurre un ripensamento delle politiche socio sanitarie nei confronti di queste fasce particolarmente vulnerabili"
C’è chi lo chiama il massacro degli anziani e a registrare il numero dei morti nelle residenze sanitarie assistenziali la definizione non appare esagerata. “L’Istituto superiore di sanità ha condotto approfondimenti: in particolare nelle strutture residenziali per anziani (Rsa) il tasso di mortalità da Covid 19 è enormemente più elevato di quello rilevato nella popolazione generale” dice all’Ansa Fabrizio Starace, psichiatra del Consiglio superiore di sanità (Css) e membro della task force di Vittorio Colao.
Che questo tasso sia elevato, oltre ai dati dell’Iss, è confermato dal numero di esposti di parenti di persone decedute che stando dando impulso a diverse inchieste in Lombardia e nel resto d’Italia. Ma Starace parla di una ipotesi che configurerebbe uno scenario ancora peggiore: “Sembra che circa la metà dei decessi da Covid 19 in Europa riguardi persone in condizioni di assistenza residenziale, se questo dato fosse confermato deve indurre un ripensamento delle politiche socio sanitarie per queste fasce vulnerabili”.
Il gravissimo bilancio di vittime del coronavirus nelle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) “credo debba indurre un ripensamento delle politiche socio sanitarie nei confronti di queste fasce particolarmente vulnerabili – continua Starace – Non dobbiamo ripartire da zero o inventarci chissà cosa, basta prendere alcuni modelli virtuosi già esistenti in diverse parti d’Italia purtroppo ancora marginali rispetto all’approccio prevalente (le strutture residenziali), e che possiamo sintetizzare con la definizione budget di salute”. Una formula richiamata dal viceministro della Sanità Pierpaolo Sileri stamani in un post su Facebook.
Starace, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ausl di Modena, si rifà a esperienze compiute a partire dal Casertano. “Se affrontiamo il tema in termini personalizzati, considerando il singolo anziano con la sua storia, le sue relazioni, il suo contesto – spiega -, possiamo immaginare soluzioni che non siano necessariamente residenziali. In Campania abbiamo promosso 10 anni fa le collocazioni extrafamiliari, le adozioni extrafamiliari, non solo degli anziani, ma anche di disabili, persone con problemi psichiatrici, adolescenti problematici. La ricostruzione di un tessuto sociale e familiare il più possibile ordinario dà esiti molto differenti rispetto alla collocazione in un contesto residenziale. Migliora la loro qualità di vita e costa anche di meno al sistema nazionale: con le stesse cifre si assistono più persone”. Secondo Starace, “la concentrazione del malessere in un singolo luogo crea un malessere maggiore. Il mito del diverso che si può rendere non visibile è appunto un mito”.