Erano abituati a calci, schiaffi, colpi di scopa e continue vessazione. Così, alla vista dei finanzieri, c’è chi ha pianto. La residenza in cui si trovavano era diventata una casa degli orrori per 12 anziani, vittime di violenze e minacce nel pieno del centro storico di Palermo. Le microspie della Guardia di finanza hanno documentato almeno settanta episodi tra schiaffi, calci, pugni e angherie, intercettando urla strazianti. In 6 tra gestori e operatori della residenza per anziani Bell’Aurora sono stati arrestati su disposizione del gip Fabio Pilato che ha registrato “l’urgenza di interrompere un orrore quotidiano”, disponendo il carcere per i sei, accusati di maltrattamento, vista la loro “indole criminale e spietata”, la “immoralità” dei loro comportamenti e la “disumanità degli impulsi”.
In piena emergenza coronavirus, lo scorso 15 marzo, era morta anche un’anziana di 86 anni. Nonostante ciò, soltanto stamattina al termine del blitz, gli ospiti sono stati sottoposti al tampone. “Vincenza ti dico che io in altri periodi avrei aspettato che moriva perché già boccheggiava”, diceva intercettata in quei giorni Maria Cristina Catalano, titolare della casa di riposo Bell’Aurora, oggi tra gli arrestati. “Fosse stato un altro periodo – aggiungeva – non avrei fatto niente l’avrei messa a letto e avrei aspettato. Perché era morta”. Sul decesso della donna, suocera del pentito di mafia Gaspare Spatuzza e da referto deceduta per arresto cardiocircolatorio, sono ancora in corso delle indagini.
Oltre all’amministratrice Catalano – già titolare delle altre società fallite e accusata di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio anche per essersi servita di ‘teste di legno’ – sono stati arrestati anche la socia Vincenza Bruno, le dipendenti Anna Monti, Valeria La Barbera, Antonina Di Liberto e Rosaria Florio. Nell’indagine è coinvolto anche un dipendente pubblico. Durante l’inchiesta sono anche state raccolte le testimonianze di alcuni ex dipendenti che hanno raccontato allarmanti episodi di maltrattamento, fisico e psicologico, ai danni degli anziani ospiti della casa di riposo. Le intercettazioni poi hanno ricostruito il clima mortificante fatto di continue ingiurie e minacce. Tra le riprese captate si vede un’anziana che viene legata a una sedia a rotelle per impedirle di muoversi. “Se tu ti muovi di qua io ti rompo una gamba così la smetti, o zitta, muta”, diceva una delle operatrici. “Devi morire, devi buttare il veleno là”, assieme a spintoni, calci e schiaffi, colpi di scopa.
Un inferno svelato quasi per caso da un’indagine sul fallimento di una delle società intestate a Catalano, che aveva gestito la casa di cura, sostengono gli inquirenti, producendo un buco da oltre un milione di euro. Un’inchiesta lampo partita a fine 2019 e intensificata agli inizi di febbraio con l’installazione delle prime cimici. Poche settimane dopo i pm della Procura di Palermo – aggiunto Sergio Demontis, sostituto procuratore Anna Battaglia – chiesero l’arresto dei sei. Ma le indagini sono proseguite fino a sabato scorso, quando i finanzieri del Nucleo di polizia economica finanziaria del colonnello Gianluca Angelini hanno depositato l’ultima informativa. Documentando “una sistematica attuazione di metodi di vessazione fisica e psicologica inflitti agli anziani costretti a vivere in uno stato di costante soggezione e paura, ingenerando uno stato di totale esasperazione fino al compimento di atti di autolesionismo”. Delle precauzioni introdotte per evitare la diffusione del coronavirus, sostengono gli investigatori, neanche l’ombra.
Gli arresti sono stati ritenuti “necessari e indifferibili” dal gip Pilato che ha disposto anche il sequestro preventivo (quale profitto dei delitti di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio), della società che gestisce la struttura, affidandola a un amministratore giudiziario. La residenza era operativa ininterrottamente dal 1992, gestita di volta in volta da società finite in fallimento, spesso con la connivenza dei dipendenti. Nel corso delle indagini è emerso che un’operatrice arrestata, Antonina Di Liberto, nonostante lavorasse nella casa di cura Bell’Aurora, dal maggio 2019 percepiva con il compagno il reddito di cittadinanza e i due erano stati denunciati per dichiarazioni mendaci. Da stamattina però “al fine di assicurare la prosecuzione dell’attività con personale qualificato” l’intero staff di dipendenti è stato sostituito al termine del blitz dei finanzieri, coordinato con il personale del 118 e dell’Asp di Palermo con un team di psicologi.