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Morto Sergio Fantoni, addio all’attore e doppiatore voce di Marlon Brando in Apocalypse Now

Un attore completo, totale, senza confini. Dal doppiaggio morbido e  perentorio, a tutto quel teatro classico che si fondeva nella tensione e nella qualità della ricerca (Luca Ronconi, Giorgio Strehler), fino al cinema di genere, hollywoodiano, anche b-movie senza vergogna

di Davide Turrini

Con quella faccia un po’ così, con l’espressione un po’ così che abbiamo noi che abbiamo fatto la storia della recitazione del ‘900. È morto anche Sergio Fantoni. Aveva 89 anni. Una colonna, una leggenda, un colosso. Un attore completo, totale, senza confini. Dal doppiaggio morbido e perentorio (fu la voce di Marlon Brando in Apocalypse Now), a tutto quel teatro classico che si fondeva nella tensione e nella qualità della ricerca (Luca Ronconi, Giorgio Strehler), fino al cinema di genere, hollywoodiano, anche b-movie senza vergogna.

Fantoni assieme, tra gli altri, a Giancarlo Sbragia, Luigi Vannucchi, Eros Pagni, Raoul Grassilli, Umberto Orsini, ha rappresentato quell’idea duttile e popolare del mestiere dell’attore che ha saputo condensare stile e sostanza coinvolgendo con naturalezza i diversi canali mediali dello spettacolo italiano tra anni cinquanta, sessanta e settanta. Rendendo la tv dell’epoca, che poi era la Rai, un palcoscenico alla pari di qualsiasi schermo cinematografico o palco teatrale. Fantoni era nato a Roma nell’agosto del 1930. Famiglia già impegnata nell’attività artistica, il bel ragazzo venne instradato agli studi di architettura e ingegneria per una professione più signorile, ma se il talento scorre nelle vene, prima o poi sbuca fuori e inonda la vita. L’esordio avviene con piccole parti nei film del primo dopoguerra (Matarazzo, Francisci), ma è il “giro” di Luchino Visconti a metterlo in risalto. Nel 1954, infatti, interpreta un ruolo secondario in Senso del maestro milanese. E da lì iniziano parti più delineate e importanti in film storici e peplum. Tanto che nel 1959, uno dei più grandi registi degli sceneggiati tv italiani, Anton Giulio Majano, lo vuole protagonista di Ottocento, uno dei primi grandi successi seriali della Rai, dove l’attore romano interpreta il poeta e patriota Costantino Nigra, anima nascosta della diplomazia del regno sabaudo per innescare la seconda guerra d’indipendenza contro l’Austria. Fantoni però non era uno che oggi diremmo “se la tira”. Recita in ruoli e in contesti differenti l’uno dall’altro. Si fa apprezzare dal pubblico, trasversalmente, senza spocchia. Così al cinema, all’epoca consumo ultrapopolare, lo rivogliono tutti. Nonostante la prestanza fisica prende qualche schiaffo da Tomas Milian ne I Delfini di Citto Maselli (1960) girato in uno splendido bianco e nero ad Ascoli Piceno. Nello stesso anno interpreta un bizzarro horror come Seddok, l’erede di Satana, ma anche Era notte a Roma di Rossellini e una commedia come L’impiegato di Puccini.

Fantoni ha una duttilità clamorosa e la stoffa autentica dei comprimari di lusso. Ancora tra il ’61 e il ’63 è nel cast di un ingiustamente bistrattato Tiro al piccione di Giuliano Montaldo, sempre nell’area storica della seconda guerra mondiale Dieci italiani per un tedesco (basato sui fatti delle fosse Ardeatine) e ancora primeggia in Caterina di Russia nientemeno che per la regia di Umberto Lenzi. Dal ’63 al ’66 arriva la chiamata di Hollywood dove Fantoni recita in thriller (Intrigo a Stoccolma), film storici (Il colonnello Von Ryan con Raffaella Carrà!) e per Blake Edwards. Poi ancora torna in Italia ed è nel cast dell’ultimo film di Julien Duvivier (assieme ad Alain Delon), Diabolicamente tua, come in Sacco e Vanzetti di Montaldo. Intanto l’attore romano apre, anzi spalanca ulteriormente le porte dei teatri dove aveva già esordito sul finire dei cinquanta. Con Luca Ronconi e Valentina Fortunato (sua moglie negli anni sessanta), Giancarlo e Mattia Sbragia, Vannucchi e Ivo Garrani fonda la prima cooperativa teatrale, Gli Associati. Ma è recitando per Strehler, Squarzina, Patroni Griffi i testi classici di Shakespeare, Pirandello, Feydau, ma soprattutto le nuove opere di Harold Pinter, Arthur Miller, Tom Stoppard, Eugene O’Neill, e pure un Ultimo nastro di Krapp di Beckett, che Fantoni si fa conoscere e fa conoscere il teatro ad un pubblico più attento e di massa.

Negli anni ottanta con l’avvento della tv commerciale per Fantoni, come per decine di colleghi che avevano fatto la storia della recitazione inizia il periodo dell’incubazione per pochi intimi ammiratori e fan. Ancora teatro, pochissimi ruoli da grande vecchio o cameo. Nel 1997 viene operato alla laringe e dice addio definitivamente alle scene dedicandosi a regia e produzioni di teatro. Intensa anche l’attività di doppiatore (oltre al celebre Brando/Kurts nel film di Coppola è anche, tra gli altri, Klaus Kinski in Aguirre di Herzog). Una perdita che lascia il segno. Un frammento nitido e magnifico di un mondo bello e popolare che se ne va.

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