Proposta dei tecnici, decisione del Pirellone, controllo delle aziende sanitarie territoriali. E’ stata questa la catena di scelte e responsabilità che ha portato i pazienti Covid nelle case di riposo della Lombardia, con tutto quello che questa mossa ha rappresentato in termini di contagio e numero delle vittime. Una dinamica su cui la Procura di Milano sta cercando di far luce, nella maxi inchiesta sul Pio Albergo Trivulzio, su altre rsa lombarde e sul ruolo effettivamente ricoperto dai dirigenti regionali e dagli amministratori delle residenze citate nel fascicolo.

Un’inchiesta che però non preoccupa più di tanto Attilio Fontana, che al Tg1 Lombardia ha ribadito che sulle rsa “credo proprio che non abbiamo assolutamente sbagliato niente”. Il governatore ha rivendicato la scelta fatta: “L’Ats doveva controllare le condizioni delle delibera, ossia l’isolamento in singoli reparti e dipendenti dedicati esclusivamente a quei pazienti – ha spiegato – e, sulla base delle risultanze tecniche, abbiamo portato avanti il provvedimento“. Lo rifareste? “Certamente, in quel periodo drammatico che stavamo vivendo. Abbiamo liberato posti in ospedale“.

La catena delle decisioni in Lombardia – La spiegazione della catena decisionale era già emersa dalle denunce e dalla pubblicazione delle delibere regionali, ma ora è arrivata anche dalla voce del governatore lombardo Attilio Fontana. Il presidente leghista di Regione Lombardia ha parlato a Mattino Cinque, sulle reti Mediaset, dove si è detto tranquillo in merito all’inchiesta della Procura di Milano sui morti al Pio Albergo Trivulzio e nelle altre rsa regionali: “Aspetto con estrema serenità l’esito delle indagini, noi abbiamo fatto una delibera proposta dai nostri tecnici – ha spiegato Fontana – Sono stati i nostri esperti a dire che a determinate condizioni, e cioè che esistessero reparti isolati dal resto della struttura e che ci fossero dei dipendenti dedicati ai malati Covid, la cosa si poteva fare. Le case di riposo che avevano queste condizioni – ha ribadito il governatore – hanno aderito alla proposta”.

Fontana: “Inchiesta Trivulzio? Sonos ereno” – Fontana poi ha tenuto a sottolineare che la decisione è arrivata in un momento di grande difficoltà per la sanità regionale: “Bisogna ricordare – ha detto – che la scelta è stata fatta perché non avevamo più posti per curare gente in ospedale, che non poteva restare a casa perché non riusciva a respirare e quindi doveva essere messa in terapia intensiva”. Da qui la scelta di trovare soluzioni alternative, ma sempre emergenziali: “Sono stati i nostri tecnici che ci hanno fatto la proposta e hanno valutato le proposte delle singole case di riposo e noi ci siamo adeguati” ha aggiunto Fontana, che poi ha specificato come la responsabilità del controllo “è dell’Ats, che si è recata sul posto a valutare se ci fossero le condizioni o meno, infatti sono pochissime le case che hanno accettato”. Numeri? “Su 705 in Lombardia solo 15 avevano le condizioni e hanno aderito” ha spiegato il governatore, secondo cui come ‘intensità dei focolai’ queste strutture sono “leggermente sotto la media”.

Il Pd: “Il governatore scarica la responsabilità sulle aziende sanitarie” – Una ricostruzione, quella di Fontana, che non è andata giù al Partito democratico lombardo, che parla di tentativo di scaricabarile. “Leggiamo con stupore la ricostruzione che fa stamattina il Presidente Fontana sull’ingresso di pazienti positivi al Covid19 nelle Rsa – ha detto Vinicio Peluffo, segretario Pd Lombardo – Secondo l’ultima versione infatti sarebbero stati i tecnici dell’Ats a valutare le condizioni e la Regione si sarebbe fidata. Peccato che i fatti smentiscano questa narrazione. Ricordiamo infatti che il documento ufficiale che ha dato il via a tutto questo è una delibera di giunta – ha aggiunto il dirigente dem – Che significa una piena responsabilità politica di chi governa la Regione, tutto l’esecutivo compresi Fontana e Gallera. Se Fontana avesse ritenuto inopportuna la scelta avrebbe potuto decidere diversamente”.

L’inchiesta: i pm analizzano centinaia di cartelle cliniche da gennaio a oggi – Nel frattempo prosegue l’inchiesta della Procura di Milano, con le indagini che si stanno concentrando anche sugli “ingressi” cosiddetti “pringe”. Si tratta del pronto intervento geriatrico per pazienti di ospedali trasferiti temporaneamente in degenza al Pio Albergo Trivulzio, con gli inquirenti che stanno verificando centinaia di cartelle cliniche raccolte per un periodo che va da gennaio in avanti. La maxi indagine ha al centro la storica ‘Baggina‘, ma anche altre Rsa milanesi in cui, forse anche per una ‘commistione‘ tra pazienti e anziani, si è diffuso il contagio Covid. Da una prima analisi delle cartelle sarebbero emerse “criticità”, con molti pazienti ricoverati con polmoniti, sintomi da insufficienza respiratoria e cardiopatie, anche prima dei trasferimenti dagli ospedali post-epidemia (tra l’8 e il 13 marzo). Gli inquirenti hanno suddiviso in tre aree le verifiche sulle cartelle: quelle dei decessi, quelle dei nuovi ingressi di pazienti, quelle degli anziani più gravi curati nella struttura senza essere portati nei pronti soccorso, come prevedevano le indicazioni regionali. Anche sulle delibere della Regione, infatti, la Procura sta indagando.

La ‘centrale’ pazienti agiva a braccetto con la Regione – In tal senso, ha assunto un’importanza strategica ai fini dell’inchiesta la “Centrale Unica Regionale Dimissione Post Ospedaliera“, istituita sulla base della delibera regionale dell’8 marzo, quella che di fatto ha trasferito i pazienti Covid dagli ospedali nelle Rsa. La “costituzione e gestione” della centrale è stata affidata al Pio Albergo Trivulzio di Milano e operava “in coordinamento con l’Unità di Crisi regionale”. Due particolari che sono messi nero su bianco in un documento del 24 marzo scorso firmato dal dg del Trivulzio Giuseppe Calicchio, indagato nell’inchiesta dei pm milanesi che dovranno far luce proprio su quel trasferimento di pazienti che potrebbe aver alimento la diffusione del Coronavirus nelle case di riposo.

Nel documento della Direzione generale del Pat, con cui vengono nominate due figure, un direttore sanitario e un direttore operativo per gestire la “centrale”, si dà conto della nota inviata dalla Direzione generale Welfare della Regione al Trivulzio il 10 marzo, due giorni dopo la delibera regionale e con cui l’amministrazione ha affidato appunto la gestione della centrale di trasferimento dei pazienti al Pat. Nel provvedimento vengono elencati i compiti di questa nuova struttura: “Facilita i rapporti tra struttura dimettente e strutture accettanti, garantendo la pianificazione, la regia e il monitoraggio d’esito dell’intero percorso assistenziale che si colloca tra la dimissione ospedaliera e il rientro al domicilio“. E “opera in coordinamento con l’Unità di Crisi regionale” e si rapporta con “la centrale di coordinamento dei letti ospedalieri istituita presso l’Ospedale Sacco“. E il medico “con funzioni di Direttore Sanitario garantisce il coordinamento e il confronto con la Centrale di coordinamento dei letti ospedalieri” del Sacco.

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