Avevano creato, nel giro di pochi giorni, società per importare mascherine dalla Cina e venderle. Le avevano fatte arrivare a Malpensa e Ciampino, per poi commercializzarle in tutta Italia. Per passare con facilità i controlli alle dogane e non farle requisire, avevano anche attestato che quei dispositivi erano destinati a “servizi essenziali” o di “pubblica utilità”, ma era falso: le mascherine sarebbero state rivendute, non si sa a quale prezzo. Così quattro cittadini di origine cinese sono stati denunciati per contrabbando aggravato, frode doganale e ricettazione dalla Guardia di finanza di Torino, che ha sequestrato 400mila mascherine donate poi alla Protezione civile.
I piani, però, erano più ampi. I quattro, che agli investigatori risultano essere in rapporti commerciali tra di loro, avevano intenzione di importare con queste modalità circa cinque milioni di mascherine nell’arco di una settimana. Almeno così ha raccontato agli investigatori uno dei denunciati, S.K., 26enne laureato al Politecnico di Torino, arrivato in caserma a bordo di un’auto di grossa cilindrata, con vetri oscurati, accompagnato da un autista e un interprete.
La loro attività era cominciata da poche settimane. Due degli imprenditori, ad esempio, avevano aperto una partita Iva per il commercio all’ingrosso di dispositivi medici o protesi ortopediche proprio all’inizio dell’emergenza da coronavirus. I primi carichi erano arrivati a Malpensa e Ciampino e qui avevano passato i controlli alla Dogana con rapidità sostenendo che la marce era destinata a servizi essenziali e di pubblica utilità. Non è bastato a interrompere le verifiche.
Si è scoperto così che le sedi legali e quelle operative delle società erano praticamente inesistenti. Il quartier generale di una, per esempio, era in una stanzetta vuota al cui interno c’era soltanto uno scatolone con 700 kit per la diagnosi del Covid-19 non conformi alle norme. Grazie alla collaborazione del Nucleo antifrode dell’Agenzia delle dogane, i militari del gruppo Pronto Impiego hanno tenuto sott’occhio i quattro imprenditori, li hanno seguiti e monitorati, e nel giro di poche ore hanno trovato i carichi di mascherine in alcuni quartieri della periferia di Torino, in due comuni dell’hinterland.
Centomila mascherine erano finite nel magazzino di supermarket cinese a Moncalieri. Altre centomila, di tipo chirurgico, sono state trovate sulle sedie di un ristorante di sushi a Orbassano. Un altro carico viaggiava verso la Campania, ma ad aspettarlo a Maddaloni, nel Casertano, c’erano i finanzieri. L’operazione – spiega la Guardia di finanza – ha evitato “che il flusso commerciale finale fosse dirottato su speculatori economici”.