Era già sera abbastanza inoltrata quando il vicepresidente del gruppo Verde al Parlamento Europeo (Pe), l’olandese Bas Eickhout, mi ha inviato un messaggio molto irritato informandomi del fatto che i voti contrari di Lega e Forza Italia, insieme a quelli dei conservatori spagnoli e alle astensioni dei liberali di Renew, avevano fatto cadere per soli 44 voti l’emendamento dei Verdi che introduceva nella risoluzione del Pe sulla risposta europea al Covid-19 la possibilità della mutualizzazione del debito pubblico che esploderà sicuramente in tutti i paesi della Ue.
“Un aiuto potente a Mark Rutte e al mio ministro delle Finanze” mi ha detto. E infatti i commenti in Olanda sono stati proprio questi: se manco il Pe vuole parlare di mutualizzazione del debito perché mai dovremmo farlo noi?
Il Parlamento europeo non ha un potere diretto sulle decisioni operative che non siano legate a leggi o al bilancio (cose ovviamente importanti, che infatti ha votato in questi due giorni in materia di agricoltura e fondi strutturali), ma in questa fase la sua voce in quanto espressione di una rappresentanza europea, in un mondo nel quale si ascoltano solo le voci dei singoli governi, ha un peso certo. Capire meglio le dinamiche del dibattito fra le forze politiche e i gruppi del Pe ci può aiutare anche a decifrare che cosa si stia davvero muovendo tra i vari attori in campo in attesa dell’appuntamento del 23 aprile.
Innanzitutto, non c’è da sorprendersi tanto dei voti negativi di Lega e Forza Italia rispetto al tema della mutualizzazione del debito e neppure del voto a favore di Fratelli d’Italia. Il primo si spiega con l’istinto ben noto a sparare a zero su qualsiasi strumento comune tranne poi lamentarsi dell’egoismo altrui e ribadire l’inutilità dell’Europa; su questo fanno i guastatori come tutti i sovranisti, dagli olandesi agli ungheresi.
Il secondo con il fatto che il testo poi approvato rappresenta il massimo di compromesso possibile con i falchi del Nord dentro il Ppe e qualsiasi ulteriore concessione avrebbe determinato la rottura del punto di caduta comune (il punto 17 della risoluzione): e cioè un programma massivo di ricostruzione e aiuto per sostenere l’economia europea, che vada oltre il Mes, la Bei e la Bce e che faccia parte integrante del bilancio comunitario; ovviamente il bilancio multi-annuale attualmente in discussione (oggi un mero 1% del Pil ci tutta la Ue) dovrebbe essere radicalmente aumentato e corredato appunto da obbligazioni europee, da garantire con il bilancio della Ue.
Viene anche precisato che il debito pregresso non può essere mutualizzato. L’emendamento dei Verdi poi respinto aveva come obiettivo di fare un passo in avanti e anche una operazione di verità. Considerato che il bilancio Ue è e probabilmente sarà troppo piccolo per potere garantire le enormi quantità di denaro necessario, bisogna che ci sia un impegno preciso a una mutualizzazione dei debiti contratti per il Covid-19 da garantire anche da parte degli Stati.
Ma così facendo ci si espone ai veti dei vari governi e quindi l’emendamento non è passato: il Ppe, di cui fa parte Forza Italia e che esprime posizioni rigoriste nella sua leadership, avrebbe votato contro la risoluzione rischiando di farla cadere. Da qui la spiegazione anche della astensione dei Liberali sull’emendamento dei Verdi.
C’è poi tutta la discussione sul Mes che è diventato in Italia un imbroglio quasi inestricabile e che ha portato i 5stelle all’assurdo di votare contro il “Recovery Fund” perché si parlava nello stesso paragrafo del Mes, che è diventata una parolaccia per loro più o meno come la parola “mutualizzazione” fa mettere mano alla pistola da parte dei conservatori del Nord Europa.
Al punto 23 della risoluzione, il Pe sostiene che il Mes deve essere attivato con la sua potenza di fuoco di 410 miliardi di euro per tutti i paesi che ne fanno richiesta per rispondere ai bisogni immediati rispetto al Covid-19, “con tempi di rimborso molto lunghi, prezzi competitivi e con condizioni che dipendono dal recupero delle economie”. I leghisti ci hanno visto delle condizionalità capestro. Io non capisco come fanno: in pratica sono le stesse identiche condizioni che hanno scandalosamente ottenuto loro per il rimborso dei 49 milioni di euro…
In ogni caso, il testo, adottato al netto della sua insufficiente chiarezza sul tema dei coronabond e della reale necessità che si presenterà molto presto di trovare una soluzione all’esiguo bilancio comunitario come garanzia dei debiti che tutti gli stati si troveranno a fare (cosa che spiega l’astensione sul voto finale dei Verdi), rende ancora più chiare quale saranno le partite al vertice del 23 aprile e dopo: i recovery bond e chi li deve garantire, il bilancio comunitario e il suo ammontare.
E’ sempre più chiaro (anche alla Germania) che deve essere radicalmente rivisto (almeno raddoppiato) per riuscire a dare un reale contributo comune a questo dramma comune: questa impellente necessità dovrà per forza aprire la strada a fonti di finanziamento della Ue che non dipendano dai contributi nazionali, ma da vere e proprie risorse proprie, magari che aiutino la transizione verde, dall’aggiustamento del prezzo del carbonio alla frontiera, alla web tax, alla plastic tax, etc.
Insomma, questo testo rappresenta una base di compromesso in cui ognuno può trovare in questo momento qualcosa. Insufficiente a rispondere al dramma che stiamo vivendo nel medio periodo, sicuramente. Punto di partenza e non di arrivo. Ma utile per iniziare ad avvicinare posizioni per ora lontanissime e anche a dimostrare che lavorando in un ambito istituzionale comune e pubblico gli accordi sono più facili e costruttivi che dietro le porte chiuse e i conciliaboli segreti delle battaglie navali fra i governi nazionali.