Scienza

Coronavirus, anche i biohacker lavorano a un vaccino. E una rivista scientifica ha parlato di loro

Nel tempo che è stato pre-Covid19, il pensiero che vi fossero limiti naturali alle nostre prestazioni fisiche ed intellettuali si è fatto progressivamente più debole. Si è andata consolidando l’opinione che l’essere umano, le risorse fisiche e cognitive, i limiti, le finitezze, potessero essere forzate fino a diventare, in termini di prestazione e resa, più efficaci.

A tale scopo, già da qualche anno, una comunità di professionisti della Diy-Bio (Do It Yourself Biology) biologia fai-da-te, sta cercando di democratizzare la cultura scientifica con procedure e tecnologie accessibili a tutti. È un nuovo sistema che tramuta la scienza in hobby.

I più temerari? I biohacker: sperimentano nuove frontiere principalmente perché si oppongono al monopolio delle case farmaceutiche e la sperequazione economica dell’accesso alle cure.

Questi nuovi biologi fai-da-te hanno creato la versione hacker di uno strumento di laboratorio, il PCR, (Polymerase Chain Reaction, con cui si ottiene la reazione a catena della polimerasi, tecnica che automatizza il processo di manipolazione del DNA) creando Open PCR, commercializzando in forma di kit da montare un software libero al costo di soli 400 dollari.

Poi, per mezzo di una tecnica, la CRISPR e la proteina Cas9, si possono tagliare intere sequenze di dna in qualsiasi punto e aggiungere materiale genetico creando mutazioni genomiche. Ecco così create nuove razze di animali e piante e potenziate parti del proprio corpo.

Nel mondo Diy-Bio c’è di tutto; chi ha creato lievito brillante inserendo geni di meduse e chi ha cercato di incrementare i propri muscoli senza allenamento, come Josiah Zayner, che a ottobre 2017 si è iniettato in diretta Facebook il proprio dna modificato per aumentare la massa muscolare. Nel suo caso, i muscoli non si sono potenziati e a lui non è accaduto niente di irreparabile. Ma dopo l’esperimento si pente: “potevo farmi male” ha dichiarato poi.

Per Aaron Traywick, altro biohacker, è andata diversamente; ad aprile 2018 si inocula un suo vaccino contro l’herpes ma muore alcuni giorni dopo. Anche se l’autopsia non ha mai chiarito se ci fosse relazione tra la sua morte e il vaccino, resta tuttavia il dubbio.

Se fino ad ora Crispr aveva appassionato la comunità scientifica per le sue applicazioni nel campo delle malattie genetiche e del cancro, il Covid19 pone l’attenzione sul suo impiego nel campo delle malattie infettive. In tale direzione sta lavorando un collettivo di biohacker; la prestigiosa rivista statunitense Reason ha diffuso un loro documento che illustra un piano per creare, testare e distribuire un vaccino per combattere il Covid19.

I metodi standard per creare un vaccino consistono nel combinare un campione di un virus con una variante meno infettiva, oppure inattivare il virus con calore o sostanze chimiche e consentirgli di propagare l’immunità in tutto il corpo.

Nell’intervista pubblicata da Reason invece, il biologo a capo del progetto di biohacking ha spiegato, rigorosamente in forma anonima per timore di una sanzione da parte della statunitense Fda, Food and Drug Administration, che la sua squadra sta lavorando a un vaccino usando il dna sintetico costruito in laboratorio, che potrebbe far risparmiare tempo e denaro, anche se questo tentativo potrebbe richiedere un dispositivo speciale per erogare un impulso elettrico che aiuti il vaccino a penetrare nelle membrane cellulari.

Sul mercato non esistono vaccini creati in questo modo, ma la società farmaceutica Inovio sta perseguendo lo stesso approccio. Ad ogni modo, i vaccini, come tutti i nuovi farmaci immessi sul mercato, devono avere un’autorizzazione da un sistema normativo: per l’Europa dall’Ema, European Medicines Agency.

E se da una parte, avere un sistema aperto e democratico di informazione scientifica è essenziale per il progresso scientifico e tecnologico, dall’altra la open science e il mondo dei biohacker si scontrano con problematiche che hanno implicazioni ancora più etiche, ecologiche e legali che non la scienza ufficialmente riconosciuta.

Per ora c’è che lo scorso 29 luglio è passata la prima legge americana che vieta la vendita di kit Crispr per la modificazione di genoma umano, mentre è permessa la vendita di quelli per gli animali.

In Italia, in campo bioetico, l’articolo 13 della legge 40 vieta “ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete (…).”

In conclusione, in questi anni la cultura open science e l’etica hacker hanno aggiunto democrazia al mondo della politica scientifica. Occorre tuttavia una legge internazionale che indichi come reato qualsiasi di queste pratiche fatte senza permessi.

Sarebbe poi utile che il movimento sviluppasse un codice etico comune a tutti i gruppi, perché non è un’idea singolare che esercitare il biohacking metta in pericolo la vita e la salute di chi lo pratica. Voi dormireste tranquilli sapendo che il vostro vicino di casa gioca a fare esperimenti con materiale genetico, virus e batteri?