Per vent’anni è sopravvissuto alle vendette dei suoi ex sodali, ma non al coronavirus. L’epidemia uccide anche Francesco Di Carlo, importante boss di Cosa nostra, da circa 25 anni collaboratore di giustizia. A dare notizia della morte – avvenuta per una polmonite causata dal Covid 19 – è l’agenzia Ansa. Di Carlo era un pentito importante: fu il primo a parlare degli incontri tra Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e Stefano Bontade, all’epoca al vertice della mafia siciliana e poi assassinato dai corleonesi di Totò Riina. Non un racconto de relato: Di Carlo fu testimone oculare di quel faccia a faccia tra il padrino Cosa nostra e l’imprenditore di Arcore nel 1974. Era l’unico sopravvissuto, a parte Berlusconi e Dell’Utri e la corte d’appello di Palermo gli ha creduto.
Boss di Altofonte, storico narcotrafficante di Cosa nostra, per anni è stato detenuto in Inghilterra dove, dietro il paravento di una società di import-export, gestiva traffici di cocaina per miliardi di sterline. Un uomo in chiaroscuro e dai molteplici misteri: aveva, per sua stessa ammissione, rapporti coi servizi segreti di mezzo mondo, e secondo un altro pentito, Francesco Marino Mannoia, sarebbe stato lui a uccidere il banchiere Roberto Calvi. L’ultima intervista l’ha rilasciata il 9 febbraio al Fatto Quotidiano per commentare le dichiarazioni in aula di Giuseppe Graviano: quelle in cui il boss di Brancaccio fa per la prima volta il nome dell’ex presidente del consiglio. “Lui ricostruisce 25 anni di rapporti con Berlusconi e non c’è mai una volta che avrebbe partecipato Dell’Utri? Mai Cinà? E poi non mi torna nemmeno il ruolo del nonno e del cugino Salvatore, mai sentiti in Cosa nostra. In questo racconto si capisce che lui vuol far trasparire qualcosa che sa, però non torna una cosa: non fa mai il nome di Marcello Dell’Utri”, è l’analisi che Di Carlo ha fatto della deposizione di Graviano.
Intelligente, brillante, ma anche a tratti feroce persino soltanto con lo sguardo, negli anni ’70 Di Carlo è uno dei pochi a godere della fiducia di entrambi gli schieramenti interni a Cosa nostra: amico fin dalla tenera età di Bontate, che lui chiama “il barone“, era anche legato ai corleonesi, che nel 1976 lo fanno promuovere capofamiglia. Poi nel 1996 decide di “farsi” un pentito. Per i pm diventa una sorta di enciclopedia, visto che fornisce dettagli sugli omicidi dei carabinieri Emanuele Basile e Giuseppe Russo, dei giudici Cesare Terranova, Gaetano Costa e Pietro Scaglione, dei giornalisti Mauro De Mauro e Mario Francese, ma anche di Piersanti Mattarella, presidente della Regione e fratelo dell’attuale capo dello Stato.
Ma soprattutto Di Carlo diventa uno dei testimoni chiave dei processi a Dell’Utri, l’ex senatore di Forza Italia condannato in via definitiva a sette anni per concorso esterno a Cosa nostra. È il boss di Altofonte che racconta ai magistrati l’ormai noto incontro tra Bontate e Berlusconi nel capoluogo lombardo nel 1974: “Ero a Milano con Bontate, Teresi e Cinà. Siamo andati nell’ufficio di Martello in via Larga, vicino al Duomo, che era una specie di ufficio di Cosa nostra. Guidava Nino Grado perché conosceva Milano bene. Dopo la riunione con Martello, Stefano Bontate mi disse che dovevano incontrare un industriale, un certo Berlusconi: a quel tempo il nome non mi diceva niente”. Non era una novità: “Bontate ha sempre trattato con politici, Teresi era un grosso costruttore, per cui non mi impressionavo che andassero a trattare con vari industriali. A quei tempi era una cosa normale: ognuno, industriale o qualcuno, si rivolgeva a Cosa nostra o per mettere a posto un’azienda o per garantirsi”.
La deposizione di Di Carlo ha fatto la storia giudiziaria del processo all’ex senatore di Forza Italia: “Era il 1974, poteva essere primavera o autunno, ricordo che non avevamo cappotti: io avevo giacca e cravatta… Siamo andati in un palazzo di inizio Novecento, non una villa. Qui ci viene incontro Dell’Utri, che io avevo già visto con Tanino Cinà. Con gli altri, compreso Bontate, Dell’Utri si è salutato con il bacio, a me con una stretta di mano. Con Grado già si conoscevano, perché avevano battute di scherzo e si davano del tu. Quindi siamo entrati in una grande stanza, con scrivania, sedie e mi sembra qualche divano, e dopo mezz’ora è spuntato questo signore sui trenta e rotti anni, che ci è stato presentato come il dottore Berlusconi. Dell’Utri era in giacca e cravatta, Berlusconi con un maglioncino a girocollo e la camicia sotto. Dopo il caffè cominciarono i discorsi seri”. Quello che il pentito mise a verbale è il racconto in presa diretta dal faccia a faccia tra l’imprenditore di Arcore e il capomafia di Villagrazia: “Teresi disse che stava facendo due palazzi a Palermo, Berlusconi rispose che lui stava costruendo una città intera e che amministrativamente non c’è molta differenza: ci ha fatto una specie di lezione economica. Poi sono andati nel discorso di garanzia, che Milano oggi è preoccupante perché succedono un sacco di rapimenti… Io sapevo che Luciano Leggio, quando era ancora libero, diceva che voleva portarsi tutti i soldi del Nord a Corleone… Stefano Bontate aveva la parola, perché era il capomandamento, io c’ero solo per l’intimità con lui. Berlusconi ha spiegato che aveva dei bambini e non stava tranquillo, per cui avrebbe voluto una garanzia, e qua gli dice: Marcello mi ha detto che lei è una persona che mi può garantire questo e altro. Allora Stefano Bontate fa il modesto, ma poi lo rassicura: Può stare tranquillo, deve dormire tranquillo, perché lei avrà vicino delle persone che qualsiasi cosa chiede avrà fatto. Poi lei ha Marcello qua vicino, per qualsiasi cosa si rivolge a Marcello.… E poi aggiunge: Le mando qualcuno”. Quel qualcuno altri non è che Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore.
Di Carlo ha spiegato anche il motivo dell’arrivo di Mangano ad Arcore: “Ci voleva qualcuno di Cosa nostra” perché Dell’Utri non era affiliato come uomo d’onore. Appena Bontate ha pronunciato quelle parole, “Cinà e Dell’Utri si sono guardati”. Una volta usciti dagli uffici di Berlusconi, ha continuato il pentito, “Cinà ha detto a Bontate e Teresi: Ma qui c’è già Vittorio Mangano, che è amico anche di Dell’Utri”. Di Carlo ha ricordato che “Stefano non ci teneva particolarmente, però Mangano era della famiglia di Porta nuova con a capo Pippo Calò, quindi era nel mandamento di Bontate. Per cui Bontate ha detto: “Ah, lasciateci Vittorio”. “Ci hanno messo vicino Vittorio Mangano certamente non come stalliere, perché, non offendiamo il signor Mangano, Cosa nostra non pulisce stalle a nessuno”, ha spiegato Di Carlo. “Ci hanno messo uno ad abitare là, a Milano: Mangano trafficava e nello stesso tempo Berlusconi faceva la figura che aveva vicino qualcuno di Cosa nostra… Basta questo in Cosa nostra, perché qualunque delinquente voglia fare qualche azione, si prendono subito provvedimenti”. Quella “cortesia” non era gratuita. E a raccontarlo è stato sempre il boss di Altofonte: “Tanino Cinà mi dice: Sono imbarazzato, perché subito mi hanno detto di chiedergli 100 milioni di lire… Mi pare malo. E io gli dissi: Ma tu chi ti ’na fari? Tanto sono ricchi… E poi ci hanno voluto”.
Mafie
Coronavirus, morto il boss Francesco Di Carlo: fu il pentito che raccontò gli incontri tra Berlusconi, Dell’Utri e Bontade
Il boss di Altofonte, storico narcotrafficante di Cosa nostra, per anni è stato detenuto in Inghilterra dove, dietro il paravento di una società di import-export, gestiva traffici di cocaina per miliardi di sterline. Da pentito è stato tra i principali accusatori dell'ex senatore di Forza Italia
Per vent’anni è sopravvissuto alle vendette dei suoi ex sodali, ma non al coronavirus. L’epidemia uccide anche Francesco Di Carlo, importante boss di Cosa nostra, da circa 25 anni collaboratore di giustizia. A dare notizia della morte – avvenuta per una polmonite causata dal Covid 19 – è l’agenzia Ansa. Di Carlo era un pentito importante: fu il primo a parlare degli incontri tra Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e Stefano Bontade, all’epoca al vertice della mafia siciliana e poi assassinato dai corleonesi di Totò Riina. Non un racconto de relato: Di Carlo fu testimone oculare di quel faccia a faccia tra il padrino Cosa nostra e l’imprenditore di Arcore nel 1974. Era l’unico sopravvissuto, a parte Berlusconi e Dell’Utri e la corte d’appello di Palermo gli ha creduto.
Boss di Altofonte, storico narcotrafficante di Cosa nostra, per anni è stato detenuto in Inghilterra dove, dietro il paravento di una società di import-export, gestiva traffici di cocaina per miliardi di sterline. Un uomo in chiaroscuro e dai molteplici misteri: aveva, per sua stessa ammissione, rapporti coi servizi segreti di mezzo mondo, e secondo un altro pentito, Francesco Marino Mannoia, sarebbe stato lui a uccidere il banchiere Roberto Calvi. L’ultima intervista l’ha rilasciata il 9 febbraio al Fatto Quotidiano per commentare le dichiarazioni in aula di Giuseppe Graviano: quelle in cui il boss di Brancaccio fa per la prima volta il nome dell’ex presidente del consiglio. “Lui ricostruisce 25 anni di rapporti con Berlusconi e non c’è mai una volta che avrebbe partecipato Dell’Utri? Mai Cinà? E poi non mi torna nemmeno il ruolo del nonno e del cugino Salvatore, mai sentiti in Cosa nostra. In questo racconto si capisce che lui vuol far trasparire qualcosa che sa, però non torna una cosa: non fa mai il nome di Marcello Dell’Utri”, è l’analisi che Di Carlo ha fatto della deposizione di Graviano.
Intelligente, brillante, ma anche a tratti feroce persino soltanto con lo sguardo, negli anni ’70 Di Carlo è uno dei pochi a godere della fiducia di entrambi gli schieramenti interni a Cosa nostra: amico fin dalla tenera età di Bontate, che lui chiama “il barone“, era anche legato ai corleonesi, che nel 1976 lo fanno promuovere capofamiglia. Poi nel 1996 decide di “farsi” un pentito. Per i pm diventa una sorta di enciclopedia, visto che fornisce dettagli sugli omicidi dei carabinieri Emanuele Basile e Giuseppe Russo, dei giudici Cesare Terranova, Gaetano Costa e Pietro Scaglione, dei giornalisti Mauro De Mauro e Mario Francese, ma anche di Piersanti Mattarella, presidente della Regione e fratelo dell’attuale capo dello Stato.
Ma soprattutto Di Carlo diventa uno dei testimoni chiave dei processi a Dell’Utri, l’ex senatore di Forza Italia condannato in via definitiva a sette anni per concorso esterno a Cosa nostra. È il boss di Altofonte che racconta ai magistrati l’ormai noto incontro tra Bontate e Berlusconi nel capoluogo lombardo nel 1974: “Ero a Milano con Bontate, Teresi e Cinà. Siamo andati nell’ufficio di Martello in via Larga, vicino al Duomo, che era una specie di ufficio di Cosa nostra. Guidava Nino Grado perché conosceva Milano bene. Dopo la riunione con Martello, Stefano Bontate mi disse che dovevano incontrare un industriale, un certo Berlusconi: a quel tempo il nome non mi diceva niente”. Non era una novità: “Bontate ha sempre trattato con politici, Teresi era un grosso costruttore, per cui non mi impressionavo che andassero a trattare con vari industriali. A quei tempi era una cosa normale: ognuno, industriale o qualcuno, si rivolgeva a Cosa nostra o per mettere a posto un’azienda o per garantirsi”.
La deposizione di Di Carlo ha fatto la storia giudiziaria del processo all’ex senatore di Forza Italia: “Era il 1974, poteva essere primavera o autunno, ricordo che non avevamo cappotti: io avevo giacca e cravatta… Siamo andati in un palazzo di inizio Novecento, non una villa. Qui ci viene incontro Dell’Utri, che io avevo già visto con Tanino Cinà. Con gli altri, compreso Bontate, Dell’Utri si è salutato con il bacio, a me con una stretta di mano. Con Grado già si conoscevano, perché avevano battute di scherzo e si davano del tu. Quindi siamo entrati in una grande stanza, con scrivania, sedie e mi sembra qualche divano, e dopo mezz’ora è spuntato questo signore sui trenta e rotti anni, che ci è stato presentato come il dottore Berlusconi. Dell’Utri era in giacca e cravatta, Berlusconi con un maglioncino a girocollo e la camicia sotto. Dopo il caffè cominciarono i discorsi seri”. Quello che il pentito mise a verbale è il racconto in presa diretta dal faccia a faccia tra l’imprenditore di Arcore e il capomafia di Villagrazia: “Teresi disse che stava facendo due palazzi a Palermo, Berlusconi rispose che lui stava costruendo una città intera e che amministrativamente non c’è molta differenza: ci ha fatto una specie di lezione economica. Poi sono andati nel discorso di garanzia, che Milano oggi è preoccupante perché succedono un sacco di rapimenti… Io sapevo che Luciano Leggio, quando era ancora libero, diceva che voleva portarsi tutti i soldi del Nord a Corleone… Stefano Bontate aveva la parola, perché era il capomandamento, io c’ero solo per l’intimità con lui. Berlusconi ha spiegato che aveva dei bambini e non stava tranquillo, per cui avrebbe voluto una garanzia, e qua gli dice: Marcello mi ha detto che lei è una persona che mi può garantire questo e altro. Allora Stefano Bontate fa il modesto, ma poi lo rassicura: Può stare tranquillo, deve dormire tranquillo, perché lei avrà vicino delle persone che qualsiasi cosa chiede avrà fatto. Poi lei ha Marcello qua vicino, per qualsiasi cosa si rivolge a Marcello.… E poi aggiunge: Le mando qualcuno”. Quel qualcuno altri non è che Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore.
Di Carlo ha spiegato anche il motivo dell’arrivo di Mangano ad Arcore: “Ci voleva qualcuno di Cosa nostra” perché Dell’Utri non era affiliato come uomo d’onore. Appena Bontate ha pronunciato quelle parole, “Cinà e Dell’Utri si sono guardati”. Una volta usciti dagli uffici di Berlusconi, ha continuato il pentito, “Cinà ha detto a Bontate e Teresi: Ma qui c’è già Vittorio Mangano, che è amico anche di Dell’Utri”. Di Carlo ha ricordato che “Stefano non ci teneva particolarmente, però Mangano era della famiglia di Porta nuova con a capo Pippo Calò, quindi era nel mandamento di Bontate. Per cui Bontate ha detto: “Ah, lasciateci Vittorio”. “Ci hanno messo vicino Vittorio Mangano certamente non come stalliere, perché, non offendiamo il signor Mangano, Cosa nostra non pulisce stalle a nessuno”, ha spiegato Di Carlo. “Ci hanno messo uno ad abitare là, a Milano: Mangano trafficava e nello stesso tempo Berlusconi faceva la figura che aveva vicino qualcuno di Cosa nostra… Basta questo in Cosa nostra, perché qualunque delinquente voglia fare qualche azione, si prendono subito provvedimenti”. Quella “cortesia” non era gratuita. E a raccontarlo è stato sempre il boss di Altofonte: “Tanino Cinà mi dice: Sono imbarazzato, perché subito mi hanno detto di chiedergli 100 milioni di lire… Mi pare malo. E io gli dissi: Ma tu chi ti ’na fari? Tanto sono ricchi… E poi ci hanno voluto”.
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Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il governo Meloni, in quasi due anni, non ha adottato alcuna misura efficace per contrastare l’aumento delle bollette, preferendo smantellare il mercato tutelato e aggravando così la situazione di famiglie e imprese". Lo afferma Ubaldo Pagano, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Bilancio alla Camera, sottolineando la necessità di un cambio di rotta immediato. Il Partito Democratico torna a chiedere interventi concreti, proponendo due soluzioni centrali: separare il costo dell’energia da quello del gas e istituire un ente pubblico che possa garantire prezzi più accessibili.
"Non possiamo accettare – aggiunge Pagano – che il nostro sistema energetico rimanga vincolato a un meccanismo che pesa enormemente sulle tasche di cittadini e aziende. Il gas è la fonte più costosa e instabile, e continuare a legare il prezzo dell’elettricità a questa risorsa è un errore che il governo deve correggere subito. Le bollette stanno raggiungendo livelli insostenibili proprio nei mesi di maggiore consumo: Meloni e la sua maggioranza si decidano ad agire, perché gli italiani non possono più aspettare", conclude Pagano.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Non è più procrastinabile un intervento del Governo per contenere i costi delle bollette, oramai insostenibili per milioni di italiani. Governo e maggioranza facciano proprie le proposte del Pd avanzate da Elly Schlein e tutte a costo zero. Proposte semplici, chiare ed efficaci. Approviamole con spirito bipartisan per il bene del Paese". Così in una nota il senatore del Pd Michele Fina.
"Dopo che il taglio delle accise, promesso dalla presidente Meloni, era rimasto intrappolato nella distanza che c'è tra il dire e il fare e nulla è stato fatto è ora che maggioranza e governo prendano atto della gravità della situazione. Come si fa a non rendersi conto che questa emergenza bollette si aggiunge all’aumento di carburante, RC Auto e pedaggi, beni alimentari, materiale scolastico e affitti? Una situazione sconfortante che si va ad aggiungere ad una economia che arretra da 750 giorni, proprio mentre attendiamo gli effetti nefasti dei dazi di Trump".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Si riunirà domani pomeriggio il gruppo Pd della Camera e all'ordine del giorno c'è anche la questione della pdl Cisl sulla partecipazione dei lavoratori. Dopodomani infatti si riunirà in mattinata il Comitato dei 9 e quindi è atteso il provvedimento in aula. Provvedimento sul quale si sono registrate sensibilità diverse tra i dem. Con il disagio dell'area riformista, in particolare, a dire no all'iniziativa promossa dalla Cisl. Per un altro pezzo dei dem invece, come Arturo Scotto e Maria Cecilia Guerra, il testo base è stato stravolto dalla maggioranza ed è quindi insostenibile. Testo su cui, per altro, ha messo il cappello la stessa premier Giorgia Meloni parlando all'ultima assemblea Cisl.
I dem, per trovare una quadra, si erano già confrontati nelle settimane scorse in una riunione del gruppo a Montecitorio. Si era deciso di rinviare la decisione sul voto, in attesa di vedere se la maggioranza si fosse resa disponibile ad accogliere alcune modifiche, in aula, proposte dal Pd. "Attendiamo un segnale", si era detto. A quasi un mese di distanza però il 'segnale' non sembra arrivato. Dice Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro: "Noi abbiamo tenuto sempre come bussola il merito. E votare no al mandato al relatore, è stata un scelta di merito perchè il testo base Cisl è stato completamente stravolto e peggiorato. Tanto che viene da chiedersi come sia possibile che un grande sindacato come la Cisl possa riconoscere come proprio il provvedimento che arriva in aula...".
"Ma -aggiunge- abbiamo detto che eravamo disponibili a modificare il nostro no in commissione, se in aula la maggioranza avesse dato l'ok ad alcune significative modifiche. Al momento, però non abbiamo avuto alcun segnale in questa direzione". E quindi, va a finire che il Pd si divide? "Non credo proprio". Magari si va verso un'astensione? "Domani abbiamo il gruppo, discuteremo domani".
Roma, 24 feb. (Adnkronos Salute) - L'intervento e le cure per il tumore al seno possono avere un forte impatto sulla sfera emotiva e sessuale della donna; il bisogno di recuperare femminilità e intimità, così come il desiderio di maternità, sono molto sentiti dalle pazienti, che però non ne parlano. Lo confermano i dati di un'indagine condotta da Iqvia e promossa da Europa Donna Italia per comprendere l'impatto della malattia sull'identità femminile e la relazione di coppia. I risultati sono stati presentati nel corso del convegno scientifico 'Rəvolution in medicine', che si è tenuto sabato 22 febbraio all'università degli Studi di Milano.
Oltre il 90% delle donne riscontra problemi legati alla sfera sessuale in seguito a interventi e trattamenti per il tumore al seno, ma il 66% non ne parla con nessuno e il 42% rinuncia a gestirli, evidenzia la ricerca coordinata da Isabella Cecchini, responsabile del Centro studi Iqvia Italia, che ha coinvolto 382 donne con diagnosi di tumore al seno di diverse fasce di età e a diverso stadio di malattia. I risultati indicano che le tematiche relative a emozioni e sessualità sono percepite importanti per il 72% del campione, ma restano taciute non solo dalle donne stesse - principalmente per timore, vergogna, idea che siano aspetti secondari rispetto alle priorità dettate dalla malattia - ma anche dai medici.
"Rispetto agli esordi del mio essere oncologa - dichiara Manuelita Mazza, oncologa della Senologia medica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e responsabile scientifica di 'Rəvolution in medicine' - la vita delle pazienti è cambiata. In poco più di vent'anni ho assistito a grandi passi avanti nella capacità di curare il tumore al seno, anche nelle forme metastatiche; tuttavia, se si guarisce sempre di più e l'aspettativa di vita è più lunga, non sono certa sia anche più larga, più piena, più densa di vita stessa. La salute sessuale è un aspetto puntualmente trascurato del benessere di chi ha una diagnosi impegnativa come il tumore al seno, specie se metastatico, ma è parte integrante del benessere di ciascuna donna e non può essere un argomento omesso a fronte di una diagnosi di tumore al seno".
"Fornire alla paziente informazioni chiare sugli effetti collaterali sessuali dei trattamenti e, se desiderato, includere il partner nelle discussioni cliniche può fare una grande differenza - prosegue Mazza - Questa apertura non solo supporta meglio la paziente, ma le permette di sentirsi compresa in una delle sfere più intime e vulnerabili della sua vita".
I dati presentati confermano quanto un cambio di passo sia necessario: appena il 22% delle donne intervistate ha un alto livello di consapevolezza dell'impatto delle terapie sulla propria sessualità, l'11% ha interrotto la relazione con il proprio partner dopo la diagnosi di tumore al seno e 2 coppie su 3 hanno interrotto i rapporti sessuali. Anche sul fronte della maternità emergono dati significativi: solo 3 pazienti su 4 parlano del desiderio di diventare madri con il proprio medico di riferimento, e la comunicazione risulta chiara e rassicurante appena per la metà di esse, con il risultato che troppo spesso si rinuncia al proprio progetto di vita perché non si sono ricevute informazioni adeguate.
"E' il momento di promuovere un cambiamento - commenta Rosanna D'Antona, presidente di Europa Donna Italia - e far sì che i problemi riscontrati dalle pazienti nella sfera emotiva e sessuale escano dal cono d’ombra del tabù. Le donne chiedono un supporto specifico da parte dei medici e vorrebbero essere affiancate anche dagli psiconcologi. L'impegno di Europa Donna in queste direzioni non mancherà. Già dal 2022 abbiamo avviato il progetto 'Come Prima', dedicato al recupero della femminilità e al desiderio di maternità delle donne con tumore del seno, coinvolgendo le pazienti, i loro partner e i medici con materiale informativo e appuntamenti dedicati, e proseguono i nostri sforzi per promuovere e normalizzare il dialogo tra pazienti e professionisti sanitari, medici in primis, anche su questi aspetti. Non dimentichiamo che la presa in carico delle pazienti deve prendere in considerazione non solo la malattia di per sé, ma la donna nella sua interezza, con i suoi bisogni fisici e psicologici".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "La vicenda di attivisti e giornalisti spiati sta assumendo tratti sempre più inquietanti. Anche Don Mattia Ferrari, prete attivo con Mediterranea, è stato spiato con un software installato sul suo telefono". Lo dice la segretaria del Pd Elly Schlein.
"È urgente e necessario che il governo, e in particolare Giorgia Meloni, smetta di scappare e si impegni a chiarire al Paese chi sta spiando attivisti e giornalisti, perché qui sono a rischio le fondamenta dello stato di diritto. Abbiamo chiesto al governo di dirci quali entità statali hanno autorizzato l’installazione dei software di Paragon sui cellulari spiati, e il governo non sta dando queste risposte".
"Che cosa sta coprendo? Perché la Presidente del Consiglio trova il tempo di partecipare a ogni convention sovranista, ma non lo trova per fare chiarezza su questi fatti gravissimi e renderne conto al Parlamento? Le italiane e gli italiani meritano risposte ed è suo dovere fornirle. Da parte mia e di tutto il Partito democratico piena solidarietà e sostegno a Don Mattia Ferrari".
Milano, 24 feb. (Adnkronos) - Supportare e valorizzare le attività di alta formazione, ricerca e trasferimento tecnologico, attraverso iniziative di promozione e sostegno finanziario e strategie di cooperazione nazionale e internazionale, per contribuire alla crescita economica del Paese, mettendo in stretta connessione mondo accademico e produttivo. E' la mission della Fondazione Bicocca, il nuovo ente costituito dall'università di Milano-Bicocca presentato oggi nell’Aula Magna dell’ateneo, durante l’evento 'Connessioni per il futuro', alla presenza della rettrice Giovanna Iannantuoni, del presidente della Fondazione e prorettore vicario dell’ateneo Marco Orlandi, del sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri Alessandro Morelli, dell’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia Guido Guidesi e dell’assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro del Comune di Milano Alessia Cappello.
La Fondazione Bicocca è una fondazione di partecipazione, senza scopo di lucro, e nasce per favorire la partnership tra ateneo e soggetti esterni, la collaborazione tra pubblico e privato. Sue finalità principali sono il sostegno all’imprenditorialità accademica e alla valorizzazione della proprietà intellettuale, il supporto ai servizi per gli studenti e alle iniziative di orientamento e la partecipazione a progetti internazionali, europei e nazionali per attrarre finanziamenti a sostegno della ricerca e dell’innovazione.
Fondazione Bicocca avrà il suo quartier generale nella sede principale dell'università, nell'edificio U6 Agorà. A poca distanza, in Bim, il grande progetto di rigenerazione urbana promosso da Aermont Capital e Kervis Sgr che sta trasformando un iconico edificio di Vittorio Gregotti in una work destination all’avanguardia, troverà casa il Bicocca Pavilion, il nuovo innovation hub della Fondazione Bicocca, che mette in relazione le eccellenze dell'ateneo con il mondo delle imprese. Il pavilion, progettato da Piuarch e costruito al centro della piazza, immerso nel verde, è uno spazio polifunzionale dal design distintivo e flessibile, pensato per ospitare un ecosistema evoluto di imprese e professionisti, favorendo il dialogo e le sinergie. L’inaugurazione del Bicocca Pavilion avverrà il 14 aprile.
Nello specifico, la Fondazione opera nei seguenti ambiti: alta formazione, con la gestione e la promozione di tutti i master di I e II livello, corsi professionalizzanti, summer e winter school e convegni accademici, con l’obiettivo di aumentare del 10 per cento l’offerta formativa a partire dall’anno accademico 2025-2026; ricerca e trasferimento tecnologico, con la promozione e la valorizzazione dei risultati della ricerca universitaria attraverso il supporto alla brevettazione e alla partnership con imprese ed enti pubblici, con lo scopo di incrementare del 10 per cento i proventi da collaborazioni con aziende; eventi e public engagement, con il coordinamento e l'organizzazione di hackathon, workshop e conferenze per promuovere la ricerca, condividerne la conoscenza con il pubblico e attrarre sponsorizzazioni private.
E' prevista l’organizzazione di almeno 10 eventi sponsorizzati all’anno. "La creazione della Fondazione Bicocca rappresenta un passo strategico per il nostro ateneo -afferma la rettrice dell’Università di Milano-Bicocca Giovanna Iannantuoni- introducendo una serie di vantaggi operativi, gestionali e strategici che integrano e potenziano le attività già svolte. La Fondazione potenzia e amplifica l’impatto dell’Università sul territorio e nel panorama accademico nazionale e internazionale. Milano-Bicocca si pone all’avanguardia nella creazione di un ecosistema accademico-innovativo, in grado di rispondere alle sfide del futuro con strumenti più efficaci e competitivi".
"Grazie alla Fondazione -dichiara il presidente della Fondazione e prorettore vicario dell’ateneo, Marco Orlandi- potremo ottimizzare la gestione di iniziative chiave per la formazione, il trasferimento tecnologico e la valorizzazione della ricerca, consolidando il ruolo dell'università di Milano-Bicocca come polo di eccellenza. Vogliamo che la Fondazione diventi un punto di riferimento per la valorizzazione della conoscenza e dell’innovazione tecnologica, promuovendo sinergie con il mondo imprenditoriale e con le istituzioni pubbliche".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "A tre anni dalla brutale aggressione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, vanno ribadite vicinanza e solidarietà alla coraggiosa resistenza ucraina a difesa della propria indipendenza e della libertà delle sue scelte nazionali". Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
"La violazione delle più basilari norme di convivenza internazionale, infrangendo anche solenni impegni assunti nel 1994 tra le due parti, le centinaia di migliaia di vittime, anche tra la popolazione civile, la devastazione volutamente perseguita delle infrastrutture ucraine -aggiunge il Capo dello Stato- sollecitano, insieme a una severa condanna, la ricerca di rapido avvio di colloqui affinché le due parti pervengano alla definizione di una pace giusta, in linea con i principi dell’Onu, garantita da efficaci misure di sicurezza che la rendano effettiva e definitiva".