Prima vengono inserite nella bozza di un decreto, poi scompaiono nella versione ufficiale, quindi tornano ma dimezzate, e alla fine anche quelle poche borse di studio a cui si erano aggrappati gli specializzandi finiscono nel dimenticatoio. Ora la speranza è che i soldi arrivino con il prossimo decreto di aprile. Il balletto dei contratti di formazione specialistica è iniziato con l’aggravarsi dell’emergenza sanitaria, e non si è ancora concluso. Dopo le retromarce del mese di marzo, il ministro dell’Università Gaetano Manfredi ha fatto sapere che c’è una proposta, d’accordo con il Ministero della Salute, per l‘aumento di 5.000 borse per il prossimo concorso, previsto a luglio. Ma l’ennesimo annuncio non tranquillizza i giovani medici: “Quando si tratta di trovare le risorse si fa sempre un passo indietro e i provvedimenti scompaiono come per magia”, attacca Martina Tarantini del Sigm, il Segretariato italiano dei giovani medici.
Per dare la possibilità a tutti i medici italiani di specializzarsi servono 13.000 nuove borse di studio. E’ questo il divario tra i laureati che prenderanno parte al prossimo concorso per aggiudicarsi una borsa e gli 8.000 contratti attualmente a disposizione. Si tratta anche di quelli per formare anestesisti e rianimatori, di cui c’è tanto bisogno in questo momento, ma nonostante l’emergenza sanitaria i soldi non si trovano: “In una bozza del decreto ‘Cura Italia’ era previsto uno stanziamento di 125 milioni di euro per finanziare 5.000 borse di formazione specialistica”, racconta Federico Lavagno del Sigm. “Poi, nel testo ufficiale, quel punto è scomparso: il Ministero dell’Economia non ha approvato lo stanziamento dei fondi perché non attinenti all’emergenza”.
I giovani medici a quel punto si sono rivolti direttamente al premier Giuseppe Conte: “Centinaia se non migliaia di medici avrebbero potuto aiutare tutti noi a combattere questo momento di crisi, se la mancanza di una prospettiva e l’assenza di uno sbocco formativo post lauream non li avessero spinti verso altri lidi”, si legge nella lettera indirizzata al presidente del Consiglio. “Il Sistema Sanitario Nazionale non potrà mai reggere le sfide del futuro se non ci sarà un investimento sulla formazione specialistica, un investimento che qualcuno definirebbe coraggioso ma che diventa ogni giorno più necessario”. In Parlamento, pochi giorni dopo, arriva però una seconda bocciatura: in un emendamento al decreto, prima firma della senatrice Cinquestelle Maria Domenica Castellone, si propone di potenziare con 2.000 borse di studio le aree strategiche nella gestione delle epidemie, ma non passano nemmeno 24 ore e l’emendamento viene ritirato, di nuovo per una mancata approvazione del Mef.
Ora il governo sembra voler dare una prima risposta agli specializzandi, e a tutta la sanità italiana, inserendo nel decreto Aprile le risorse per finanziare 5000 borse di studio. Rimane però l’incognita del calendario. Il Ministero dell’Università ha promesso il concorso entro la fine di luglio, anche se per riunire 22.000 candidati bisognerà fare i conti con un’emergenza che ha dimostrato di avere tempi lunghi e incerti. Ma il vero problema è alla fonte: l’Osservatorio nazionale per la formazione medico-specialistica, organo che si occupa di verificare i requisiti che le scuole dichiarano in fase di accreditamento, è scaduto più di un anno fa e non è ancora stato rinnovato. “Il processo di accreditamento delle scuole è un lavoro che richiede settimane. Ora, con tutte le difficoltà del momento, le verifiche rischiano di essere superficiali”, dice Tarantini.
I giovani medici vogliono anche capire l’orizzonte del governo. Il ministro Manfredi ha parlato di una riforma nei prossimi anni per risolvere definitivamente il problema degli specializzandi. Il problema è quello dell’imbuto formativo, ovvero il limbo in cui rimangono i laureati in medicina che non riescono ad aggiudicarsi una borsa di studio. E così si è riaperto anche il dibattito sul test di ingresso a medicina. Manfredi sembra intenzionato a superare gradualmente il numero chiuso e ha già annunciato che quest’anno i posti aumenteranno, passando da 12.000 a 13.500, ma le associazioni sono contrarie: “Chi entrerà quest’anno, se va bene, sarà specialista nel 2031, una prospettiva ridicola rispetto alle esigenze attuali”, sostiene Massimo Minerva, presidente dell’Associazione liberi specializzandi. “L’abolizione del numero chiuso, senza una corretta programmazione, finirà per creare una marea di medici disoccupati tra qualche anno. L’obiettivo deve essere quello di far specializzare chi è già laureato”.